In compagnia dei lupi è un film horror del 1984 diretto da Neil Jordan. Nel cinema horror i capolavori sui licantropi si contano sul palmo di una mano. I capisaldi sono due: L’ululato di Joe Dante e Un lupo mannaro americano a Londra di Landis. Tuttavia qui si parlerà di un film molto particolare che merita un posto nel podio. Questa perla è ingiustamente poco conosciuta e richiede una riscoperta. Non è un racconto convenzionale. In compagnia dei lupi è una rivisitazione fortemente simbolica della fiaba di cappuccetto rosso. Tratta la licantropia in maniera diversa dal solito. Articola la narrazione attraverso uno sviluppo che si configura con una struttura meta narrativa. È un film su un sogno che contiene al suo interno dei racconti. Tutto arricchito da una scenografia visibilmente fittizia ma fortemente suggestiva, effetti speciali di alto livello e un atmosfera onirica deliziosa.
In compagnia dei lupi: Sogni, simboli e lupi
In compagnia dei lupi non è un classico racconto di lupi mannari. È a tutti gli effetti un sogno. E questo è messo in chiaro fin dai primi istanti, e viene ricordato durante lo sviluppo. Viene mostrato più volte il bel viso dormiente della protagonista, che si agita nel suo letto. La dichiarata natura onirica della pellicola permette di sostenere uno sviluppo libero da convenzioni. Non c’è linearità nelle vicende. Simboli sono sparpagliati ovunque. La licantropia diventa qui una metafora. Incarna le paure relative alla crescita. Il lupo cattivo diviene l’impulso sessuale e il desiderio carnale. Cappuccetto rosso è la ragazzina pudica che fa i conti con il proprio diventare donna. In compagnia dei lupi è un film con più livelli di lettura simbolica. Tuttavia non diventa mai eccessivamente cervellotico. Anzi la visione risulta più gustosa ogni fotogramma che passa. Il film è un piacere per gli occhi. È un prodotto raffinato, reso incantevole da un atmosfera ipnotica e mesmerizzante.
Un atmosfera da brividi
Uno dei punti di forza di In compagnia dei lupi è la scenografia. Riprende la tradizione dell’horror gotico degli anni sessanta e settanta di casa Hammer. I film della Hammer erano pellicole che riuscivano ad evocare atmosfere da brividi con pochissimi mezzi. Erano horror fortemente suggestivi, dove le scenografie e la fotografia erano i punti forti. In compagnia dei lupi si rifà a questa tradizione, proponendo degli scenari di grande impatto. L’ambientazione è visibilmente fittizia. Non si ha l’obbiettivo della verosomiglianza. La foresta è chiaramente costruita in uno studio. Le riprese non sono mai ampie. Ma non è una cosa negativa. In compagnia dei lupi è a tutti gli effetti un sogno, dai toni fiabeschi e quindi le scenografie sono perfette. Qualche alberello, un po’ di nebbia e dei buoni giochi di luce bastano per creare una atmosfera ammaliante.
In compagnia dei lupi: gli effetti speciali
Anche sul piano degli effetti speciali con In compagnia dei lupi siamo davanti ad un prodotto di alto livello. Qui troviamo una delle migliori trasformazioni in licantropo, insieme ai già citati film di Dante e Landis. Nonostante gli anni passati, quella scena fa ancora il suo bell’effetto. Si vede che siamo davanti ad un pupazzo, in piena tradizione del cinema horror anni ottanta. Ma non è un problema. Il risultato è disgustoso ( nel senso buono). É una trasformazione brutale e sanguinosa. Ed è migliore di molti altri titoli recenti in cui si usa la CGI. La pelle strappata, il viso che si allunga, il sangue che cola. Da applausi.
Conclusioni
In compagnia dei lupi è un film metanarrativo. É un film su un sogno. Il sogno racconta una fiaba e nella fiaba vengono raccontate tre altre fiabe. Tutti racconti incentrati sulla figura ambigua e a doppia faccia del lupo. Il lupo mannaro è una metafora dei nostri impulsi sessuali. Questo è un film a scatola cinese, fortemente suggestivo. Una metafora del passaggio dall’infanzia all’età adulta. È la fiaba come dovrebbe essere. La natura fittizia dell’intera pellicola è giustificata dalla natura onirica del film stesso. Quindi nulla stona. L’atmosfera fuori dal tempo è resa benissimo con pochi mezzi. Di più non si poteva chiedere. È un gioiello che non va dimenticato. E se quanto detto non vi basta, la presenza di Angela Landsbury dovrebbe essere la ciliegina sulla torta. È una nonnina perfetta. E lo era già quarant’anni fa.