Mank: il sofisticato ritratto della crisi di Hollywood

Recensione del nuovo film di David Fincher con protagonista Gary Oldman sulle origini della sceneggiatura di Quarto Potere

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Il lavoro fatto da David Fincher con Mank, può essere facilmente paragonato al processo creativo messo in piedi da Quentin Tarantino per C’era una volta a…Hollywood. Così come Tarantino, il regista degli acclamati Zodiac e The Social Network, sembra aver raggiunto la definitiva maturità. Un’ opera che è un costante richiamo a quella dimensione metacinematografica che molti registi ormai da decenni cercano di rincorrere. L’approdo di Fincher allo streaming è la rappresentazione, non solo della crisi del cinema in sala, ma della voglia di libertà dei grandi registi. Netflix ormai da anni, sta portando avanti un metodo di lavoro che da la possibilità ai registi di mettere in campo tutto il loro fervore creativo. Una libertà che può tradursi sia in grandi prodotti che in film con eccessive aspettative. Fincher è riuscito a raggiungere un equilibrio perfetto mostrandoci quello che, probabilmente, è uno dei suoi migliori lungometraggi.

Mank: trama

Mank è un film che, chi non ha alle spalle una coscienza politica, ma soprattutto una basilare conoscenza della storia del cinema, non potrebbe capire. Ripercorre in modo intelligente e sofisticato la nascita della sceneggiatura originale di Quarto Potere scritta dallo sceneggiatore e giornalista Herman J. Mankiewicz. Nel film, oltre ad essere fotografato un personaggio dalla profonda caratura drammatica, ma allo stesso tempo incredibilmente ironico e schietto, ci vengono tracciati i profili di tutti quei personaggi che saranno ispirazione per la nascita di Quarto Potere.

Apprezzato per le sue grandi capacità di sceneggiatore, ma tenuto a distanza dalle major per la sua eccessiva schiettezza, Mank, in un periodo molto complicato della sua vita, viene contattato da un giovane Orson Welles, all’epoca enfant prodige di Hollywood. Il film, in poche battute (soprattutto nel finale), riesce a sviscerare in maniera eccellente il particolare rapporto tra i due e la complicata origine di uno dei più grandi capolavori della storia del cinema.

Lily Collins e Gary Oldman in una scena di Mank di David Fincher
Lily Collins e Gary Oldman in una scena di Mank

Mank: l’ importanza del lavoro di regia

Opera, sicuramente più elaborata e drammaturgicamente più elegante di Fincher, vanta una qualità visiva di altissimo livello. Un costante omaggio al cinema degli anni 30/40, non solo tramite il formato in bianco e nero, ma anche attraverso l’audio. Un racconto del cinema delle grandi major durante la Depressione che mostra quanto il fervore creativo dell’epoca fosse legato ad un mero guadagno. Il lavoro fatto da Fincher è una ricostruzione tecnica e storica che si nota in ogni inquadratura del film. Il richiamo a Quarto Potere è in ogni cosa, dalle inquadrature, passando per l’ utilizzo della narrazione asincrona, fino alla creazione di due linee narrative parallele che si intrecciano durante tutta la durata della pellicola.

Geniale anche l’ utilizzo della macchina da scrivere per mostrare i cambi temporali e i mutamenti di ambientazione, proprio come se il film fosse una sceneggiatura in divenire. Le escoriazioni della pellicola, le bruciature di sigaretta, fanno in modo che Mank ricordi perennemente un classico restaurato degli anni 40. A questa caratteristica si aggiunge un’aria vintage in grado di renderlo incredibilmente attuale anche agli occhi di un pubblico non cinefilo.

Un film che parla di sceneggiatura

Quello che David Fincher fa per tutta la durata della pellicola è dare un riconoscimento alla figura dello sceneggiatore ma soprattutto al valore della scrittura cinematografica. Mank non è un biopic, ma è un film che parla, racconta e spiega una sceneggiatura. Un richiamo metacinematografico che il regista condisce con le sue innate capacità registiche. Un racconto che analizza Hollywood, la crisi conseguente il passaggio dal muto al sonoro e una situazione politica frammentaria e complicata. Scopriamo le origini e la nascita dei personaggi che iniziano a prendere forma nel lato oscuro di Hollywood. Mank, non è solo un mero esercizio di stile, ma un omaggio funzionale al racconto che il regista vuole portare su schermo.

La sceneggiatura, scritta un trentennio fa dal padre di Fincher, è molto articolata e riesce a consegnare un ritratto ben tratteggiato dell’epoca anche dal punto di vista politico. Mank ha un ritmo eccezionalmente veloce e serrato. Quasi due ore e venti di grande cinema e di grandi interpretazioni in grado di tratteggiare perfettamente l’America della Depressione. I dialoghi brillanti passano dalla riflessione sul vizio umano fino ad arrivare al comunismo e al socialismo, rendono la narrazione molto serrata e veloce, ma soprattutto in grado di analizzare perfettamente l’ importanza della parola.

Mank: un carnet di altissimo livello

Gary Oldman è magistrale in uno dei ruoli più complessi della sua carriera. Un personaggio incredibilmente drammatico, ma in grado di giocare molto sulle parole e sulla finezza e ironia delle sue affermazioni. Gioca con la macchina da presa, mettendo in scena uno dei migliori personaggi di Fincher e diventando mattatore indiscusso dell’ intera pellicola. Un uomo eccentrico, esuberante che tra un bicchiere di Whiskey e una sigaretta si perde in discorsi fiume in grado di riassumere perfettamente la poetica dell’ intera pellicola. Impressionante il lavoro fatto da Tom Burke per l’ interpretazione di Orson Welles sia dal punto di vista fisico che vocale. L’attore coglie la precisa essenza del celebre attore e regista, riuscendo a impersonarlo in maniera perfetta.

Amanda Seyfried e Gary Oldman in una scena di Mank di David Fincher
Amanda Seyfried e Gary Oldman in una scena di Mank

Bravissima anche Amanda Seyfried nel ruolo Marion Davies, moglie del magnate William R. Hearst, interpretato da un eccezionale Charles Dance. L’attrice è stata in grado di mostrare una recitazione totalmente diversa da quella a cui ci ha solitamente abituato. Esuberante, sempre sopra le righe, per un personaggio molto caratteristico. Mank può essere definito anche come la consacrazione definitiva della bravissima Lily Collins, nei panni di Rita Alexander, collaboratrice del protagonista durante la stesura delle bozze.

Il regalo creativo di David Fincher

Mank è in grado di raggiungere picchi di bellezza cinematografica a cui pochi film negli ultimi anni sono stati in grado di arrivare. L’eleganza dei dialoghi si fonde con la presenza di un carnet di interpreti di prim’ordine per un film sofisticato e di altissimo livello. Mank è un regalo. Un regalo che solo un regista come David Fincher poteva essere in grado di farci.

Dove vedere Mank?

Mank è disponibile su Netflix dal 4 Dicembre.

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