Amy Macdonald – Recensione Album “The Human Demands”

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Il quinto album dell’artista Amy Macdonald, “The Human Demands“, parla d’amore, desiderio, ma anche di solitudine e della scoperta di sé. L’artista scozzese racconta le sue esperienze in quello che ad oggi è il suo album più personale.

Amy Macdonald è entrata nella scena musicale nel lontano 2007, quando debuttò con la hit “This Is the Life”. Nonostante sia sempre stata considerata una delle artiste più amate non sempre i suoi lavori discografici hanno rispettato le aspettative sopratutto nel Regno Unito.

Ora Amy Macdonald è tornata con un nuovo album, “The Human Demands” dove all’interno ci sono ottimi brani che hanno quel tocco personale grazie ai suoi testi diretti ed onesti, che raccontano storie d’amore, di desiderio ma anche di solitudine e della scoperta di sé, insomma brani dove tutti quanti noi possiamo identificarci.

L’album si apre con, “Fire” una delle canzoni più vivaci. Nonostante la natura ottimista di questa canzone, il sottofondo di vulnerabilità di Amy Macdonald è subito evidente. In “The Human Demands” non mancano le collaborazioni infatti l’album vede la produzione di Jim Abbiss.

“Statue” è una canzone che fin dalle prime note si rende ascoltabile ed è uno di quei brani che ti entra subito in testa anche se il suo testo è molto “pesante” e nostalgico: ” Now the cherry blossom’s fallin’ and the nights are drawing in” (Ora i fiori di ciliegio stanno cadendo e le notti stanno arrivando). Allo stesso modo, “Young Fire Old Flame” è la traccia più nuda dell’interno album: “As I button up my winter coat, there is a chill in the air” (Mentre mi abbottono il cappotto invernale, l’aria è gelata).

“Crazy Shade of Blue”, parla di un nuovo amore, quasi come se fosse un pò tormentato, mentre “The Hudson” è un chiaro omaggio che l’artista ha voluto dare ai suoi genitori, dedicandogli una canzone sulla loro visita a New York negli anni ’70.

La canzone che dà il titolo all’album è forte, fondendo i sentimenti pesanti di isolamento e confusione con un senso di eventuale conforto. La canzone più rock ‘We Could Be So Much More’ è anche la canzone che svela in maggior modo la fragilità dell’artista.

“The Human Demands” si chiude con “Something in Nothing”, una canzone misteriosa della ricerca del proprio io, e come spesso accade le canzoni che chiudono i dischi sono sempre le migliori in quanto esce la vera essenza di cantautrice di Amy Macdonald.

C’è un filo conduttore all’interno di “The Human Demands” di Amy Macdonald, che attraversa molte delle sue canzoni: le affermazioni di non essere stata completamente abbracciata o compresa, specialmente da coloro che le sono più vicini.

Amy Macdonald ha confezionato un buon album dove all’interno c’è della buona musica e con “The Human Demands” l’artista è tornata alla grande. Voto 4/5.

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