“More Heroes” – Riflettori sul Punk: Stiff Little Fingers

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Gli Stiff Little Fingers

“More Heroes” è una rubrica dedicata alla scoperta dei più grandi nomi che hanno fatto la storia del punk, molti dei quali non conosciuti adeguatamente come meriterebbero. Oggi i riflettori sono puntati sugli Stiff Little Fingers.

“Dai Deep Purple ai Vibrators”

Nati a Belfast nel 1977, gli Stiff Little Fingers rappresentano un nome fondamentale nella storia della prima ondata punk. Esordiscono come cover band con la sigla Highway Star (dal nome del pezzo omonimo dei Deep Purple) ma ben presto sulla loro strada incrociano il punk che sta divampando in tutta Europa. Dopo qualche cambio d’organico nascono ufficialmente con la sigla definitiva, un omaggio ad un brano dei Vibrators. La formazione comprende Jake Burns (chitarra e voce), Henry Cluney (chitarra), Ali McMordie (basso) e Brian Faloon (batteria).

Esordi e “Inflammable Material” (1979)

Fin dagli esordi la band è appoggiata dalla figura del giornalista Gordon Ogilvie che ne diventa il loro manager. Viene pubblicato in maniera indipendente il singolo “Suspect Device” nel 1978 che subito viene spedito al famoso dj della BBC John Peel, il quale inizia a trasmetterlo frequentemente. Ciò attira l’interesse dell’etichetta Rough Trade che decide di ripubblicarlo in Inghilterra, così come il successivo dal titolo “Alternative Ulster”, canzone diventata un inno del punk degli anni ’70.

Fin da queste prime prove emerge la forte vena politica degli Stiff Little Fingers e la loro intenzione di parlare della vita di Belfast e della difficile situazione del Conflitto Nordirlandese (esattamente l’opposto dei connazionali Undertones), unendo ciò ad una musica grintosa, e in futuro ricercata, che richiama molto il modello dei Clash.

Copertina di “Inflammable Material”.

Dopo un tour di molte date di supporto alla Tom Robinson Band, nel febbraio del 1979, primo LP prodotto dalla Rough Trade, esce “Inflammable Material”, il quale riesce a vendere più di 100.000 copie. Si tratta di una delle pietre miliari del punk degli anni’70 e del primo album indipendente riuscito ad entrare in classifica nel Regno Unito.

Subito dopo l’uscita dell’LP la band si trasferisce a Londra e Faloon lascia il posto dietro la batteria a Jim Reilly.

Primo scioglimento

Con questa formazione gli Stiff Little Fingers pubblicano altri tre lavori: nel 1980 “Nobody’s Hero” (primo disco pubblicato dalla major Chrysalis), considerato da molti il vero capolavoro della band e il live ufficiale “Hanx!, nel 1981 “Go For It”. Album che vedono un parziale distacco dalle sonorità punk nude e crude a favore di una contaminazione con più generi tra cui il reggae (e già il primo LP conteneva la cover di “Johnny Was” di Bob Marley) e il pop. Quest’ultimo sarà l’elemento caratterizzante del quarto disco in studio dal titolo “Now Then…” (1982) inciso con il nuovo batterista Dolphin Taylor. Ma a seguito del poco successo, la band decide di sciogliersi.

Dopo il 1987

Il logo della band

Nel 1987 gli Stiff Little Fingers si riuniscono per una serie di concerti che, oltre le loro previsioni, riscuotono un grande successo dando così inizio alla seconda vita della band che decide di riformarsi in pianta stabile. “Flags And Emblems” del 1991 è il primo risultato di tale riunione a distanza di nove anni dall’ultima prova in studio. Prima dell’inizio delle sessioni però McMordie abbandona e viene sostituito da Bruce Foxton, ex bassista dei Jam.

Nel corso degli anni la formazione subisce di nuovo qualche modifica: dal 1993 Ian McCallum è il nuovo chitarrista al posto di Cluney e Steve Grantley ha preso il posto di Taylor nel 1996.

A tutt’oggi la band è ancora in piena attività e riscuote molti consensi ovunque. Hanno pubblicato altri cinque album in studio l’ultimo dei quali, “No Going Back” (2014), è stato inciso con di nuovo in organico McMordie, rientrato definitivamente nella band dal 2006.

Curiosità:

“Beirut Moon”, singolo d’apertura di “Flags And Emblems”, fu ritirato dalla vendita il primo giorno della sua pubblicazione. La canzone è una critica al governo inglese per non essere intervenuto nella liberazione del giornalista John McCarthy, prigioniero dei terroristi in Libano dal 1986 al 1991.

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