Lion Babe Rainbow Child | La Recensione

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Lion Babe, copertina di Rainbow Child

Se volete conoscere il duo R&B dei Lion Babe (consigliabile su tutti i fronti) non passate per Rainbow Child, il loro ultimo album. Non sembra neanche lavoro di passione.

Lion Babe: il problema di Rainbow Child?

Poveri Lion Babe. Ci hanno provato, e anche un sacco di volte, senza mai riuscirci davvero. E si può sicuramente immaginare che dopo due album pazzeschi e sottovalutati come Begin e Cosmic Wind, Jillian Hervey e Lucas Goodman avessero voglia di prendersi una pausa e rilasciare qualcosa di veloce. Un album che entra nei binari del R&B moderno, senza eccessi creativi e nessuno dei “pugni” lirici di cui finora erano stati capaci. Così è andata ai Lion Babe con Rainbow Child, un album che si limita ad esistere e che manca della magia dei predecessori. 

Senza voglia

Alcuni degli elementi chiave che hanno reso speciali i Lion Babe persistono anche in Rainbow Child. In primis la sagace scelta dei featuring, che riescono a valorizzare anche figure poco apprezzate come Trinidad James. Ciascuno sta al suo posto, lavora in maniera elegante e contenuta valorizzando il proprio spazio, ma ancora una volta si rimane sui binari della pura funzionalità. L’unica traccia che emerge dal baratro della pura semplicità è quella dedicata a Frida Kahlo, più uptempo e più miscellanea rispetto al resto. L’unica traccia che fa emergere vagamente i fasti del passato, ma che da sola non ce la fa. 

Il dispiacere finale

Dai Lion Babe ci si aspetta sempre tanto, ma è difficile arrabbiarsi per Rainbow Child e per la mancanza di “scintille” al suo interno. Più un B-Side, un mixtape realizzato in fretta, senza nulla di particolare, più per passare il tempo che per dire davvero qualcosa. E ancora una volta passerà in sordina, anche senza il dispiacere delle volte prima. Non ci arrabbieremo, sarà per un’altra volta. 

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