Icon For Hire Amorphous | La Recensione

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Gli Icon for Hire tornano con Amorphous

Un nuovo ritorno per gli Icon For Hire: Amorphous li mostra a tutta carica, con una Ariel Bloomer in perfetta forma. Tra commento sociale e tocchi di elettronica e hip-hop, il sottovalutato gruppo presenta un altro ottimo lavoro

Icon For Hire: come si presenta Amorphous?

Periodo di grandi ritorni, nell’ambiente rock al femminile. La settimana scorsa, il mondo del symphonic metal ha festeggiato il ritorno dei Sirenia, uno dei suoi gruppi più rappresentativi. Quella prima ancora, la “cattiva ragazza” Taylor Momsen ha rilanciato i suoi The Pretty Reckless per una celebrazione al rock and roll e alle relazioni umane. Un’altra colonna portante del symphonic, gli Epica, ha annunciato il suo ritorno per la settimana prossima. Lo stesso giorno faranno ritorno le Deap Vally, rocker californiane meno statuarie, ma dal ruggito non meno poderoso. Ma il ritorno più recente è quello degli Icon For Hire e del loro ultimo album Amorphous, il cui genere si trova a metà tra tutti i gruppi già citati. 

Il gruppo di Decatur, comandato dall’instancabile Ariel Bloomer e dai suoi feroci vocalizi, restituisce alla scena electronic rock tutti i sapori e i colori a cui li ha abituati. La stessa regalità di Epica e Sirenia, la stessa energia ribelle delle Deap Vally, e uno spirito punk e sempre giovanile a tenere tutto insieme. Sono forse, tra tutti i gruppi sovracitati, quello che si prende meno sul serio, e fanno di quell’atteggiamento alla mano il loro punto di forza. Questo a cominciare dai capelli fucsia della signora Bloomer. Gli Icon For Hire mantengono vivo nella loro musica un poptimismo inarrestabile, che colora Amorphous e i loro altri lavori di un’energia istantanea e inconfondibile. 

Poptimismo e anche un po’ rock

Giunti al quarto album in studio – e ci sono gruppi che si spengono a quello prima – Ariel Bloomer e Shawn Jump, ora rimasti in due, non hanno davvero più paura di nulla. Nemmeno delle autocitazioni: Last One Standing riprende nel titolo una delle loro tracce più famose, l’inno femminista Now You Know. Allora non c’erano peli sulla lingua e gli Icon For Hire indirizzavano il sessismo faccia a faccia: Amorphous continua in tale direzione. La nuova Last One Standing è un inno agli emarginati e agli “strani” della società, e funziona ugualmente, se non meglio. Con le giuste contaminazioni pop, rap ed elettronica – corrette, e mai enfatizzate – il disco scorre come olio. Un ritorno eccellente per gli Icon for Hire: Amorphous è un lavoro da assaggiare per i fan del rock e quelli al di fuori. 

Qui per seguire gli Icon For Hire sui social

Vi piace il rock? Scoprite qui la nostra recensione dell’ultimo album dei The Pretty Reckless

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