Solo un gruppo di persone saprebbe riunirsi in modo così veloce e capillare contro la propaganda razzista da metterla a tacere almeno in parte. E quel gruppo sono i fan del k-pop, la cui fama negativa è ingiustificata.
Che tipi sono i fan del k-pop?
“i only fear bts stans no one else”, recita il tweet virale di @jovanmhill. E il sentimento collettivo di timore e diffidenza verso i fan dei cantanti k-pop è diffuso ben oltre la viralità. Che si tratti di Army, Blink, Forever o qualunque altra sottocategoria, persino i fan casuali, lo stereotipo del fan del k-pop non è lusinghiero. Si parla di attacchi di gruppo tra una categoria all’altra, all’interno dei fandom stessi per questo o quel membro. Spesso anche discriminazione verso i cantanti occidentali e i loro fan. I siti di fanfiction sono pieni di lavori amatoriali scritti da fan del k-pop. Come ai tempi per Justin Bieber e i One Direction si tende ad esplorare su di loro fantasie erotiche particolari o far vestire loro dei panni di criminali pericolosi e spesso violenti.
I fan più estremi, non solo del k-pop sono denominati “stan”. Il termine deriva dall’omonima canzone di Eminem, famosa soprattuto per lo scioccante video musicale e il ritornello di Dido. Stan è di un fan sfegatato di Slim Shady che gli scrive continuamente. Il ragazzo giunge a suicidarsi in macchina assieme alla fidanzata quando la frustrazione supera il limite. Per fortuna non si sono ancora registrati casi di cronaca di questo livello, ma la Corea del Sud è colma di esempi simili. Si tratta delle sasaeng, il fenomeno di fan del k-pop estreme che piagano la Corea. Ragazze spesso minorenni che dedicano le loro vite ai loro idoli tra stalking, infiltrazioni casalinghe, telefonate moleste ad ogni ora del giorni. E per racimolare i soldi per questa condotta si abbandonano alla prostituzione e al furto.
Oltre a quella realtà c’è però un altro mondo tra i fan del k-pop, un mondo di cui si tende a parlare di meno, ma che ha lasciato un’impronta altrettanto forte nell’attualità.
Le proteste per il sociale
“La pandemia”, scrive Esquire Magazine, “ha presentato all’atto di protesta politica nuovi problemi e rischi logistici”. Tutto ebbe inizio con l’omicidio di George Floyd ad opera di quattro agenti di polizia, verificatosi il 25 maggio 2020 e tutt’oggi privo di sbocchi a livello burocratico. Il delitto ha scatenato in tutta l’America e fuori delle manifestazioni, usualmente pacifiche, guidate dal movimento Black Lives Matter. Si trovarono contro un ramo di estremisti di estrema destra, che iniziò a dar loro contro sui social media con l’hashtag #WhiteLivesMatter.
Ma i loro tentativi di proselitismo non sono andati a buon fine. Migliaia di fan del k-pop si sono appropriati dell’hashtag per pubblicare invece immagini e video dei loro gruppi preferiti. Sovente tali post erano accompagnati da messaggi antirazzisti. Contaminando così un hashtag razzista con le immagini di un gruppo non bianco, non americano, e non aderente ai canoni occidentali della mascolinità tossica. Aspetti per cui spesso sono derisi dal pubblico conservatore, sebbene molti di loro siano praticanti di arti marziali a livello professionistico..
Persino la politica Alexandria Ocasio-Cortez rivolge parole di lode agli “stan”. In un’altra occasione, però, una conferenza di Donald Trump a Tulsa, in Oklahoma, per la sua seconda campagna presidenziale. I fan del k-pop si organizzano con l’app Tiktok, ottima per mandare messaggi di massa velocemente e in maniera capillare. Il che sorprende doppiamente quando si pensa che raramente i gli artisti k-pop in questione si esprimono in pubblico sulle questioni politiche.
I fan del k-pop sono quindi guidati dai comandi e dalle azioni dei loro idoli, ma da un intento collettivo di agire per una causa buona. Si fanno avanti anche per cause estranee al razzismo. Dirottarono ad esempio gli hashtag e i contenuti legati a delle foto intime di Chris Evans. Raffiguravano il suo membro ed erano state pubblicate senza il suo consenso. E le loro azioni continuano anche durante la pandemia: non si può dire quanto dureranno, ma la loro presenza è in realtà ben gradita.
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