Hyperpop, il futuro della musica pop?

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L'estetica hyperpop presentata da Ashnikko

Il sound acceso ed elettronico, voci stridule di autotune, popstar che sembrano dive classiche in un mondo virtuale. Ecco l’hyperpop, che trainato dal mondo indie si sta lentamente stabilendo nel mainstream.

Da dove viene l’hyperpop?

Come ha fatto una figura come Charli XCX, considerata superata dopo il 2014 e senza una hit che sia una da anni, a tornare in auge? In che modo riesce un’artista come Poppy a passare da un’immagine da Barbie bionda a una signora del metal senza che suoni abrasivo? Sono loro e molti altri ancora i protagonisti della corrente di musica del momento, che veste la sua identità pop sulla manica come un marchio di onore. Al punto da andare oltre il pop, portandolo all’ennesima potenza e a un livello “iper”. Con sonorità energiche, ma non adatte ai locali, colori accesi e un’estetica uscita direttamente da un computer anni novanta, l’hyperpop è il fenomeno underground (ma neanche poi tanto) che ha definito il 2020. 

I semi dell’hyperpop erano piantati da anni, pronti a sbocciare nel clima giusto. Le progenitrici del genere sono facilmente riconoscibili: tra tutte spiccano Santigold, M.I.A. e Uffie, il cui forte sound elettronico e le influenze digitali contaminano buona parte del mondo hyperpop. Nel 2014 debuttano i Kero Kero Bonito, forse il gruppo che più di tutti incarna l’estetica rosea e plastica del genere. Per non parlare di Trouble di Natalia Kills, forse il primo album a portare i cliché del pop agli estremi naturali. Anche lavori considerati all’epoca di cattivo gusto sono riesumati e riscoperti, come Something Bout’ Kreay di Kreayshawn o My Teenage Dream Ended della ex Teen Mom Farrah Abraham. E sì, anche Friday di Rebecca Black: qualcuno è forse sorpreso che la ora ventitreenne sia comparsa in My Agenda di Dorian Electra? 

AG Cook e PC Music

Ma il vero padrino dell’hyperpop è il dj AG Cook, fondatore del collettivo PC Music. Il produttore ha all’attivo una discografia ridotta ma molto influente per artisti come Caroline Polachek, Hannah Diamond, persino David Guetta, e ama giocare con i cliché del pop. Creare musica il più plastica, dettagliata e accesa possibile, quello è il suo obbiettivo. Unisce l’influenza dei grandi produttori anni novanta e duemila, come Max Martin, a quella della musica giapponese e coreana, creando un sound inconfondibile. Luminoso, acceso, elettronico, al cento per cento pop. Ha con sé persino un’artista virtuale, QT (acronimo di Quinn Thomas), immagine promozionale della bevanda energetica DrinkQT. Doppiata dalla vocalist Hayden Frances Dunham, la ragazza è “energetica e frizzante” proprio come il prodotto che vende, poi divenuto realtà grazie a una collaborazione tra PC Music e la Red Bull Music Academy. 

E qui torniamo a Charli XCX, di cui A.G. Cook è il fido compagno di avventure. Dopo la salita al mainstream con I Love It delle Icona Pop e le sue Boom Clap e Break The Rules, la star inglese non ha inseguito una fama facile. Su Twitter chiede cosa sia l’hyperpop: eppure dovrebbe saperlo, lei che l’ha popolarizzato. È nel suo penultimo album Charli (un altro lavoro del 2019, che sorpresa). È nei mixtape Number 1 Angel e Pop 2, nell’EP Vroom Vroom. Nel suo sound sintetico ed elettronico, grazioso fin quasi allo stucchevole, immerso in una smaccata femminilità. Ma l’hyperpop non è un genere frivolo, seppur di frivolezza si rivesta. Può toccare tematiche come malattia mentale e depressione, nonché femminismo, politica e questioni sociali.

Questione di immagine

Una cantante hyperpop si riconosce solo a vederla. È come se i video particolarmente digitalizzati degli anni duemila, da quelli delle boy band all’immortale Butterfly delle Smile.dk, fossero stati compressi in delle opere d’arte bidimensionale. Ma si tratta solo di vestiti, di costumi: musicalmente gli artisti hyperpop sono molto diversi tra di loro. Hannah Diamond ha un’estetica tenera e adorabile, che si esprime in sentimenti d’amore innocente e musica accesa e spensierata. Kim Petras preferisce un’immagine di horror pacchiano, giocando su tropi di morte (anche vivente) e mostri per creare musica da discoteca travolgente. Rina Sawayama sembra uscita dagli anni duemila (spesso ridotta, in maniera minimizzante, a una “Britney Spears asiatica) e crea tracce che vanno dalla folktronica dal rock, passando per il chamber pop. Non manca inoltre l’ispirazione hip-hop, trainata da Rico Nasty e SHYGIRL. E ancora le nuove arrivate, ancora poco diffuse: artiste come GFOTY (acronimo di Girlfirend Of The Year), Slayyter e Bree Runway hanno già una valida disografia, mentre Alice Longyu Gao e Lil Mariko sono già apprezzate nel genere solo con qualche singolo.  

I prossimi arrivi nel mondo hyperpop potrebbero venire da qualunque direzione. Per il 2021 sono annunciati grandi ritorni per Kimbra e St. Vincent, nonché l’atteso terzo album di Lorde. Quest’ultima è da sempre stata estranea al pop, ma nulla esclude un ritorno alle origini. Promesso anche il ritorno di Odette, star alternativa che si adatta all’hyperpop come un guanto, o Maggie Lindemann, e il nuovo lavoro dei gruppi elettronici Pale Waves e Fickle Friends. Ma se si tratterà di una moda passeggera o di una vera tendenza, solo il pubblico lo dirà. 

Qui per conoscere meglio AG Cook.

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