I fan degli Avengers hanno sempre saputo che Natasha Romanoff, la super assassina russo-americana interpretata da Scarlett Johansson, aveva un passato oscuro. Black Widow presta alla Marvel le influenze narrative dai thriller di spionaggio, In Black Widow la Marvel passa da The Manchurian Candidate a La Femme Nikita.
Con Black Widow la Marvel sfonda?
La regista Cate Shortland è stata reclutata dalla Marvel dopo progetti indipendenti come l’eccellente Lore (2012). La regista prende in prestito un po’ di elementi della cospirazione dell’era della Guerra Fredda per collocare Natasha in un mondo tortuoso di inganni. Anche la famiglia in cui è stata cresciuta nasconde segreti mai svelati. La Johansson porta la tipica forza e gravitas alla sua performance in quella che probabilmente sarà la sua ultima volta nel ruolo.
La trama
Lei e sua sorella minore Yelena (Florence Pugh) con l’aiuto di una famiglia disfunzionale (Rachel Weisz e David Harbour), cercano di fermare i piani degli assassini che le ha divise. Ray Winstone che raccoglie giovani ragazze orfane e le addestra come killer e spie addestrate. È lo stesso programma che ha creato Natasha e Yelena, e che ora ha sviluppato una potente forma di controllo mentale.
Scarlett Johansson: “Io in Black Widow una donna sola”
Black Widow la Marvel e la fase quattro di MCU
Black Widow è il primo film della “fase quattro” del franchise MCU. Qui i Vendicatori originali hanno completato i loro percorso narrativo e un nuovo gruppo sorge per rispondere alla chiamata all’eroismo. Funziona come un passaggio di consegne, introducendo Yelena come uno dei nuovi personaggi principali della prossima era. Il film è entusiasmante quando sembra un film d’azione. Inseguimenti in auto a Budapest e nasi rotti con il tipo di scricchiolio udibile delle ossa in cui il MCU kid-friendly raramente indulge. E la narrazione è solida, costruendo alcune scene emotive nelle mani di interpreti più che capaci.
La Marvel cade a metà film
Il problema è che la storia si perde da qualche parte a metà del film. Ci vuole troppo tempo per iniziare, arrancando attraverso una lunga storia che avrebbe potuto essere condensata. E come molti di questi film visivamente intercambiabili, assorbe talenti indipendenti come Shortland e Pugh. Diventa trascurabile quello che avrebbe potuto essere il loro impatto unico sul film sia visivamente che espressivamente. Piuttosto che permettere al talento creativo di informare l’estetica del film, la morsa che la Marvel ha sul suo prodotto gli impedisce di raggiungere livelli più eccitanti. Il risultato è un film divertente da guardare, ma poco altro.