Il secondo album di Bebe Rexha è Better Mistakes, un tentativo di combinare il suo sound caratteristico con la rinascita y2k: vi riuscirà?
Bebe Rexha: com’è Better Mistakes?
Prometteva tanto bene il secondo album di Bebe Rexha, Better Mistakes. La combinazione tra una delle principali nuove stelle della recente scena e il sound y2k/hyperpop del momento. Un progetto persino troppo ambizioso per un’artista di solito leggera, e che soddisfa nelle sue aspettative – almeno in parte. Già con Break My Heart Myself, la traccia d’apertura – con collaborazione di Travis Barker, perché il pop-punk sta tornando di moda e se vogliamo fare un revival dobbiamo farlo bene – si capisce un tentativo di riscoprire i sound y2k e tradurli nel pop elettronico, meccanico e ostinatamente midtempo premiata ditta Bebe Rexha. E i tentativi ci sono, a volte senza infamia e con qualche lode. Oltre all’apprezzata Baby, I’m Jealous si raccomanda Death Row, un tentativo pop-punk che ricorda la vecchia KT Tunstall/Amy MacDonald. Romantico e un po’ drammatico, come sono tutti i giovani.
Ma per ambiziosa che sia, Bebe Rexha non riesce ad andare fino in fondo con l’ambizione di Better Mistakes. Ecco che riemerge, una volta di troppo, l’attaccamento alle vecchie tradizioni e al pop radiofonico trendy. Vi sono dunque regressioni come Trust Fall, in cui Bebe Rexha ci ripensa e decide di tornare al pop-trap che andava di moda tre anni fa. Sono queste le tracce che stancano, e che fanno chiedere davvero perché Bebe Rexha sia ancora in scena. A fare cosa, viene da domandarsi, se tanto si torna ai vecchi passaggi?
Progresso a metà
Ed eccolo qua, dunque: l’errore principale che Bebe Rexha compie gambizzando nel processo Better Mistakes. C’è per tutto l’album un senso di mancanza di progresso rispetto a Expectations, come se l’accennata visione di un bell’album pop cercasse senza esito di emergere. Anche quando sembra che miss Rexha abbia deciso di provare qualcosa di nuovo, come la ballabile Sacrifice, proprio non riesce a trattenersi. Ed eccola che inserisce quelle maledette voci distorte della tradizione tropical house, di cui dubito qualcuno sentisse la mancanza. Finché poi non si arriva a Amore, in cui Rexha e Rick Ross compiono un sample della celeberrima That’s Amore di Dean Martin, senza un minimo di ironia e leggerezza. Solo la famosa melodia, con un testo opportunamente rielaborato, per parlare di gioielli e materialismo. Un chiaro tentativo di imitare 7 Rings di Ariana Grande, col suo sample di Le Cose Che Piacciono A Me. E viene da chiedersi: a che ci serve un’altra 7 Rings, se nemmeno la prima era un granché.
Ed è così che finisce l’ultimo impegno di Bebe Rexha: Better Mistakes ambisce ad alti risultati, ma vi arriva soltanto a metà. Sicuramente un passo avanti rispetto al pop incerto e immediatamente datato di Expectations, ma ancora privo di quella speciale scintilla pop dei classici istantanei. Non si esclude, tuttavia, un futuro da cult classic.
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