Anfitrione. Dei e mortali di oggi, al Manzoni di Milano

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Anfitrione: la commedia di Plauto al Manzoni di Milano

Anfitrione, direttamente da Plauto, ma rivisitato nella contemporaneità, da Sergio Pierattini, per la regia di Filippo Dini, è in scena al Manzoni di Milano. Sarà sul palco del teatro meneghino fino al 17 novembre con: Gigio Alberti, Barbora Bobulova, Antonio Catania, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Valeria Angelozzi. Le scene sono curate da Laura Benzi, i costumi da Alessandro Lai, le luci da Pasquale Mari, mentre le musiche da Arturo Annecchino. Lo spettacolo è prodotto dalla Pirandelliana in collaborazione con Fondazione Teatro Toscana.

Anfitrione
Anfitrione

Anfitrione: da Plauto ai giorni nostri. Sinossi

Anfitrione nasce nel lontano 206 a.C. È stato riproposto nei secoli in tantissime versioni e il suo mito resiste al cambiamento dei tempi, come tutti i miti del resto. Plauto scrive di uomini e Dei. È una storia in cui Giove, invaghitosi della moglie di un comune mortale, decide di farla sua, assumendo le sembianze del marito, godendo di lei a dispetto del povero e semplice umano, per concepire l’indistruttubile Ercole.

Anfitrione: una scena

Nello spettacolo di Pierattini, diretto da Dini, Giove riappare ai nostri giorni, mentre “l’oggetto del contendere”è la moglie di un mediocre politico, Anfitrione appunto, il convincente Antonio Catania nel ruolo del burbero “italiota”, che ha appena vinto le elezioni e diventerà presidente del consiglio. L’uomo è un cafone, che non conosce educazione e congiuntivi. Ogni riferimento alla situazione politica attuale è puramente casuale (si fa per dire).

Anfitrione è un dilettante populista, che ha vinto le elezioni proprio grazie all’intervento di Giove, nel tentativo di tenerlo impegnato e accecato dalla sua ambizione politica, per possedere la moglie. Anfitrione è un marito assente e spesso scortese, ma comunque amato con pazienza dalla sua bella moglie Alcmena (brava e dalla dizione perfetta Barbora Bobulova). Giove (Gigio Alberti), che è un Dio nel senso letterale del termine, riesce a trascorrere una notte di magica passione con Alcmena, che in questa rivisitazione diventa una semplice insegnante di scuola media di una piccola città di provincia. Anche in questo caso il riferimento non è del tutto casuale?

Nella versione contemporanea non manca il fido Sosia, strepitoso Giovanni Esposito (al massimo della teatralità partenopea), qui autista di Anfitrione e marito amato, nonostante l’essere difettoso come tutti gli umani, dalla sua Bromia. La donna è la governate di Anfitrione (Valeria Angelozzi), sedotta da Mercurio, (Valerio Santoro) che accompagna Giove nell’impresa, assumendo le sembianze di Sosia, che diventa un uomo fin troppo perfetto.

Anfitrione
Anfitrione: una scena

Insomma gli Dei ci sanno fare con il genere femminile, non c’è che dire e sia Giove che Mercurio si dimostrano assolutamente all’altezza delle aspettative delle due donne, che, non dimentichiamo, sono comunque vittime di un inganno maschile.

Recensione: ilarità assicurata, ma dal retrogusto amaro

Anfitrione è una commedia, molto divertente, direi addirittura salutare e che suscita ilarità continua fin dalla prima scena, grazie alla professionalità degli attori, tra cui come già detto spicca la verve napoletana di Giovanni Esposito, un buffissimo e spassosissimo Sosia.

Anche se lo spettacolo vuole divertire e ci riesce, la risata di fatto è amara. Le considerazioni fatte ironicamente nello pièce rispecchiano purtroppo la nostra situazione politica e sociale attuale. La stessa Alcmena non riconoscendo più il marito, una volta Giove galante e perfetto, poi antipatico e assente Anfitrione, e nuovamente tenero e appassionato, rischia una crisi di nervi. Esasperata arriva quasi a preferire la coerenza costante del suo becero marito, da cui sa esattamente cosa aspettarsi, che le contraddizioni a cui l’inganno la costringe. I riferimenti ai nostri politici sono anche in questa esternazione evidenti.

Anfitrione
Anfitrione: una scena

La scena è essenziale e si svolge nel piccolo cortile della bella casa di Anfitrione, nessun effetto speciale. Il testo riesce a intrattenere lo spettatore, senza pause, e senza cedimenti per circa due ore, solo grazie al gioco degli equivoci e all’ottimo lavoro di squadra dei bravi attori.

Anfitrione: la scena

Note di regia

Spiega Dini nelle note di regia: “Il grande Giove, desidera essere amato da questa donna meravigliosa, alla quale non può resistere, proprio come essa ama suo marito, vuole quel genere di amore, quello assoluto e incondizionato. Per questo Alcmena deve essere ignara di questa macchinazione (…) consapevolmente fedele al “patto” erotico e sentimentale sancito con suo marito. Il tema del doppio, meravigliosamente espresso sotto forma di commedia, quindi inserito all’interno di una situazione estremamente divertente, esplode in questa storia con grande modernità.

Il dio, forse interpretabile come una parte profonda e remota di noi stessi, la parte migliore e più nascosta o la parte più oscura e demoniaca“- Continua il regista – “si manifesta per prendersi il tesoro più prezioso che abbiamo, mentre il nostro “io” a noi più “noto” è impegnato a guerreggiare e a farsi bello delle sue vittorie“. Conclude Dini: “Abbiamo anche noi (…) sentito la necessità di riscrivere questa storia nell’oggi, nel nostro quotidiano, (…)facendoci ritrovare forse, un dialogo con il nostro doppio, con quella zona remota e temibile del nostro essere, quel dio appunto, che tutto può, che tutto vede e domina, a nostra insaputa”.

Informazioni e prenotazioni: www.teatromanzoni.it

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