Intervistando l’Arlecchino dell’elettronica italiana ci svela i suoi segreti. L’elettro metropolitano ci racconta gli inizi.
Alberto Camerini il vero elettronico italiano?
“Non c’è rock senza capelli o parrucchieri, è un dato di fatto. Dal caschetto dei Beatles in poi, la pettinatura nel mondo del rock è una condizione sine qua non“. Afferma ricordando un viaggio di 50 e passa anni di musica pop e altrettanti della propria camaleontica carriera. Alberto Camerini, un talento favoloso, spesso oscurato dal successo avuto con Rock ‘n’ Roll Robot, hit single che in questo 2021 festeggia i suoi primi 40 anni.
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Lo immaginate versione hippie?
Alberto Camerini è stato hippie capellone negli anni ’60 e ’70: beatnik liceale e agitatore politico-culturale di cortei e occupazioni, poi ricercato musicista da studio e infine artista visionario della Cramps Records, storica etichetta d’avanguardia. All’inizio degli anni ’80 esplode come un vero fenomeno nazionale. Capelli sparati in aria alla Johnny Rotten per Skatenati! e un ciuffo rockabilly-punk per l’Arlecchino elettro-pop. Tutto il suo intuito compositivo esplode nel periodo più celebre, quello di Tanz Bambolina e, appunto, Rock ‘n’ Roll Robot.
Alberto Camerini e la sua amicizia con Finardi
“Nel ’68 ero stato in America. Mio cugino mi aveva fatto fumare l’hashish ad Aspen, in Colorado, e quando sono rientrato in Italia, per volere degli dei, entra in scena lui: Eugenio Finardi. Figlio di un’americana, frequentava la scuola americana, spacciatore di hashish perché lo trovava solo lui. Abbiamo legato immediatamente. Eravamo tutti maoisti-marxisti-leninisti e Finardi, poverino, era americano: solo contro tutti. L’unico che aveva il coraggio di sfidare i maoisti-marxisti-leninisti. Allora mi sono messo subito dalla sua parte, pantaloni a strisce, giacca con le frange, come Easy Rider, ma per fortuna senza baffi. A quel punto la band blues era diventata una band psichedelica, assoli di chitarra che duravano giorni interi“.
La sua passione per la chitarra
Alberto Camerini ci spiega come la musica ti modella. “Ero bravo a suonare la chitarra, ma un po’ tonto. Avevo una Guild Thunderbird buona per fare il country, comprata di seconda mano a New York nel ’68, con metà dei soldi che mi aveva dato mio padre, spesi al secondo giorno di vacanza. Ce l’ho ancora oggi, mi ha rovinato la vita: sono tuttora un prigioniero del rock’n’roll
Il suo primo album
“Registrai il mio primo album Intorno al 1975, nel periodo di Parco Lambro, Finardi è entrato nella Cramps di Gianni Sassi, che oltr</b>e a essere un’etichetta era una piccola agenzia di pubblicità, come la McCann Erickson. Per cui Sassi faceva lo stesso lavoro che faceva mio padre. E nel ’76 entro anche io in Cramps, grazie a Eugenio. Ma non solo grazie a lui, eh: io ero comunista-marxista-leninista, suonavo in tutte le case occupate, andavo ai cortei, frequentavo l’università“.
Arriva Rock and roll robot
“Mi ero comprato la guitar synth. E ho fatto il provino di Rock ‘n’ Roll Robot suonando il basso con il sintetizzatore nel guitar synth Roland, gli archi nel guitar synth e la batteria elettronica, tutto registrato con il Solton 4 piste, seduto al tavolino in via Muratori 46 barra 8. Le versioni pubblicate di Rock ‘n’ Roll Robot e Tanz Bambolina erano identiche al mio provino, lo giuro“. Un genio dell’elettronica.