La pioggia come metafora del cambiamento
È un periodo nero, caratterizzato da una lotta incessante verso un nemico che ancora non abbiamo imparato a conoscere a dovere. Come se non bastasse il momento storico già di per se complesso, la pioggia scende copiosa sul paese in cui abito e dove mi ritrovo a scrivere dopo un periodo di stasi di questa rubrica. La pioggia nell’immaginario collettivo rappresenta la tristezza, il grigiore autunnale che viene a spazzare via i frizzanti momenti vissuti nei mesi estivi. Ma è veramente così? Non potrebbe la pioggia essere invece una bella mano du vernice bianca passata sopra un muro sporco di fuliggine da troppo tempo? Quanta carica poetica positiva può scaturire dai rigagnoli di pioggia che scendono lentamente dai vetri bagnati delle finestre? Ben lo sa Pino Daniele, il quale confeziona un brano di introspettiva beltà dedicato alla pioggia e a ciò che può regalarci.
Quando piove ricchezza espressiva
Il brano Quando Chiove è contenuto nel capolavoro Nero a metà, un’autentica esplosione di blues, jazz, bossanova e lirica napoletana impressa indelebilmente nei solchi di un vinile. L’album è uscito nel 1980, rappresenta il lavoro della definitiva maturazione del compianto cantautore partenopeo e mostra la sua storica band (De Rienzo, Vitolo, Senese e compagnia) al massimo della propria ricchezza espressiva. Quando Chiove è una delle moltissime gemme del long playing, tradotta anche in inglese con il titolo It’s raining e interpretata da Randy Crawford.
L’armonia in Remaj7 avvolge dolcemente, come il piumone nelle notti invernali, una melodia di struggente e intensa penetrabilità. La musicalità della lingua napoletana (sarebbe un torto enorme definirla solo un dialetto), grazie all’utilizzo di elisioni e parole tronche, restituisce il medesimo effetto sonoro che troviamo nell’inglese, non tradendo però il lirismo tipicamente partenopeo. Ripercorriamo qui di seguito il significato testuale provando a darne una personale chiave di lettura.
Analisi del testo di Quando Chiove
E te sento quanno scinne ‘e scale
‘E corza senza guarda’
E te veco tutt’e juorne
Ca ridenno vaje a fatica’
Ma poi nun ridi cchiù.
E luntano se ne va
Tutt’a vita accussì
E t’astipe pe nun muri’.
“E ti sento quando scendi le scale
di corsa senza guardare
e ti vedo tutti i giorni
che ridendo vai a lavorare
ma poi non ridi più,
e lontano se ne va
tutta la vita così
e ti conservi per non morire.”
Nel testo non si esplica in maniera palese, ma Pino Daniele si sta riferendo a una prostituta. Il cantante parla in prima persona descrivendo la routine della giovane prima di recarsi al “lavoro”. Carica di significato la frase «ti vedo tutti i giorni che ridendo vai a lavorare ma poi non ridi più». In effetti c’è pochissimo da ridere per la giovane visto il mestiere professato. Un parallelismo con la pietas di Fabrizio de Andrè, anche lui sempre molto sensibile al tema della prostituzione nel proprio canzoniere, sorge naturale. Napoli e Genova non si differenziano poi tanto come tessuto sociale. Seppur disposte in luoghi differenti d’Italia sono pur sempre due città portuali, con tutto ciò che socialmente comporta.
La nostra quotidianità come la giovane della canzone
Ma se provassimo a tracciare un parallelismo anche con le nostre esistenze? Se il nostro vivere da pendolari perenni in qualche modo fosse non troppo dissimile dal vendere il nostro corpo come fa la giovane nella canzone? Quanta vita ci stiamo facendo scorrere via in nome del fatturato mentre tentiamo di conservarci per non morire? Le sfumature di significato sono affascinanti, un po’ meno l’idea di essere tutti delle prostitute in balia del progresso. Forse l’epidemia, che ha dato un freno al nostro vivere in linea retta incuranti di cosa ci sta attorno, una mano a riflettere sulla nostra condizione esistenziale potrebbe darcela.
E aspiette che chiove
L’acqua te ‘nfonne e va
Tanto l’aria s’adda cagna
Ma po’ quanno chiove
L’acqua te ‘nfonne e va
Tanto l’aria s’adda cagna
“E aspetti che piova
l’acqua ti bagna e va
tanto l’aria si deve cambiare
ma poi quando piove
l’acqua ti bagna e va
tanto l’aria si deve cambiare.”
La pioggia scende e va
Esattamente come la pioggia bagna la ragazza, lavando via metaforicamente lo schifo che circonda la sua tormentata vita, allo stesso modo rappresenta una meravigliosa figura del pulire finalmente ogni onta causata dalle nostre vite sempre in incessante movimento. Oggi ha un significato ancora più forte, oserei dire catartico, come quella forza capace di farci dimenticare per un attimo l’angoscioso momento di sconforto emotivo ed economico che stiamo vivendo a causa del Covid19. Mentre scrivo guardo fuori dalla finestra e la pioggia che cade mi regala personalmente un insperato senso di pace.
Se fa scuro e parla ‘a luna
E te vieste pe’ senti’
Pe’ te ogni cosa po’ parla
Ma te restano ‘e parole
E ‘o scuorno ‘e te ‘ncuntra’
Ma passanno quaccheduno
Votta l’uocchie e se ne va.
“Si fa buio e parla la luna
e ti vesti per ascoltare
per te ogni cosa può parlare
ma ti restano le parole
e il disagio di incontrarti
ma passando qualcuno
gira gli occhi e se ne va.”
Pietas verso una profonda situazione di disagio
In questa strofa Pino Daniele descrive magistralmente il disagio provato dalla giovane durante il suo permanere per strada in attesa dei possibili clienti. La luna e il suo silenzioso interloquire sono la sola coccola che rende meno gelido il disagiato momento della ragazza. Coccola che non dura in eterno purtroppo, tanto che i primi interessati cominciano a farsi vivi e a buttare le prime occhiate alla giovane, chi per interesse carnale chi per bigotta disapprovazione. Qui Pino sembra quasi cullare dolcemente la giovane, immaginando di incontrarla tirandole così su il morale e regalandole un giro di accordi dolce e rassicurante.
Continuando a immedesimare la vita frenetica odierna con la figura della giovane, il disagio che possiamo accostare è quello vissuto nelle grandi città dove solitamente sono presenti gli uffici delle aziende. Non è escluso che a qualcuno possa piacere un contesto del genere, ma il carico umano in una città come l’odierna Milano va decisamente a perdersi quando siamo talmente impegnati a correre che non ci accorgiamo di ciò che ci circonda, purtroppo nemmeno degli altri.
Ribadisco il concetto: la giovane della canzone si prostituisce per sbarcare il lunario, noi facciamo altrettanto in maniera metaforica per rincorrere una carriera che potrebbe anche non concretizzarsi. Che il Covid19 sia allora la pioggia che viene a lavare via una normalità che è essa stessa il problema? Così come «l’aria s’adda cagna» per la vita violata della giovane così le nostre vite devono cambiare, senza ovviamente sminuire le ingenti sofferenze che stanno patendo molteplici categorie lavorative.
“L’aria s’adda cagna” veramente
Questa chiave di lettura è assolutamente personale e contestualizzata al tempo corrente, ma è proprio questa natura camaleontica dei testi musicali che ha dato l’idea per la rubrica che state leggendo. Che piaccia o meno siamo arrivati a un turning point, un momento in cui alcuni equilibri hanno mostrato la propria fragilità quando un terribile acquazzone rappresentato dal virus si è abbattuto sulle nostre teste. Sta a noi lasciare che quest’acqua si trasformi in qualcosa di positivo o se invece chiuderci a riccio rimpiangendo una realtà precedente che in ogni caso non potrà tornare.
Ovviamente tutto ciò non è solo nostro onere, chi amministra i nostri diritti dovrebbe fare altrettanto per far si che questa pioggia catartica non si trasformi in un temporale perenne. Perché l’acqua ha si un valore purificatorio ma può annegare quando non gestita e presa sottogamba. Nell’attesa che i tempi siano migliori, vale la pena di riascoltare nuovamente Nero a metà di Pino Daniele e magari di sostenere in tutti i modi ciò che il mondo della musica, dello spettacolo e della cultura metterà in campo per sopperire alla totale mancanza di attenzioni da parte di chi di dovere. «L’aria s’adda cagna» ma bisogna anche rimboccarsi le maniche senza se e senza ma.