Un progetto teatrale che apre lo spazio del palcoscenico ai giovani affetti da malattie mentali e problemi psichici. Il Teatro Patologico, ideato da Dario D’Ambrosi, torna con un nuovo dramma ispirato dall’Odissea di Omero.
Il Progetto del Teatro Patologico
Non c’è personaggio migliore di Ulisse per raccontare i nostri giorni”, dice Dario D’Ambrosi. Con queste parole racconta l’esperienza in corso, presente e passata, del Teatro Patologico. Il teatro rappresenta da sempre un rifugio, un luogo di sfogo e di accoglienza per chi non si sente parte del mondo e non riesce a comunicare con chi lo circonda, e il progetto di D’Ambrosi si rivolge a una nicchia particolare tra le più colpite da questa esclusione sociale. Nelle sue stesse parole, il Teatro Patologico rappresenta “ la realizzazione di un sogno” – una forma di conforto per le persone malate in questione, attraverso la quale far sentire la loro voce al mondo e alle loro famiglie.
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Il Teatro Patologico lavora anche in collaborazione con il mondo accademico. Nel 2016 ha aperto il loro primo corso universitario, legato al Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Tor Vergata. A tenere le lezioni è il Prof. Alberto Siracusano, autore poliedrico e mente dietro al Manuale di Psichiatria, il massimo testo di psichiatria nel mondo accademico. Le lezioni rappresentano, ancora una volta, un’occasione artistica per tutti i partecipanti, ai quali spesso no è riconosciuto il diritto allo studio. Comprendono differenti discipline artistiche, inclusa la scrittura del testo teatrale e la preparazione materiale dei fondali. Un lavoro preciso, delicato e importante, ma che porta dei frutti, considerando il blasone che il metodo di lavoro di D’Ambrosi è riuscito a costruire per sé. Lo si studia in alcune delle più grandi università del mondo, come la New York University e la Akron di Cleveland.
Il Racconto Di Ulisse
Molti progetti recenti sono legati alla mitologia classica e altre figure della letteratura. Medea, il loro ultimo progetto prima di quello corrente, è stato rappresentato anche in Gran Bretagna, Giappone, Belgio, USA e Sud Africa. Adesso si parla di Ulisse, e del suo viaggio senza fine reinterpretato in una lettura moderna e allegorica. Cosa c’è infatti di meglio di un’eterna peregrinazione, con una destinazione chiara e un percorso nebuloso, per rappresentare la condizione di chi convive quotidianamente con la malattia mentale?
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“Siamo tutti Ulisse, tutti noi affrontiamo la nostra Odissea personale e ognuno di noi ha la nostra Itaca”, dice D’Ambrosi. “Il viaggio però non è semplice, il viaggio è la metafora della vita e della morte. Ulisse, durante il suo viaggio, che altro non è che il viaggio della vita, affronterà terribile mostri, tentazioni, sarà sul punto di arrendersi per lasciare tutto e di risollevarsi…”. L’Ulisse ha debuttato per tre serate a Roma alla sede tradizionale, per poi ripresentarsi in una replica straordinaria ad Ostia per L’Ostia Antica Festival. È il racconto del ritorno, della fine di una guerra, che da fisica e sanguinaria diventa mentale e psicologica. Una battaglia che si può sperare di vincere, ma che – come il viaggio di Ulisse – non è priva di paure per chi ne è coinvolto.