Tupac Shakur è più di un rapper, più di un’icona dell’hip hop: Tupac è stato un poeta della black society americana, un ragazzo come tanti nato in un contesto familiare difficile che, grazie al talento e alla possibilità di apprendere (oggi data per scontato, ma dovremmo sempre ricordarci di quanti giovani ancora oggi non abbiano accesso all’istruzione), è riuscito a farsi promotore di uno spaccato sociologico statunitense, rivendicando con costanza e onore i diritti della società afroamericana ma incarnando, allo stesso tempo, il prototipo del rapper per eccellenza. La sua biografia è una vera favola urbana: nato a New York in una famiglia dove la figura materna viene a mancare presto, Tupac trova il suo vero habitat in California, soprattutto grazie alla madre Afeni Shakur, componente storico delle Black Panthers, ma madre amorevole e dedita a dare ai figli (Tupac ebbe anche un fratellastro e una sorellastra), che si mosse verso la L.A. County in cerca di migliori condizioni di vita e di lavoro. Il rapper dimostrerà più volte, nel corso della propria carriera, il profondo affetto per la madre: si pensi alla bellissima traccia Dear Mama, dove il languido beat accompagna un testo di squisita dolcezza, seppur iconico di un certo tipo di situazione molto comune in diverse famiglie afroamericane. Gli ideali afferenti al marxismo e al cosiddetto “nazionalismo nero”, seguiti con fedeltà da Afeni, vengono assorbiti appieno dal giovane Tupac, il quale dedicherà la sua intera carriera a proporre una voce di riscatto per il popolo nero sempre più lontano da una definitiva accettazione da parte dei bianchi: oggi più che mai, il suo messaggio rimane di una disarmante attualità.
Esempio lampante è la splendida Life Goes On, traccia contenuta nell’album considerato da molti il capolavoro di Shakur, ovvero All Eyez On Me. Il beat è in pieno stile Gangsta Rap, genere consolidato nel contesto californiano e reso estremamente celebre dall’attività discografica del rapper/producer Dr. Dre, e il testo è un espressivo discorso celebrativo rivolto ai brothers caduti vittima della strada; perché il rap purtroppo è anche questo, ovvero coinvolgimento non sporadico con la malavita e con le guerre tra gang: famosi, anche qui da noi in Europa, sono i Bloods e i Crips, gruppi criminali da strada che hanno reso la vita in alcuni quartieri di Los Angeles decisamente complessa, nonché estremamente pericolosa (basti pensare al quartiere di Compton, dove negli anni Ottanta l’incidenza di omicidi era la medesima della Baghdad del 2003 in piena guerra). In questa traccia, Tupac mostra un estremo affetto per tutti i suoi compagni di avventura, artistica e umana, che per varie ragioni hanno lasciato questo mondo troppo presto; i riferimenti alla vita di strada sono notevoli, la cosiddetta Thug Life: si tratta di un’appartenenza a una crew quasi fraterna, non è un caso che il termine brother sia ripetuto più e più volte nel corso della traccia. Risulta strabiliante come la morte, nel senso di compagna di vita, sia sempre presente nei testi del rapper della West Coast: la consapevolezza di essere sempre sul filo del rasoio dal punto di vista della propria esistenza aleggia costantemente nelle liriche di Tupac, lasciando trasparire un estremo fatalismo giustificato dalle faide con illustri “colleghi” della costa orientale statunitense (sulle faide tra i rapper della West e East Coast americana non basterebbe un romanzo, figuriamoci un articolo, ma è un argomento che ci permettiamo di consigliare di approfondire).
Elenchiamo qui di seguito alcuni passi del testo di Life Goes On particolarmente significativi, rigorosamente in lingua originale, ovvero uno slang statunitense al quale la figura di Tupac è fortemente ancorata.
How many brothers fell victim to the streets?
Rest in peace, young nigga, there’s a heaven for a G
Be a lie if I told you that I never thought of death
My niggas, we the last ones left, but life goes on […]
Two in the morning and we still high, assed out
Screamin’, “Thug ‘til I die!” before I passed out
But now that you’re gone, I’m in the zone
Thinkin’ I don’t wanna die all alone, but now you gone
And all I got left are stinkin’ memories
I love them niggas to death, I’m drinkin’ Hennessy […]
While tryin’ to make it last
I drank a fifth for that ass when you passed, ‘cause life goes on […]
I got your name tatted on my arm
So we both ball ‘til my dyin’ days
Before I say goodbye
Kato and Mental, rest in peace! Thug ‘til I die! […]
Bury me smilin’ with G’s in my pocket
Have a party at my funeral, let every rapper rock it […]
Purtroppo il fatalismo di Tupac ha avuto ragione il 13 settembre 1996: un agguato avvenuto a Las Vegas, dove l’artista si era recato per assistere a un incontro pugilistico con protagonista Mike Tyson, pose fine alla sua vita e alla sua voce controcorrente per sempre. Aveva solo venticinque anni.
Oggi compirebbe quarantanove anni. Buon compleanno Pac!