“Contagion andava preso sul serio”: una scienziata autorevole lo afferma

Il film Contagion sembra andare fin troppo vicino all'attuale situazione riguardante il Coronavirus, e non è un caso. Ecco perché si parla di nuovo del film

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2004

In questi giorni, nel pieno dell’epidemia di COVID-19 che sta mettendo in ginocchio l’Italia e rischia di fare lo stesso con tutta Europa, i servizi streaming stanno garantendo paradossalmente molti più introiti all’industria cinematografica di quanto non facciano i cinema stessi. In particolare, il pubblico si divide in due fazioni: quelli che si rifugiano in film leggeri, che parlino di tutt’altro ed aiutino a rilassarsi, e quelli che guardano proprio film a tema contagio che ricordano molto da vicino la distopia che stiamo vivendo noi tutti. Fra questi film, in particolare, ce n’è uno che sembra ripercorrere esattamente l’esperienza che stiamo vivendo con questo nuovo virus: si tratta di “Contagion”, thriller del 2011 che già all’epoca ottenne un forte successo internazionale.

Ma com’è possibile che un film thriller e fantascientifico riesca a prevedere il reale svolgimento di un’epidemia? Ebbene, ciò avvenne semplicemente perché per la creazione di “Contagion” fu chiamata in causa anche una scienziata nelle vesti di “consulente scientifica”. Tale ruolo fu affidato a Trecey McNamera, che oggi a distanza di 9 anni vive un secondo momento di celebrità proprio grazie a questo ruolo avuto all’interno del mondo dello spettacolo grazie alle sue competenze. Intervistata da Buzzfeed, la scienziata afferma:

spero che la gente che sta riguardando il film si renda conto di come l’opera andasse presa più sul serio quando è uscita. Questo perché non era soltanto un’opera di intrattenimento, ma anche la descrizione di cosa sarebbe potuto accadere nel momento in cui si fosse verificata una nuova minaccia pandemica. Si trattava di un avvertimento a tutti i governi, della serie: “questo può accadere e bisogna essere preparati”.

La McNamera è stata inoltre incalzata su una tematica sensibile, ossia la possibilità che il virus sia stato creato in un laboratorio per scopi ben precisi. A tal proposito, la scienziata ha preferito non sbilanciarsi, affermando:

Non c’è bisogno che qualcuno lavori per trasformare un virus in un’arma di distruzione di massa dal momento in cui ci ha già pensato madre natura

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