Zara Larsson Poster Girl | la recensione

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Zara Larsson poster girl

Il secondo album di Zara Larsson, Poster Girl, è una collezione di canzoni pop dimenticabili. Dai tempi di Lush Life sono stati fatti ben pochi passi avanti.

Zara Larsson: le mancanze di Poster Girl

Zara Larsson è passata e se n’è andata – il fato condiviso degli one hit wonder, che si è manifestato su di lei nel suo debutto Lush Life. Un acclamato singolo di partenza, Lush Life appunto, che la rende accattivante e carica su di lei le aspettative. Qualche seguito, tra cui un duetto con MNEK e uno con i Clean Bandit. E poi la scomparsa totale, con un album prettamente adolescenziale colmo di tracce riempitivo e vaghe strizzate d’occhio a Rihanna in un anno, il 2016, che era già in suo pieno controllo. Cinque anni dopo scopriamo purtroppo che Zara Larsson non ha appreso nulla, e che con il suo secondo album Poster Girl ripete tutti i vecchi errori. 

Lo svantaggio della Larsson è dalla concezione di base. Fa parte di quella gamma di artiste pop comparse nella seconda metà del decennio scorso, le varie Daya e Meghan Trainor e Anne-Marie e Julie Michaels. Quelle che parevano scelte alla svelta per riempire il gap rimasto vuoto nel teen pop dopo la maturazione completa delle reginette di Disney Channel come Miley Cyrus e Demi Lovato. A parte alcune eccezioni, come Halsey e Bebe Rexha, nessuna di loro ha saputo costruirsi una carriera, e tutte per la stessa ragione. Il loro modo di fare pop è inconsistente, privo di una visione chiara, una sequela di semplici canzonette d’amore gioioso buone per la radio in estate e poco più. E così è Zara Larsson con Poster Girl, che per tutta la sua durata non lascia un’impressione che sia una. 

Pop poco interessante

Garantito, uscire da un tale slump è possibile. Carly Rae Jepsen, Dua Lipa, Sabrina Carpenter e la sovraccitata Halsey hanno saputo creare della musica più marcata e con personalità. Zara Larsson non vi riesce, e per tutta la durata di Poster Girl propina rotture, bisticci adolescenziali, gelosie meschine e sound electro-pop senza spina dorsale con le voci distorte e i drop à la Marshmello. Non c’è mai un tentativo di uscire dalla propria comfort zone, una sperimentazione o un’idea interessante. Ci sono dei tentativi, come la nu-disco della title track o di FF, ma nessuno completamente realizzato. Forse a causa della voce della Larsson stessa, che come tutto il resto non è evoluta da Lush Life. Anzi, è degradata nella direzione sbagliata: se in Lush Life risultava interessante per la sua posata maturità, i suoi tentativi di mostrare maggiore vulnerabilità in Poster Girl risultano fallimentari. 

Il risultato è un album pop, l’ennesimo, che entra da un orecchio ed esce dall’altro. Nemmeno come passatempo leggero Poster Girl risulta consigliabile, perché il pop è evoluto ben oltre il semplice riempitivo ed è difficile condonare la mancanza di ambizione. Se per Zara Larsson ci sia o meno una possibilità di reinventarsi e tornare sulla cresta dell’onda lo dirà solo il tempo: ma il tentativo di Poster Girl non ha funzionato.

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