Zella Day ci riesce ancora una volta. Il suo EP Where Does The Devil Hide è un capolavoro breve ma intenso, ricolmo di emozioni potenti. Per chi ha amato Kicker (e non solo) sarà una graditissima scoperta.
Vi ricordate Zella Day?
Se non la conoscete, correte ad ascoltarla. Al pubblico mainstream il suo nome non dirà niente, ma nel 2015 si è sentito molto parlare di lei. E a ragione, perché Zella Day è stata ai tempi una delle figure prominenti del pop alternativo. Il suo album di debutto Kicker è un capolavoro passato in sordina, in cui una voce giovane a metà tra Lana del Rey e Dolores O’Riordan mette in mostra una maturità onesta, non ostentata. Forse qualcuno ricorderà il singolo Hypnotic, o l’avrà intravisto in settima posizione come miglior album alternativo in quella classifica annuale di Billboard. Ma anche chi non ricorda dovrebbe tornare a scoprire Zella Day, perché la ragazza di Pinetop-Lakeside, oggi venticinquenne, non è rimasta con le mani in mano. Ecco Where Does The Devil Hide, un tanto atteso EP.
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Un EP che definire è faticoso e quasi sbagliato, perché fermarsi a “musica alternativa” non suona corretto. Ascoltandolo, pare quasi che i cinque anni passati tra Kicker e questo lavoro siano stati tutti profusi dalla Day e dal suo entourage nel raffinarne ogni aspetto. La produzione è lontana dalle nebbie di Kicker, dai suoi tempi lenti e cadenzati e dall’andamento abulico della voce. Where Does The Devil Hide è quasi un disco vivace, o per lo meno pieno. Le sonorità sono potenti, stratificate, atmosferiche e combinate in un sound che è un po’ alternativo, un po’ pop, un po’ rock, un po’ indie, e tutto delizioso. Il sentimento che la fa da padrone è una melanconia rassegnata, decadente, abbandonata, ma non struggente. Zella Day è in copertina una diva sfatta, dal viso ricoperto di trucco, e pare quasi di vederla vestire quei panni mentre le tracce si dispiegano sognanti e barocche. Con la sua stola di pelliccia, il suo sguardo trasognato, e un sacco di saggezza mondana dalle labbra di rossetto sbavato.
Il dolore di Where Does The Devil Hide
Where Does The Devil Hide brilla anche nel campo lirico, presentandosi come un lavoro ricco di scenari e sfaccettature nonostante la sua brevità. La miglior combinazione, in questo senso, è la potente ballata Only A Dream. La miscela tra il gentile pizzicato degli archi e le descrizioni naturali da parte della voce della Day è deliziosa, irresistibile addirittura. In un album, si consideri, ricolmo di momenti musicalmente splendidi. La stessa Only A Dream ne presenta più di uno, con un assolo di chitarra che è come l’album stesso: breve, ma impeccabile. Impossibile inoltre non porre una menzione speciale sul singolo che apre l’album e ne definisce il tono, People Are Strangers. il timore e la paura del sentirsi soli in un mondo più grande di sé sono il sentimento che apre il lavoro. Sentimento umano, ma non eterno. Poiché Where Does The Devil Hide trova anche una chiosa perfetta con Benny My Dear, una traccia di puro conforto, intima, devota e tenerissima. Ci ricorda che Zella Day è sì melanconica, ma non si abbandona mai del tutto al dolore. Alla fine ciò che è successo è successo, e la diffidenza della traccia d’apertura diventa un ricordo lontano.
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Qui le parole da usare sono semplici, ma immortali: per favore, non privatevi del piacere di ascoltare Where Does The Devil Hide di Zella Day. Il suo difetto principale, se proprio si deve, è che è un EP ed è corto. Ma se Zella Day non è riuscita a ritagliarsi la fama meritata con Kicker, si può almeno sperare che vi riesca con questo nuovo lavoro. Nel poco tempo in cui si produce, il secondo EP di Zella Day offre un momento di pura magia baroque pop e ricorda che uno dei nomi più trascurati del sottogenere ha ancora molto da dire.