“Storia della mia ansia”, di Daria Bignardi

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Daria Bignardi ha presentato a Madrid l’edizione spagnola del suo romanzo “Storia della mia ansia”. Giornalista, conduttrice televisiva e scrittrice; ha raccontato che il suo primo romanzo lo scrive all’età di 7 anni, che leggere è “il suo sport preferito” dato che anche da piccola aveva  sempre avuto la casa piena di libri.

Fa un giro lungo prima di iniziare a scrivere. Dopo l’università è giornalista free lance ma soprattutto autore televisivo. Infatti esordisce in Rai nel 1991, collabora con diverse testate e scrive e conduce Le invasioni barbariche su La7.

La TV la rende molto popolare e questo forse rallenta il suo incontro con la narrativa. Quando muore sua mamma, dodici anni fa, sente la necessità di scrivere sulla sua famiglia e sul suo  “lessico familiare” citando il titolo del noto libro di Natalia Ginzborg. Da lì vedrà la luce il suo primo romanzo “Non vi lascerò orfani”, edito da Mondadori, con il quale vince il Premio Rapallo, il Premio Elsa Morante e Città di Padova. Da lì sono seguiti numerosi libri tradotti in vari Paesi.

Il romanzo

Il romanzo “Storia della mia ansia” ha come  protagonista, Lea, scrittrice dal carattere altalenante e ansioso che scopre di avere un tumore al seno. Attraverso la malattia e i cicli di chemioterapia, Lea compie un’indagine profonda sul suo rapporto ansioso con le persone che la circondano, con il suo lavoro, la malattia e il dolore.

Daria Bignardi, la giornalista Federica Lonati e l’ambasciatore italiano in Spagna Stefano Sannino

L’ansia e il rapporto con la famiglia

Il rapporto con la madre, donna altamente ansiosa, portano la protagonista a sentire di essere cresciuta orfana. Questa mancanza di amore incondizionale la fanno cercare continue conferme nel marito Shlomo. Quest’ultimo, è un personaggio dal carattere distante e schivo, ma pur sempre presente. Shlomo “è un personaggio molto razionale, anche se la sua razionalità può essere scambiata con freddezza”. Infatti quando la protagonista gli chiede «E se muoio?» ed egli risponde «Se muori è il meno», Lea crede che non gliene importi niente. Poi invece, si rende conto che è una riflessione epicurea, perchè dopo la morte non si sente niente, compreso il dolore.

Nonostante Lea si trovi alle prese con una malattia, la sua paura più grande è quella di perdere l’amore. Essa si personifica nel rapporto con Shlomo, i figli e Luca. Quest’ultimo, è il professore d’inglese, malato anche lui di cancro, con cui Lea conividerà paure, frustrazioni ma anche esperienze più quotidiane e meno cariche emotivamente.

L’ansia e la scrittura

Lea sostiene di aver ottemperato da sempre l’ansia con la scrittura. Ma al contempo l’ansia le le aveva dato la carica necessaria per scrivere. La protagonista entra quindi in crisi quando realizza di aver sempre creduto che l’ansia fosse stata la sua creatività. Con la malattia si spaventa e si blocca, perchè pensa che il troppo sentire alla fine avesse finito per farla ammalare.

È ricorrente la frase della Dottoressa Parini che a Lea viene in mente in certe parti del romanzo: «In tempo di guerra non si prendono decisioni». Queste parole le fanno realizzare che lei è sempre stata in tempo di guerra e che forse è ora di cercare la pace.

Il rapporto con la malattia

La malattia, da fatto straordinario, diventa routine conflittuale. Lea è conscia che i figli e il marito hanno una loro vita e che non sempre sono disponibili ad alterarla per prendersi cura del suo malessere interiore. Infatti la malattia non porta ad essere più amati, si viene amati o non amati nello stesso modo.

Ancora, la malattia permette alla protagonista di prendersi la libertà d’indagare sulle nuove emozioni che essa inevitabilmente provoca. Per questo, Lea, si lascia trasportare in nuove conoscenze ed  esperienze.

Vi è un costante ripensamento del proprio vissuto durante il quale, Lea riconosce che quest’ultimo avrebbe potuto essere più calmo, fatto di meno lavoro e stress. In questo modo, forse avrebbe guadagnato in salute. Ma alla fine ciò che siamo, è il risultato di del modo in cui viviamo.

Sono invece gli effetti della chemioterapia che le provocano un acuto dolore fisico e che la fanno sentire prigioniera. Ma così, ella si rende conto che siamo tutti estremamente vulnerabili perchè chiunque può ad un tratto rientrare nella categoria di malato.

Natalia Alliegro con la scrittrice Daria Bignardi

Affrontare il dolore

Lea quindi compie un viaggio che le fanno sperimentare fisicamente la fuga dal dolore. Così come aveva sempre fatto per paura di essere abbandonata. Quel confronto che la protagonista evita, invece ci porta ad essere liberi perchè nulla più importa quando tutto è perso perchè solo rimane vincere. Solo si può apprezzare ogni minima porzione di tempo che ci viene concessa nel miglior modo possibile.

Daria Bignardi ci illumina attraverso le riflessioni della protagonista di “Storia della mia ansia” in cui la scoperta della libertà di sapersi ogni giorno vivo, rimane l’unica certezza. I malati sono più consapevoli dello scorrere del tempo e della sua preziosità perchè si aggrappano alla vita. E questa presa di coscienza rimane una lezione preziosa, per intraprendere la guarigione, prima di tutto, dell’anima.

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