Seaspiracy, la pesca è sostenibile?

Dal 24 marzo su Netflix il documentario giornalistico del regista Ali Tabrizi

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Seaspiracy, documentario su Netflix, rielaborazione fotografica e articolo di Loredana Carena

Seaspiracy è il nuovo titolo del catalogo Netflix in onda dal 24 marzo anche su Sky Q. Il documentario, firmato dal regista di Vegan, Ali Tabrizi, è online da pochi giorni, ma ha già suscitato diverse polemiche. Tra queste la dura reazione del National Fisheries Institute.

Quale è il tema trattato in Seaspiracy?

Il documentario è il risultato di anni di ricerche e di inchieste per fare chiarezza se la pesca. praticata nei nostri mari e oceani, sia sostenibile oppure comprometta l’ecosistema oceanico.

A giudicare dalle reazioni che Seaspiracy ha provocato, subito dopo la sua messa online sulla piattaforma Netflix, è che la pesca intensiva, così come è organizzata, non rispetti l’ambiente naturale.

Gli interessi economici del settore ittico sono troppo elevati per anteporli a questioni etiche e a preoccupazioni ecologiche. Così le enormi reti a strascico devastano i fondali marini e, abbandonate nei mari, diventano una delle cause principali dell’inquinamento acquatico. In paesi come il Giappone, oltre a praticarsi la caccia alle balene, è consentita la pesca indiscriminata dei tonni che provoca l’uccisione di molti delfini. Sotto accusa è anche l’annuale caccia dei globicefali alle isole Far Oer, che si conclude sempre come una vera e propri mattanza con l’uccisione di circa mille cetacei.

Seaspiracy racconta, quindi, il lato più oscuro, e volutamente nascosto, della pesca internazionale svelandone il suo aspetto prevalentemente non ecosostenibile.

E le associazioni ambientaliste?

La posizione di alcune associazioni ambientaliste è alquanto discutibile, in quanto sembrano non agire in nome dell’ideale per cui sono nate.

In Seaspiracy emerge come i bollini delle associazioni a difesa dell’ambiente non siano attribuiti secondo un criterio realistico di sostenibilità. Infatti il business dell’industria della pesca e della lavorazione del pesce è molto esteso e radicato.

Come possiamo agire?

La tesi proposta nel documentario non apre alla possibilità di compromessi verso una condizione di sfruttamento della fauna ittica con ripercussioni anche sull’uomo. L’unica soluzione, per porre fine a questa situazione di interesse mondiale, sembra essere la rinuncia a mangiare pesce. Una scelta estrema, che deve essere valutata dopo la visione di Seaspiracy.

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