Il piacere dell’onestà
E’ andata in scena, ieri sera, al teatro Franco Parenti di Milano, la prima, molto partecipata, de Il piacere dell’onestà, per la regia di Liliana Cavani. Protagonisti della rappresentazione Geppy Gleijeses e Vanessa Gravina. Sul palco anche Leandro Amato, Maximilian Nisi, Tatiana Winteler, Mimmo Mignemi, Brunella De Feudis.
Il piacere dell’onestà è una commedia sempre attuale e molto riflessiva di Luigi Pirandello, probabilmente il drammaturgo italiano più conosciuto al Mondo, con Eduardo. Ricordiamo che Pirandello fu un personaggio molto poliedrico. Nel 1934 vinse il Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: “Per il suo coraggio e l’ingegnosa rappresentazione dell’arte drammatica e teatrale”. Lo spettacolo, scritto dal maestro di Agrigento, resterà, al Parenti, in cartellone fino al 12 maggio.
La sinossi di Pirandello
La scena si apre in una stanza signorile. Una giovane donna è disperata perché obbligata a un matrimonio riparatore. Agata (Vanessa Gravina) è incinta del suo amante ricco, nobile, ma sposato e che chiede a un altro uomo, in cambio di denaro, di riparare per lui. L’uomo, Angelo Baldovino, (Geppy Gleijeses) ha forse un passato poco pulito da nascondere. E’ in apparenza un personaggio pieno di debolezze, ma bisognoso di un riscatto morale e sociale, che trova nel prendere seriamente l’impegno pattuito con l’amante della donna e la famiglia di lei. Prendere seriamente per Angelo vuol dire però ribaltare tutte le maschere e le ipocrisie e fare quello che in fondo ritiene veramente giusto: tutto il necessario per il bene del bambino, vittima innocente e assicurargli una vera famiglia.
Nell’opera Pirandelliana i ruoli vengono quindi ribaltati: il parassita si rivela il generoso, lucido e riflessivo; mentre l’amante nobile di fatto, che si sacrifica per salvare l’onore della sua rispettabilità sociale, è al contrario il vero ipocrita. Il nobile agisce più per impulso che per raziocinio. Pirandello gioca nuovamente con le maschere. La domanda è sempre la stessa, come sottolinea spesso il protagonista: “Qual è la differenza tra quello che è e quello che appare?” Interpretiamo tanti ruoli, indossiamo tante maschere, ma in realtà, quando siamo soli, con noi stessi, non siamo più niente.
Conclusioni
Nella rivisitazione del capolavoro pirandelliano di Liliana Cavani quello che più colpisce è il grande sforzo riflessivo e analitico del protagonista. Un flemmatico e introspettivo Gleijeses, alle prese con raffinatezze del pensiero molto complesse quanto veloci e incalzanti. Interpretazione non facile per un attore. L’analisi pirandelliana è molto evidente. Lo spettacolo pare più un escamotage per affermarne il pensiero del drammaturgo sulla società ipocrita che non bada ai sentimenti per salvare le apparenze. Il protagonista analizza infatti tutte le possibili conseguenze dei suoi comportamenti, e lo fa nel dettaglio, come se giocasse una partita di scacchi.
Lo spettacolo di Cavani gira infatti attorno al ruolo di Gleijeses e ne analizza la riflessione, a voce alta, nel dettaglio. Prova esemplare per l’artista partenopeo, e anche insolita, visto che nel ruolo del protagonista, Gleijeses acquista una flemma, che non gli è caratteristica, e assolutamente impeccabile, che dà ulteriore prova della sua bravura ed esperienza. Come sosteneva Thomas Mann: il vero poeta è colui che sa esprimere dolore in un momento di gioia e gioia in un momento di dolore. Nonostante l’atteggiamento flemmatico la professionalità dell’attore si percepisce forte e il pubblico applaude lungamente, ammirato. Per far cadere le maschere non è sufficiente però solo un’analisi razionale, a viva voce della loro ipocrisia, è necessaria una dura e ferma presa di posizione.
La ragione non basta, bisogna imporsi. E il buono che diventa cattivo, si sa, fa paura. Vanessa Gravina è un’elegante e misurata Agata, la cui presenza sul palco è un po’ defilata rispetto al messaggio che probabilmente a Cavani interessa fare interpretare a Gleijeses. Nello spettacolo di Cavani in realtà non ci sono vere vittime e veri carnefici. I personaggi non sono contrassegnati dall’etichetta di buoni e cattivi. Si tratta piuttosto di uno spaccato di società reale, sfumata, ipocrita e ragionevolmente consapevole dei propri limiti; senza sensi di colpa e con estrema e “spaventosa” naturalezza.
Per informazioni:
https://www.teatrofrancoparenti.it/