Pierangelo Bertoli: Certi momenti

In questa puntata della rubrica "La forza delle parole in musica" andiamo a scoprire insieme la critica al bigottismo religioso dell'immenso cantautore di Sassuolo.

0
8408
Pierangelo Bertoli

Pierangelo Bertoli, cantastorie nostrano

Pierangelo Bertoli è stato uno dei nostri più rinomati cantautori, anche se lui stesso amava più considerarsi un cantastorie. Degno erede di una tradizione che parte addirittura dalla lirica trobadorica e dei Trovieri nel Medioevo, l’artista di Sassuolo ha raccontato storie ricche di pathos e umanità. Sono storie ancorate spesso alla sua terra, l’Emilia, e sempre votate a un forte impegno civile. Le parole di Bertoli, per nulla ermetiche ma non per questo banali, mostrano grande attenzione verso le vittime del sistema vetusto e bigotto al potere in Italia da troppo tempo. 

Brani come Giulio e A muso duro riflettono appieno l’anima libera e votata al senso di giustizia che aveva Bertoli. La sua presenza sulle scene italiane è stata anche di grande importanza per dare dignità a una categoria così poco presa in considerazione come i portatori di handicap. Malato di poliomelite sin dall’infanzia, il doversi muovere ed esibire in sedia a rotelle non lo ha mai fermato, dimostrando grande forza d’animo e dando voce a tutte le persone nella medesima situazione.

In questa puntata della nostra rubrica vogliamo dare spazio a un brano tra i più celebri di Pierangelo Bertoli, ovvero Certi momenti. La tematica risulta chiara sin dai primi versi, si parla di aborto e del modo in cui la Chiesa Cattolica lo ha da sempre osteggiato. L’accompagnamento strumentale, di matrice rigorosamente popolare come in tutta la produzione del cantautore emiliano, introduce la spinosa tematica con un bell’inciso di armonica a bocca di estrazione blues. La voce di Bertoli, baritonale e rassicurante come quella di un vecchio zio, non le manda a dire ma arriva decisa sull’argomento.

Anna e Bertoli scavalcano le montagne

«Anna che hai scavalcato le montagne 

E hai preso a pugni le tue tradizioni 

Lo so che non è facile il tuo giorno 

Ma il tuo sentiero è fatto di ragioni

I padri han biasimato la tua azione 

La chiesa ti ha bollato d’eresia 

Il cambiamento impone la reazione 

E adesso sei il nemico e così sia.»

La protagonista della canzone è una certa Anna, colpevole, agli occhi dei benpensanti, di aver amato un uomo senza averlo sposato e di essere rimasta incinta. Le tradizioni alle quali allude Bertoli sono proprio quelle che pretendono che a un concepimento sia già presente, o sopraggiunga a breve, un legame coniugale sancito di fronte a Dio. Non solo Anna ha violato tale tradizione ma ha anche osato mettersi contro la chiesa, rifuggendo il matrimonio religioso allora ancora imperante sul più laico rito civile. Ogni cambiamento è inevitabilmente seguito da ostracismo, come Bertoli ci ricorda nel penultimo verso, e ora la povera Anna è additata a vita come la “svergognata” che non è stata capace di rifiutare un uomo verso il quale nutriva più che lecita attrazione carnale.

Il nascondiglio del cervello pigro

«Credo che in certi momenti il cervello non sa più pensare 

E corre in rifugi da pazzi e non vuole tornare

Poi cado coi piedi per terra e scoppiano folgore e tuono 

Non credo alla vita pacifica non credo al perdono.»

Il ritornello ha poco bisogno di spiegazioni. Bertoli mette in evidenza, senza nascondere un palese e giustificato disprezzo, le mancanze intellettive dei costumi della propria epoca, soprattutto quelli religiosi. L’intero ritornello è un dichiarato attacco alla fede cristiana, ovviamente quando vissuta in maniera passiva e priva di paziente e razionale presa di coscienza. Quando il cervello smette di pensare, dice Bertoli, non ha altra soluzione se non quella di rintanarsi in rifugi fantasiosi e rassicuratosi. Tutto ciò è ovviamente da folli poiché, sempre secondo le parole del cantante, la labile promessa di un paradiso e di una divina provvidenza ci porta spesso e volentieri a dimenticare di comportarsi in modo umano. Anna non è una peccatrice agli occhi di Bertoli, ma solo una ragazza che si è innocentemente concessa a un uomo che, a quanto pare, non ha saputo poi assumersi le proprie responsabilità.

La medicina è come la Legge: uguale per tutti

«Adesso quando i medici di turno rifiuteranno di esserti d’aiuto 

Perché venne un polacco ad insegnargli 

Che è più cristiano imporsi col rifiuto 

Pretenderanno che tu torni indietro

E ti costringeranno a partorire 

Per poi chiamarlo figlio della colpa 

E tu una Maddalena da pentire.»

Questa è la strofa più dura di tutta la canzone. L’attacco agli obiettori di coscienza nella sanità italiana è lampante e condivisibile. I medici non dovrebbero guardare a Anna come una donna fallace bensì averne cura come ogni paziente. L’allusione a Papa Wojtyla, allora nel pieno del suo lungo Pontificato, tradisce ancora una volta l’insofferenza di Bertoli per l’istituzione cattolica, soprattutto quando si arroga il diritto di selezionare i pellegrini da aiutare. I timorati di Dio in camice bianco pretendono addirittura che Anna non abortisca, non per amore della vita ma per poter ancora esporre la giovane alla gogna popolare. 

Non solo Anna è stata sedotta e abbandonata, lasciata sola da tutti, famiglia compresa, ma le si impone di crescere un figlio in condizioni precarie solo per poter trattare lei da Maddalena e il bambino come “figlio della colpa”. Bertoli non prende posizione limpida nei confronti dell’aborto, si limita a sottolineare le risibili motivazioni che spingono i benpensanti a non aiutare questa povera donna bensì a giudicarla. Il libero arbitrio è diritto fondamentale dell’individuo, in qualunque situazione ci si trovi, e nessuno ha diritto di prendere decisioni per terzi senza autorizzazione, benché meno di esporre giudizio se non richiesto.

Bertoli offre nuova dignità alla giovane Anna

«Volevo dedicarti quattro righe 

per quanto può valere una canzone

Credo che tu abbia fatto qualche cosa 

anche se questa è solo un’opinione 

Che lascerà il tuo segno nella vita 

e i poveri bigotti reazionari 

Dovranno fare senza peccatrici 

saranno senza scopi umanitari.»

Bertoli si rivolge direttamente alla protagonista della canzone, riconoscendole di aver fatto qualcosa di forte scegliendo l’aborto. Per una volta qualcuno si è ribellato al sistema religioso imperante. Questa volta i “bigotti reazionari” rimarranno a bocca asciutta, non potendo puntare il dito contro l’ennesima vittima del bigottismo.

Perché ci manca un certo tipo di canzone?

La tematica è tosta, ancora oggi un testo del genere crea inevitabilmente divisioni ideologiche, ma è proprio questo a farci rimpiangere un certo tipo di canzone. Ogni artista è figlio del proprio tempo e ne è lo specchio fedele. Certamente Pierangelo Bertoli si esprimeva in tal maniera rispondendo alla realtà in cui viveva, indubbiamente molto più arretrata di quella odierna. Ma se tale tesi è veritiera, come giudicare un’epoca dove la musica lancia solo messaggi frivoli? Vale la pena perseguire la pigrizia mentale tramite l’ascolto disinteressato della musica “inutile” maggiormente passata sul web ai giorni nostri? Non sarebbe il caso di riscoprire la nostra essenza naturale interessandoci di argomenti dove siamo chiamati a schierarci? Autori di valore sono ancora presenti per fortuna, si vedano per esempio Max Gazzè, Daniele Silvestri e Brunori Sas. Perché non lasciare a questi maggior spazio nell’immenso oceano liquido in cui si è sciolta la nostra espressione musicale?

La musica non è un mero mezzo di consumo di massa ma un grande prodotto espressivo che può smuovere le coscienze e portare a riflettere. Questo indipendentemente dal tipo di pensiero che tali riflessioni portino poi a sostenere. Sarebbe già tanto che si perdesse del tempo a porsi delle domande, non esageriamo con il pretendere una certa proprietà di ragionamento. Recenti dati statistici mostrano come circa il 70% degli italiani sappia leggere ma senza capire ciò che legge, evitiamo di entrare nel merito della percentuale di diplomati e laureati perché ci sarebbe da piangere se paragonati alla media europea. Questi sono dati disarmanti ma spiegano appieno il perché non sia presente oggi un certo tipo di canzone. D’altronde non si può dire che sul versante istruzione e cultura si sia investito a dovere nella nostra penisola. Va bene voler fare la voce grossa in sede europea, ma bisogna prima essere nella condizione culturale e morale per poterlo fare.

Nella speranza che arrivino tempi migliori, non ci resta che godere dei sublimi messaggi che ci ha lasciato Pierangelo Bertoli prima di andarsene, così come tantissimi suoi colleghi appartenenti a una stirpe ormai in estinzione.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here