Che fine ha fatto Loic Nottet?
Sillygomania: si potrebbe leggere “mania dello sciocco”. Un titolo bizzarro, ma perfettamente affine per chi conosce e si ricorda di chi l’ha rilasciato. Quando si è esibito all’Eurovision Song Contest, nel 2015, era difficile capire cosa pensare di Loïc Nottet. Il giovanotto belga, eventualmente sconfitto dal concorrente svedese Måns Zelmerlöw rimane tutt’oggi uno dei concorrenti favoriti dal suo paese.
Vero è che la sua performance, con l’elegante singolo pop Rhythm Inside, presenta un contegno e una natura moderata inaspettata per una performance come l’Eurovision, che sovente premia l’eccesso e la stravaganza in tandem col talento nella musica. Oppure il minimalismo pop chiaramente influenzato da Lorde (forte è l’impronta di Royals, con le sue percussioni a schiocchi e il testo ricolmo di spirito ribelle) risultava già vecchio e troppo convenzionale per lo stesso pubblico europeo che quattro anni dopo avrebbe accolto freddamente una comparsata di Madonna, applaudendo con calore pochi minuti dopo un gruppo di stravaganti e luccicanti star locali.
Il vero crimine, in questo senso, è il successo ridotto riscontrato dal suo album di debutto Selfocracy. Un album pop possente, maturo senza essere pretenzioso, dalla massiccia carica emotiva, con al centro una delle voci maschili più particolari e versatili del campo pop. Un album ignorato, apparentemente insufficiente per attribuire a Loïc Nottet il marchio guadagnato di star. Nonché un album che si consiglia di riscoprire ora che ne è uscito il seguito, dall’astruso titolo di Sillygomania, ma dalla musica nient’affatto sciocca.
Sillygomania: recensione dell’album
Sillygomania si colloca in una posizione difficile per un secondo album. Si tratta di capire in che modo distanziarsi dall’album precedente senza alienare i fan. Trasmettere l’eredità del proprio debutto esserne una copia carbone. E nel mezzo di tutto questo, semplicemente, rimanere buona musica. Se Loïc Nottet riesce a scongiurare il secondo rischio, mantenendo fondamentalmente intatta la linea sonora di Selfocracy, si vedono qua e là degli accenni di caduta nel primo.
TWYM, un esperimento disco – l’ennesimo, quest’anno – può portare il sorriso con le sue liriche che invitano a sorridere e festeggiare, ma si rivela poco convincente con la performance fredda di Nottet, il ritornello banale e la generale mancanza di coerenza con il resto dell’album. Ma eccetto questa traccia, e la meno dissonante ma altrettanto bizzarra Heartbreaker, il resto dell’album si mantiene solenne come ci si aspettava, con risultati semplicemente floridi. Dopotutto Loïc Nottet conosce le proprie forze e le mette in mostra con la musica giusta.
I punti di forza di Loïc Nottet
La sua voce acuta, dal timbro quasi femminile, ha un’estensione invidiabile soprattutto per un cantante così giovane ed è immediatamente portata al massimo della sua espressione in On Fire, la seconda traccia, in cui il canto fischiato sale e si eleva come mai. Altrimenti c’è il sognante chamber pop di Farewell, che evoca atmosfere di notti innevate e aurore boreali anche se siamo in piena primavera. L’assaggio latino – dal sapore classico, senza influenze reggaeton, per veri appassionati – di Rosa Maria. Le atmosfere di trip hop inquietante alla Melanie Martinez di Doctor e Candy, con tanto di carillon inquietante sullo sfondo.
C’è persino una canzone – il singolo Mr/Mme – cantata nella sua lingua casalinga, il francese, ma godibile anche a chi non conosce la lingua, solo grazie alla forza performativa che la mantiene. Anche tracce semplici sulla carta, come la ballata in tre quarti Gun, mettono in mostra l’incredibile flessibilità canora di Nottet e la sua capacità di giocare come niente con le melodie, caricandole di una righteous rage che tutti i grandi dischi pop meritano. È semplicemente un talento puro, Loïc Nottet. Perché dunque non giungere a scoprirlo finché se ne ha la possibilità?