Little Fires Everywhere – Tra lotta di classe e razza

Reese Witherspoon e Kerry Washington interpretano due mamme divise da quasi tutto

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Locandina Little Fires Everywhere con Reese Witherspoon

La miniserie “Little Fires Everywhere” è ambientata negli anni ’90, anche se la sceneggiatura e la colonna sonora non aiutano a ricordarlo. “Little Fires” è messo in scena e montato a un ritmo calmo con una varietà di cover anni ’90 malinconiche, anche grazie alle interpretazioni di Reese Witherspoon e Kerry Washington.

Trama di Little Fires Everywhere

Basato sul romanzo best seller di Celeste Ng del 2017, “Little Fires Everywhere” è nato dalla società di produzione di Reese Witherspoon, Hello Sunshine. E come un altro progetto Hello Sunshine, “Big Little Lies“, evoca la tradizione di Hollywood di fare film per lo più realizzati da uomini che ha accolgono le star femminili e le situazioni domestiche avvolgendole in un melodramma.

Witherspoon interpreta Elena Richardson, madre di quattro figli e moglie di un avvocato nel sobborgo di Shaker Heights, Ohio. Lavora anche part-time per il giornale locale, dopo che i suoi sogni di una carriera in una grande città sono stati affondati dalla maternità e gestisce una proprietà familiare in affitto. E’ così che incontra Mia Warren (Kerry Washington), una fotografa d’arte, e l’adolescente di Mia. figlia, Pearl (Lexi Underwood).

L’orgoglio di Mia

Mia e Pearl sono costantemente in movimento, migrando nella loro macchina malandata di città in città, uno stile di vita che Mia attribuisce alla sua pratica artistica e che Pearl, equilibrata e precocemente intelligente, tollera. Quando affittano l’appartamento di Elena, scatta una scintilla, qualcosa nel bohémien senza compromessi di Mia e Pearl risuona con il desiderio sommerso di una vita diversa di Elena. E lei, Elena la benefattrice, offre impulsivamente a Mia un lavoro come “house manager” per la sua famiglia, il che davvero significa cucinare e pulire. È solo la prima cosa in “Little Fires” che, sebbene possa accadere ti fa guardare lo schermo e pensare “Davvero?“.

Mia, fieramente orgogliosa e cosmopolita, rifiuta. Ma quando Pearl fa amicizia con i bambini Richardson ed è estasiata dalla loro vita comoda e stabile a Shaker Heights, cambia idea, accettando il lavoro in modo da poter tenere d’occhio sua figlia. È un’impostazione improbabile: Mia non sembra una persona che entrerà in cucina e preparerà un gustoso polpettone con gli ingredienti a portata di mano. E le improbabilità si combinano in una sottotrama che diventa l’azione principale della storia: una cameriera cinese priva di documenti (Huang Lu) nel ristorante dove Mia lavora di notte, che sta cercando la bambina che ha lasciato fuori da una caserma dei pompieri mentre era affetta da depressione postpartum.

Le tematiche

Attorno a questi personaggi, “Little Fires” accumula un carico enorme di temi e idee. Riguarda lo stress della maternità e il conformismo suburbano, e vede entrambi attraverso il filtro della razza. Mia combatte contro la volontaria assimilazione di Pearl nel clan Richardson, che implica appropriazioni inconsapevoli delle sue esperienze e identità per gli scopi dei suoi nuovi amici: saggi universitari e procedure mediche potenzialmente vergognose.

Alla fine Elena riesce a usare le sue capacità di giornalista per indagare sul passato oscuro di Mia. E lo spettatore sa, dalla scena di apertura dello show, che qualcuno brucerà la McMansion vintage dei Richardson prima che la stagione sia finita.

È una storia impegnativa e ragionevolmente intrigante se si sorvola sui suoi colpi di scena meno convincenti. E beneficia dell’eccellente lavoro di Washington e Underwood: le scene tra Mia e Pearl, sia quelle tenere che quelle arrabbiate, sono i momenti salienti dello spettacolo.

Il pensiero “per bene”: il bianco deve restare bianco e puro

La vera rovina della serie è la raffigurazione di Elena come un’incosciente e rigida bianca, che resta scioccata quando il suo club del libro legge “The Vagina Monologues“, che tiene un gigantesco calendario familiare con codici colore, chiacchiera ipocritamente. È come se alla Witherspoon venisse chiesto di interpretare uno dei suoi ruoli comici da “Election” o “Legally Blonde”, ma con tutto l’umorismo esaurito, e gran parte della sua performance sembra rigida e innaturale.

Quella concezione di Elena si adatta a uno schema, un approccio che “Little Fires” condivide con moltissime serie attuali: invece di presentare i personaggi a tutto tondo e poi svilupparli, presenta i personaggi come termini in un’equazione morale e culturale e poi lentamente rivela il loro passato. Per lo spettatore, le sorprese sono nelle rivelazioni e non nelle scelte che i personaggi fanno. Invece di vedere i personaggi crescere e cambiare, li vediamo solo spostarsi, ma restare nello stesso tempo immobili.

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