Le censure più clamorose nella storia di Sanremo

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Censure
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“Signor Censore da chi ricevi le istruzioni per compilare gli elenchi dei cattivi e buoni”, cantava Edoardo Bennato. Di sicuro, il “Signor Censore” era un grande amico del Festival, quello pieno di pudore. Ecco, allora, i più clamorosi episodi di cantanti che sono stati “imbavagliati” sul palco dell’Ariston.

Le censure dei primi anni del Festival

Un Festival ancora giovane, che puntava ad essere ossequioso oltre misura, forse anche oltre i limiti dell’espressione artistica. La prima memorabile censura è quella del 1971, con uno dei singoli più amati e conosciuti dal grande pubblico dell’indimenticato Lucio Dalla: stiamo parlando di 4 marzo 1943. Il brano, scritto insieme a Paola Pallottino, narra di una ragazza madre che ha un figlio da un soldato rimasto ucciso in guerra. Il titolo, “Gesù bambino”, ritenuto irrispettoso, venne censurato e, successivamente cambiato nella data di nascita del cantautore. Nel Festival del 1980, invece, venne imposto al brianzolo Francesco Magni di cambiare il verso del brano Voglio l’erba voglio da “Chi si tira una pera solamente il dì di festa” in “Chi fa il gallo solamente il dì di festa”. Tuttavia, nella serata finale, per dimenticanza o per spirito di ribellione, Magni cantò il verso censurato andando in contro a pesanti critiche.

L’esordio flop di Vasco Rossi

Nel 1982, con il brano Vado al massimo, Vasco Rossi esordisce a Sanremo. Una parte del testo del brano fu censurata e modificata in quanto giudicata eccessivamente ed esplicitamente irrispettosa. Così, “Vado in Messico, voglio andare a vedere se come dice il droghiere, laggiù masticano tutti foglie intere”, venne modificato in “Laggiù vanno tutti a gonfie vele”. La canzone si classificò al quarto posto, come del resto tutte le canzoni che non salirono sul podio, così come prevedeva il regolamento di quell’edizione. Tuttavia, complice l’alquanto trasgressiva performance del cantante, si creò una vera e propria leggenda metropolitana che lo vedeva in ultima posizione. In realtà, ciò non corrispondeva al vero. Tuttavia, vero era che buona parte della critica non accolse di buon grado il testo che rappresentava un vero e proprio sberleffo al giornalismo italiano.

Le censure più recenti

Nella più recente edizione di Sanremo, precisamente quella del 1996 il comico napoletano Federico Salvatore si presentò con Sulla porta, un brano sull’omosessualità. Un tema troppo caldo per quell’epoca. E, così, il cantante venne caldamente invitato a cambiare il “Sono un diverso, mamma, un omosessuale” in “Sono un diverso, mamma, e questo ti fa male”. Sarebbe impossibile non trovare Loredana Berté tra le censure del Festival. E, infatti, nell’edizione del 1997, il brano Luna, apice di un momento personale difficilissimo per la cantante, coinciso con la morte della sorella Mia Martini, subì una pesante censura. Si tratta del “vaffa” rivolto in apertura al noto satellite terrestre, troppo scandaloso e per questo trasformato nel verso “Occhiali neri, Luna”.

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