Presentato al Festival di Berlino durante questi giorni e distribuito dalla casa Palomar, “La paranza dei bambini” ha conquistato fin da subito il suo pubblico.
Per la regia di Claudio Giovannesi (già regista di due episodi della serie Gomorra) è tutt’ora in concorso per l’Orso d’oro, accolto dalla stampa con un lungo applauso.
Per la fotografia di Daniele Ciprì (direttore fotografico de Il primo re), il film è stato tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano, di cui però si possono riscontrare principalmente solo i personaggi e la presenza di alcune scene e avvenimenti.
Quella di Giovannesi è quindi una storia ricostruita, una doppia visione della stessa medaglia che è quella della criminalità organizzata che si vive tra i quartieri di Napoli e che fa suoi anche i più piccini.
Il cast è giovane, costruito attraverso una lunga ricerca tra circa 4000 ragazzi in tutta la Campania per trovare quei nove che più si avvicinassero ai tratti descritti dal libro. Ragazzi che vivevano la loro normale vita tra scuola e lavoro senza la minima intenzione di lavorare nel cinema.
E l’obiettivo pare essere riuscito.
Troviamo quindi un cast composto sia da facce nuove di adolescenti napoletani, sia da personaggi più noti come Aniello Arena, che dopo un passato nella Camorra di Barra (quartiere nella periferia di Napoli) e la conquista del regime di semilibertà dal carcere di Volterra, ha partecipato al film Dogman di Matteo Garrone; e Renato Carpentieri già interprete di un grande boss nella seria TV Solo.
E’ un film veloce, accattivante, che non ti lascia il tempo di respirare perché va vissuto subito. E’ un film che trasmette la vita rocambolesca che vivono quei ragazzi, introducendoci non più nel mondo della “mafia dei grandi” ma di quella dei ragazzini, di gruppi di adolescenti che sognano di diventare grandi ma che non sempre riescono ad arrivarci.
Perché la Paranza dei bambini è questo:
un gruppo di ragazzi di 15\16 anni che vivono nel rione Sanità di Napoli e che sono attratti dai soldi e dal potere, facendosi così largo tra i gruppi della criminalità organizzata della città.
Nessuno è esente da questo giro, nessuno è escluso o scusato. Tutti ne fanno parte, e tutti ne devono pagare il prezzo.
“Questo è un film sull’adolescenza e in secondo luogo sul crimine. – ha affermato il regista. – Il film si muove sul binomio gioco e guerra: c’è un senso di purezza e di innocenza in quel gioco che diventa però una guerra e una scelta da cui non puoi più tornare indietro.”
Quello che dunque fa Saviano con il libro e che ripropone Giovannesi con il film, è un grido di denuncia contro ciò che realmente accade sotto gli occhi di una città e di un popolo intero ogni giorno.
Durante le interviste a Berlino Saviano commenta: “La storia è ispirata a fatti veri, perché ci sono per la prima volta oggi ragazzini che arrivano alla testa di gruppi criminali. – ha detto – Vuol dire maneggiare migliaia di euro anche se sai che andrai a morire. […] Ragazzi che muoio a 12-13 anni, che a 20 pensano di aver vissuto una vita piena, perché hanno scelto il crimine”.