Sogno di una notte di mezza estate
“Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare è “pop” o è solo per intellettuali impegnati? Il Bardo nasce pop, ovvero per il popolo e pure per un pubblico giovane. Poi concordiamo che l’obiettivo delle compagnie teatrali, nel rinascimento e non solo, fosse quello di essere assunti a corte. Avere quindi un posto fisso, come per tutti del resto. E’ proprio con questo spirito pop, e pure rock, che al teatro Manzoni di Milano, fino al 17 marzo, va di scena un classico de “l’intramontabile”.
Sul palco Stefano Fresi, Violante Placido, Paolo Ruffini, Augusto Fornari, solo per citare i nomi più noti, alla prova con uno spettacolo che si ritiene (purtroppo) per palati raffinati. Si aggiungono: Maurizio Lops, Rosario Petix, Dario Tacconelli, Zep Ragone, Sara Baccarini. E ancora: Alessandra Ferrara, Antonio Gargiulo, Tiziano Scrocca, Daniele Coscarella, Maria Vittoria Argenti. La rappresentazione si avvale della regia di Massimiliano Bruno. Le scene e i costumi sono di Carlo De Marino, le musiche di Roberto Procaccini. Il light designer è di Marco Palmieri, mentre le coreografie di Annalisa Aglioti. La produzione esecutiva è di Fabrizio Iorio. Lo spettacolo è prodotto da Corte arcana isola trovata.
Lo spettacolo
“Se noi ombre vi abbiamo irritato non prendetela a male, ma pensate di aver dormito , e che questa sia una visione della fantasia .. noi altro non v’offrimmo che un sogno”. Shakespeare conclude così la commedia.
In Sogno di una notte di mezza estate, scritto dal Bardo nel 1595, la dimensione reale e la dimensione onirica si confondono, interscambiandosi. Vengono descritte trame amorose complesse e mutevoli, con l’intervento degli spiriti del bosco. La commedia narra infatti la vicenda di umani e fate, è il comun denominatore è la “farsa” amorosa.
Sinossi
Teseo duca di Atene sta organizzando il suo matrimonio con Ippolita (Violante Placido). Ai festeggiamenti delle nozze che prevedono una lunga festa, partecipano Egeo e la figlia Ermia e i due giovani Lisandro e Demetrio. Ermia contro la volontà del padre, che la vorrebbe sposa di Demetrio, si innamora di Lisandro. La minaccia di Egeo arriva immediata: se Ermia non sposerà Demetrio, la giovane sarà mandata in convento o uccisa dal padre. Ermia e Lisandro decidono quindi di scappare e confidano il loro piano ad Elena che innamorata di Demetrio gli svela il segreto. La speranza di Elena è di riconquistare il suo amore perduto. Un tempo i due giovani erano infatti fidanzati. Demetrio ancora invaghito di Ermia segue però i due “fuggitivi” nel bosco, raggiunto da Elena ormai disperata e delusa.
Il bosco, nella rivisitazione di Bruno, diventa una foresta un po’ psichedelica, e un po’ dark. E’ abitato da personaggi magici come Oberon e Titania (sempre bravissima e bellissima, in versione dark lady, dalle lunghe gambe, candite e mozzafiato, Violante Placido) che sono re e regina delle fate. Oberon (Augusto Fornari, in insolita versione cripto/gay) e Titania litigano. Per vendetta il re delle fate chiede al folletto Puck (incisivo, pungente e ironico Paolo Ruffini ) di utilizzare il succo di un fiore magico. La pozione magica applicata sulle palpebre di chi dorme, fa innamorare della prima persona che si vedrà al risveglio. Oberon vuole applicare la pozione a Titania ma pure a Demetrio, visto che è infastidito dall’atteggiamento scortese del giovane nei confronti di Elena.
Puck però sbaglia l’applicazione del filtro magico, e confonde Demetrio con Lisandro. Lisandro si innamora perdutamente di Elena, la prima persona che vede al suo risveglio. A questo punto tutto si complica. Puck cerca di porre rimedio ma pure Demetrio si innamora di Elena. Si creano così scompigli e litigi nella foresta. Titania che si era addormentata sotto l’incantesimo si sveglia e “perde la testa” per Bottom (esilarante e “leggiadro” Stefano Fresi). Bottom è uno dei comici che nella foresta stanno provando uno spettacolo in onore delle nozze di Teseo e Ippolita. Il dispettoso Puck aveva però trasformato la testa di Bottom in quella di un asino e Titania proprio dell’asino si innamora, suscitando l’ilarità di Oberon.
Dal Bardo il lieto fine è comunque assicurato. Titania e Oberon raggiungono un compromesso, Lisandro si innamora nuovamente di Ermia, e Demetrio di Elena. I protagonisti si sposano in un’unica cerimonia. Bottom recupera il suo aspetto umano e lo spettacolo viene terminato e presentato durante la cerimonia. Sul palco rimane Puck, il dispettoso folletto, che si scusa con gli spettatori e spiega che si è trattato di un sogno innocente.
Conclusioni
La trama del “sogno” del Bardo è molto articolata e se nel 1600 faceva divertire, oggi risulterebbe di non semplice comprensione vista la complessità della sinossi.
L’obiettivo di questa rappresentazione è di rendere l’opera divertente. Lo spettacolo che si può definire comunque corale si avvale pure di una presentazione fuori scena di Paolo Ruffini che spiega come Shakespeare sia sempre stata “un’urgenza”. “Fra tre secoli i nostri selfie non ci saranno più, molto non passerà alla storia, ma Shakespeare ci sarà ancora”: spiega, fiero, Ruffini. Certo è che rappresentare l’opera del Bardo, restando fedeli al testo originale e far divertire non è impresa facile. Agli attori, guidati da Puck/ Ruffini, va il merito di essere perfettamente all’altezza del compito, che è anche educativo. Il tema centrale resta quello della magia dell’amore e facendo un parallelismo con la nostra società liquida (Bauman) alla matura età di 50 anni, giochiamo molto più oggi con i sentimenti dei giovinetti di Shakespeare. Il Bardo racconta di adolescenti che si amano, si lasciano, si rincorrono e si amano nuovamente.
Spiega Bruno: “L’intenzione è essere affettivi senza essere affettuosi, ferire per suscitare una reazione, divertire per far riflettere, vivere nella verità del sogno tralasciando la ragione asettica e conformista. Un “Sogno di una notte di mezza estate” che diventa apolide e senza linguaggio codificato, semplici immagini che sono meravigliose memorie senza mai essere ricordi”.
L’obiettivo è raggiunto dal regista che avvalendosi del talento dei suoi attori riesce, a fare uscire la parte più onirica, individualista e grottesca dei protagonisti. Shakespeare è riportato alla sua versione originale pop e diverte.
Nota di merito va a Ruffini, che sottolinea come quello dell’attore sia un mestiere difficile, complesso e precario, e che quindi va apprezzato. Aggiungo, che è un mestiere che va sostenuto per l’importante funzione che ricopre. A Shakespeare auguriamo l’immortalità.
Per informazioni: www.teatromanzoni.it