Il mio profilo migliore
Il mio profilo migliore. “La Binoche” è sempre una garanzia di qualità. L’impressione è questa, dopo aver visto uno degli ultimi film del premio Oscar Juliette Binoche: Il mio profilo migliore.
Il film si avvale della regia di Safy Nebbou che ha anche scritto la sceneggiatura con Julie Peyr. Il lungo è stato presentato alla 69 edizione del festival del Cinema di Berlino. È interpretato oltre che da una splendida e intensa Binoche, in versione cinquantenne in crisi d’identità, anche da Nicole Garcia, nel ruolo della sua psicologa e dal giovane e “con tutta la vita davanti” Francois Civil. Il mio profilo migliore, al cinema dal 17 ottobre, è distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm collection. Il film è tratto dal romanzo di Camille Laurens: Celle che vous croyez (Quella che vi pare, 2017), titolo originale della versione francese.
Il mio profilo migliore: sinossi
Il mio profilo migliore è quello che si può definire un classico film francese, insomma, di quelli introspettivi e che analizzano gli aspetti più intimi della personalità. Nel lungo, Binoche è Claire, una splendida cinquantenne, senza trucco o vestiti provocanti, che in crisi esistenziale, si spaccia per una ventenne in un profilo social. La donna si è infatti invaghita di un giovane fotografo, che contatta virtualmente per approfondire la conoscenza. Claire diventa quindi Clara una ragazza di 24 anni, bionda, intelligente, piena di vita, bella e soprattutto molto giovane.
Clara non è frutto di una scelta casuale, è un vero e proprio fantasma della vita di Claire, ma questa parte la lasciamo allo spettatore. Claire è una madre divorziata, con due figli e insegna letteratura in Università. È una donna colta è attraente, ma il divorzio e soprattutto la causa del divorzio, l’hanno messa in profonda crisi d’identità. Fatto sta che spinta da un’attrazione fortissima, e forse anche dalla necessità di sentirsi nuovamente viva, Claire avrà un rapporto d’amore virtuale con il giovane fotografo, per cui perde letteralmente la testa. Altra protagonista del film è poi Nicole Garcia, algida e professionale psicologa a cui Claire confessa quest’amore virtuale. La domanda chiave della psicologa sarà questa: ”Claire, cosa le ha provocato tanta sofferenza?”.
Recensione
Il film ruota attorno al concetto di identità reale e virtuale. La protagonista non può evitare la nascita di un sentimento per un uomo molto più giovane di lei e per conquistarlo si appropria di un’altra identità che fa nascere anche nel giovane un sentimento passionale. I protagonisti senza mai incontrarsi si toccano l’anima e il corpo. La menzogna è però troppo grave per essere rivelata. Avrebbe conseguenze catastrofiche, cosa che accade, quando si vanno a toccare corde tanto profonde e vere. Corde che superano i nostri tabù legati alla relazione tra età e amore.
La critica che sento di fare al film di Safy Nebbou è quella di cadere troppo nello stereotipo dell’età, o meglio della convenzione culturale dell’età anagrafica come ciò che definisce una persona in una concezione lineare del tempo. Claire è costretta a rifugiarsi nella menzogna, perché non accetta il tempo che passa o forse perché non sarebbe accettato da chi vorrebbe essere amata.
Lo stesso regista afferma che il film è un po’ autobiografico. Si tratta di una situazione che ha vissuto, ovvero quello di nutrire un sentimento per una donna con cui comunicava virtualmente, e che si era presentata con un’identità che non era la sua. L’empatia può andare al di là della menzogna? Quanto di noi c’è in come ci presentiamo, perché come appariamo non è culturalmente accettato? Claire è Clara, quindi una menzogna, nel momento in cui sviscera se stessa con il suo giovane amante virtuale? Cos’è l’identità?
Conclusioni
Qual è la realtà e la finzione? Di chi ci innamoriamo? Di un’immagine o di un modo di essere che comunque anche il virtuale non può nascondere? Di quei tanti dettagli che fanno di noi quello che siamo a prescindere dal nostro ruolo sociale o dalle rughe? Le affinità elettive, per citare il grande Goethe trascendono dall’età anagrafica, e forse anche dalla menzogna provocata dall’insicurezza. L’empatia tra due persone nasce perché ritroviamo in chi amiamo quello che più o meno consapevolmente stiamo cercando. Vero è, come afferma il regista, citando Antonioni: “L’amore è vivere nell’ immaginazione dell’altro”. Si tratta di un’analisi pirandelliana: l’imprescindibile gioco delle maschere, come l’impossibilità di capirsi fino in fondo, anche se l’empatia forse non è da sottovalutare.
L’errore della protagonista è quello di non aver il coraggio di uscire allo scoperto. Quindi parte già sconfitta, anche se nella seconda parte del film dove la narrazione diventa finzione, Claire immagina come le cose sarebbero potute andare se fosse stata semplicemente Claire. Il regista non esclude infatti la nascita di una relazione vera, anche se forse nata da quello che accomuna le due identità della donna: la voce. La conclusione però non cambia.
Il virtuale ci libera dalla zavorra dei complessi culturali? L’analisi è complessa. Siamo quello che appariamo o siamo quello che vorremmo essere? Anche Rostand affronta l’argomento in Cyrano, e di fatto è dell’anima di Cyrano che si innamorerà Rossana.
La lezione è imparare ad uscire allo scoperto. Conoscersi e aggiungerei ripetere a se stessi il vecchio detto di sana saggezza popolare: “Se sono rose fioriranno”.
Film da vedere per l’ intensa interpretazione di Binoche e per riflettere su relazioni che potrebbero diventare troppo pericolose.