Il 5 giugno i I Am Korny hanno pubblicato la loro ultima fatica: “Sleep Ain’t Paying My Dues”.
Il concept è molto intrigante e riflessivo. Una partita col demonio, in palio la tua anima.
L’incrocio è dove, prima o poi, ogni musicista finirà per finire.
In questo percorso sotto il sole cocente, troverete nel mezzo ad intralciarvi il percorso un albero deforme, sotto di esso il diavolo, che sorride maliziosamente ed è pronto a giocare d’azzardo per avere la tua anima. I dadi sono pronti, non commettere errori.
Qui, nel bel mezzo del nulla dimenticato da ogni qualsivoglia divinità, dove metà del mondo della musica ha venduto il proprio destino per una piccola briciola di talento, è anche il luogo in cui I Am Korny ha trovato se stesso.
Con un cappello in testa, una chitarra sulla schiena e stivali impolverati, rimase lì a guardare verso ovest. Dietro di lui la sicurezza, la routine quotidiana, una vita ben ordinata. Davanti a lui la strada aperta e l’incertezza. La libertà. I Am Korny, afferma: “La musica ha bisogno del dramma“.
I Am Korny è un progetto unico rispetto ai suoi colleghi musicisti tedeschi. Visivamente, musicalmente e liricamente molto più a suo agio nel cuore dell’America che in qualsiasi altro luogo – in queste terre di confine tra Nord e Sud, tra Blue e Dixie – queste canzoni sono allegre morbose e agrodolci sulla vita di strada.
“Sto girando parecchio per suonare il più possibile” -dice- “Questo è ciò che ha plasmato le mie canzoni: essere costantemente in viaggio, sperimentare quella rara libertà. E la sensazione straziante di perdere tutto a casa “. Sei di queste canzoni fanno parte del suo debutto “Sleep Ain’t Paying My Dues “.
In quelli, diventa pienamente quel vagabondo errante di suoni cupi, fatalmente infettato dalla vastità americana, da quella smania infinita, da quella sete di libertà e avventura. Tutto è iniziato nel 2013, su una veranda da qualche parte a Cincinnati, con la sua chitarra in grembo, guardando il possente fiume Ohio. “All’epoca avevo già rinunciato alla musica“, afferma. Ma la musica non l’aveva ancora abbandonato.
Per molti versi, I Am Korny è la controparte musicale di “On the Road” di Jack Kerouac, un giovane cantante/cantautore che ha negoziato la sua anima per il dono dell’abilità musicale. Un’anima inquieta tra gli irrequieti, mai guidati, sempre nervosi.
Il suo nuovo EP “Sleep Ain’t Paying My Dues” parla di un affare molto sorprendente. Guidato dalle tragiche icone di Americana, dagli arroganti del Southern Garage Rock e da una narrazione musicale direttamente dalle venerate pagine del Great American Song Book, I Am Korny sta dipingendo la sua personale immagine di un pellegrinaggio musicale nel cuore di desiderio. Malinconico, elegiaco, un po ‘grintoso. Ma sempre autentico. Sempre con il cuore in mano.
I fantasmi e i sognatori, gli eroi e i cattivi, i coraggiosi e i disperati trovano tutti la loro casa nelle sue canzoni. La sua è la musica di un fuorilegge che percepisce la sua alterità non come un peso ma una corona.
Pertanto, ogni anticonformista fin dall’alba del rock sta camminando al suo fianco. Proprio come Nick Cave, come i Black Keys o l’Alberta Cross, I Am Korny sta distillando il sogno americano e l’incubo americano, le promesse dell’Occidente e il mito di quella terra infinita in ballate assassine sul ventre dell’amore. blues di “Colorado” ha l’inclinazione di una notte piena di alcol in un salone delle Montagne Rocciose, “Vampire” inebria con un valzer pigro e un pastiche gotico del sud, l’inno rock distorto “Sleep Ain’t Paying My Dues” si adatta perfettamente al suo atteggiamento vagabondo che non possono permettersi di andare a dormire. “House of Cards” svela il suo tumulto emotivo con l’inventario rotto di un doloroso fallimento, “Seashelled Heart” è il fantasma di una canzone d’amore e “Run Rabbit Run” porta l’essenza stessa dell’artista: da quel momento in poi, mai guardando indietro. Anche dopo aver realizzato che non puoi correre più veloce di te stesso.
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