Hellraiser: la recensione

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Hellraiser è un reboot dell’iconico film del 1987 di Clive Barker. È subito doveroso mettere in chiaro le cose. Chi sta scrivendo è un amante sfegatato dei primi tre film della saga. Solo i primi tre meritano effettivamente lo status di cult, perché tutto quello uscito dopo il terzo capitolo si può considerare, se non proprio spazzatura, quantomeno ignorabile. Ecco perché all’annuncio di questo reboot, le preoccupazioni erano molteplici. Rilanciare un cult come Hellraiser è sempre una mossa azzardata. Tuttavia, munendosi di una buona dose di positività, si è scelto di dare un occasione a questo nuovo inizio. É stata la scelta giusta? In buona parte si è rivelato una buona sorpresa, per diversi motivi. Il film di Bruckner è stato in grado di rilanciare la saga, pur non raggiungendo i livelli del primo capitolo.

Hellraiser: i cenobiti rinnovano il look

Iniziamo a parlare degli elementi che hanno portato il sottoscritto ad apprezzare questo nuovo inizio per Hellraiser. I demoni di Hellraiser, noti come cenobiti, sono tra le migliori creazioni horror del periodo contemporaneo. Demoni per alcuni, angeli per altri. Creature violente, che se ti prendono ti fanno provare un dolore inimmaginabile. Ispirati ad un panorama Sado-maso, sono delle icone horror, che trovano in Pinhead la figura cardine. Difficile trovare un modo di ringiovanire dei mostri così ben caratterizzati, nati dalla mente geniale e deviata di Clive Barker. Ma questo reboot ci riesce. I nuovi cenobiti mantengono un saldo contatto estetico con le versioni originali, ma subiscono delle piccole variazioni che risultano davvero ben riuscite. Una sorta di variazione sul tema, per dirlo in termini musicali, che mantiene le basi di partenza, ma riesce a diventare qualcosa di diverso. La cura applicata al design rinnovato è impeccabile. I cenobiti originali prendevano molti elementi dall’estetica bondage. Lo si vedeva in particolare negli abiti, in pelle nera attillata, tipici di quel genere erotico. Le nuove versioni, puntano maggiormente sulla carne e sulla muscolatura, resa più visibile. I colori puntano sulle tonalità del bianco carne e del rosso sangue. Le tute in latex nero sono sparite. E i cenobiti assumono la forma dei modelli anatomici usati in medicina.

Hellraiser: le configuarzioni

un altro punto forte del reboot di Hellraiser, è dato dall’approfondimento che viene concesso all’iconico cubo presente nella storica saga. Nei film d’origine il cubo rappresentava la nota configurazione del lamento. Una sorta di puzzle che una volta risolto apriva le porte alla dimensione dei cenobiti. Nel reboot si sviluppa la lore legata a questo iconico oggetto. Vengono aggiunte nuove configurazioni. Non vi è solo più quella del cubo del lamento. Sono sei. E ognuna di esse rappresenta un desiderio diverso. Una volta sacrificate le vittime necessarie, colui che otterrà l’ultima configurazione, il Leviatano, potrà chiedere uno dei desideri legati ad una delle sei configurazioni. Questo approfondimento ha reso il nuovo Hellraiser molto più interessante degli scadenti sequel successivi al terzo capitolo.

Hellraiser: bella atmosfera ,scelte visive azzeccate e buon cast

Un plauso va fatto anche all’atmosfera, ben riuscita fin dai primi minuti. Cupa e ombrosa, che ben si adegua al mood della protagonista e alla situazione che scaturirà. Anche visivamente ci sono delle belle trovate, legate in particolare alle scene che vedono l’apertura di porte verso l’altra dimensione, con dei gustosi giochi prospettici. Il cast è ottimo. La protagonista è un buon personaggio ed è ottimamente caratterizzato dalla giovane Odessa A’zion. Interessante anche la scelta di cambiar sesso all’iconico pinhead, non più interpretato da Doug Bradley. Si allinea un po’ con la tendenza all’inclusività degli ultimi anni, dando il ruolo alla nota attrice trangender Jamie Clayton, nota per essere una delle protagoniste di Sense8. Anche lei ha svolto un buon lavoro, e la sua versione di Pinhead riesce a farsi apprezzare.

Conclusioni

Il nuovo Hellraiser è un buon reboot, ma non è esente da critiche. Il nuovo design è molto bello e sa ringiovanire la saga. L’approfondimento della lore legata al cubo e al Leviatano, rendono la storia più interessante. L’atmosfera è ben costruita e il cast è particolarmente azzeccato. Ci sono delle belle scelte visive, che il regista si porta dietro dal suo precedente film The night house. Purtroppo ciò che manca al film è un po’ più di cattiveria visiva. Il primo Hellraiser presenta una scena di forte impatto, disgustosa ed iconica, che ti rimane impressa. Il corpo di Frank che si ricompone partendo dalle ossa. Il corpo spellato, che faceva provare allo spettatore dolore alla sola vista. Il nuovo Hellraiser è leggermente più edulcorato, e non presenta scene d’effetto come nel film di Barker del 1987. Ma nonostante questo appunto, la pellicola è decisamente godibile e si farà apprezzare dai vecchi fan, e riuscirà ad attirarne di nuovi.

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