Christopher Atkins divenne l’idolo delle teenagers dopo aver interpretato il ruolo di Richard in Laguna Blu, al fianco di Brooke Shields. Il film divenne un cult “generazionale” nel giro di poco e trasformò Atkins in un fenomeno mondiale.
Ho letto che, prima del provino per The Blue Lagoon, lei non aveva mai manifestato l’intenzione di fare l’attore.
“È vero. Il mio sogno era diventare un giocatore di baseball professionista, ma ho patito troppi interventi al ginocchio e la cosa ha avuto il suo peso. Durante l’estate insegnavo vela ai bambini piccoli di Rye (NY) e la madre di uno di questi bambini mi mandò in un’agenzia di modelli, che a sua volta mi dirottò alla Ford Models Agency, la quale mi procurò l’audizione per The Blue Lagoon. Ci sono andato pensando che sarebbe stato divertente e avrei potuto dire a tutti i miei amici che avevo fatto l’audizione per quel film. Mai, neanche in un milione di anni, avrei pensato di ottenere il ruolo principale. In effetti dissi loro che non potevo fare il film perché ero impegnato con il softball. In seguito ebbi una lunga conversazione con mia madre e il direttore del casting circa i miei dubbi sulla recitazione, ed entrambi mi dissero che, se mi avevano scelto, era perché pensavano che potessi farcela. Il resto è storia”.
Grazie a quel provino lei è diventato l’idolo delle teenagers. Era molto giovane all’epoca. Come si gestisce la fama quando arriva così improvvisa e si è così giovani?
“È stato piuttosto estenuante. Non sono solo occhiali da sole e autografi. La Columbia Pictures organizzò una tournée mondiale per promuovere il film e io viaggiai per oltre un anno. Feci interviste per riviste televisive e apparizioni in tv tutti i giorni, tutto il giorno. Non avrei mai pensato che quel film avrebbe fatto quel che ha fatto. In alcuni posti mi sembrava di essere uno dei Beatles. Mi strappavano i capelli e la camicia mentre le guardie di sicurezza cercavano di farmi salire su una limousine. Era incredibile e selvaggio. A volte è stato anche difficile per amici e parenti, perché ovunque andassi dovevo fermarmi a firmare autografi e a volte ci voleva molto tempo. Penso che a motivarmi siano stati la meravigliosa famiglia che ho, mia madre e il mio patrigno, e il modo in cui mi hanno cresciuto: premuroso verso gli altri anziché prigioniero di un enorme ego”.
Pensa che la fama raggiunta con The Blue Lagoon l’abbia in qualche modo imprigionata nel ruolo del ragazzo della porta accanto?
“Per certi versi. Non c’erano molte parti del genere all’epoca. La Columbia Pictures mi mise sotto contratto per 4 anni, in esclusiva. Abbiamo tutti pensato che il motivo fosse per un seguito, un The Blue Lagoon 2, ma il film non ha mai preso forma. La Fox del 20° secolo mi volle per fare The Pirate Movie e A night in heaven”.
Lei e Brooke Shields avete contribuito ad abbattere il tabù del nudo nei film. Come avete reagito quando avete saputo che c’erano scene di nudo integrale nella sceneggiatura? E come hanno reagito parenti e amici quando hanno visto il film?
“Quello era certamente un aspetto importante del film. Ed è molto interessante perché provengo da un ambiente conservatore, essendo cresciuto a New York. Penso che uno degli aspetti principali sia stato che la crew fosse composta da giovani australiani. All’epoca esistevano tante spiagge per nudisti in Australia e lì non avevano lo stigma che c’era negli Stati Uniti rispetto alla nudità. Per qualche ragione non mi ha infastidito così tanto e in realtà mi sono divertito durante le riprese, al punto che era difficile per me tenere addosso i vestiti. Preferirei stare su una spiaggia per nudisti piuttosto che su una normale ogni giorno. Stare su un’isola deserta per quattro mesi e mezzo, con una piccola manciata di meravigliosi australiani pazzi e divertenti, è diventato naturale come nel film. E fu piuttosto divertente quando mia madre guardò la pellicola ed esclamò: “Non lo vedevo da molto tempo”.
A proposito di tabù nel cinema, ce ne sono alcuni che ancora oggi resistono?
“Il business è in continua evoluzione. Negli anni ’80 il nudo femminile era normale nei film. C’erano quelle che chiamavano “scene di sesso gratuite”. Quando The Blue Lagoon uscì, le scene di nudo maschile presenti nel film divennero un grosso problema. Al giorno d’oggi non credo sia più così. I tabù cambiano continuamente. All’epoca The Blue Lagoon aveva una valutazione ‘X’, che poi è cambiata in ‘R’. Al giorno d’oggi è un film più ‘addomesticato’ e la gente si chiede come abbia mai ottenuto una ‘R’, ma rompere quel soffitto di vetro è ciò per cui il film è famoso”.
Al giorno d’oggi sono popolari, soprattutto tra i cosiddetti Young Adults, le storie erotiche come 50 Sfumature, con il sesso che cerca di distrarre il pubblico da una trama debole. Cosa ne pensa di questo nuovo orizzonte cinematografico?
“Se un film può stimolare l’immaginazione e suscitare emozioni a un certo livello, allora sta facendo il proprio dovere. Sta raggiungendo il pubblico. Sesso bollente, emozioni e corpi in movimento, bellezza cinematografica o commedie toccano l’esperienza umana. E l’amore e il sesso fanno parte di questa esperienza. È importante. Ci sono poi film (e io sono stato in alcuni di questi) che li guardi, ti gratti la testa e ti chiedi: “Come hanno fatto ad ottenere i finanziamenti?”. Immagino che a vendere certa roba siano le tette, come hai detto tu, dal momento che la trama non lo fa”.
Le storie d’amore vecchio stile come “I ponti di Madison County”, impostate su una buona trama e con personaggi ben costruiti, fanno ancora presa o il pubblico d’oggi è alla ricerca di qualcosa che sia più estremo?
“Io sono sempre alla ricerca di una meravigliosa storia romantica, e penso che una storia d’amore ben costruita possa far presa sul pubblico a lungo. A questo proposito sto acquistando una bellissima storia, che tratta di quel giovane amore estivo che tutti hanno avuto e ricordano con affetto. Io li chiamo “film di generazione”. Come The Blue Lagoon, che ha toccato un’intera generazione. Era come Romeo e Giulietta e la gente lo ricorderà negli anni a venire. I film possono raggiungerti e toccarti in molti modi diversi. Possono farti ridere o piangere, possono farti sentire bene o farti arrabbiare e possono metterti addosso la voglia di saltare”.
Anthony e Joe Russo si sono di recente schierati con lo streaming. Secondo loro la magia racchiusa nelle sale cinematografiche è retaggio del passato. La gente è proiettata verso il futuro e presto i cinema resteranno vuoti e desolati. È d’accordo con questa analisi?
“No. Subito dopo quest’intervista andrò dritto al cinema. Anch’io penso che il cinema si evolverà, ma credo ancora che uscire di casa per andare a vedere un film sia la cosa migliore”.
Diversi attori sono poi diventati registi di successo. Lei ha mai pensato di fare il regista? E se sì, che tipo di film le piacerebbe dirigere?
“Ho fatto quasi tutto in questo settore tranne che un film tutto mio. Attualmente sto lavorando a 4 quattro film e una serie tv. Si tratta di film commerciali e, per quanto mi riguarda, il miglior riconoscimento che potrei ottenere è che le persone vadano a vederli. Uno è una storia d’amore piena di azione e un altro è una commedia/storia d’amore che combina due dei più grandi sport del pianeta: il cricket e il baseball. Quest’ultimo film è ambientato in Australia, con pazzi australiani colorati e divertenti. Ho collaborato con Rezistor Films e la pellicola sta per uscire. Gli altri due sono un’avventura per bambini in stile “Goonies” e un thriller/horror di pura suspense”.
Ci sono attori e registi che stima particolarmente e con i quali le sarebbe piaciuto collaborare?
“Grandi attori come Pitt, Cruz, Clooney, Jen Anniston, Gweneth Paltrow, Walhberg, molti dei quali sono miei coetanei. Di registi, poi, ce ne sono così tanti in tutto il mondo, e ne spuntano di nuovi ogni anno, che è difficile stare al passo. Direi che sono stato già fortunato da incontrare gli attori, i registi e le troupe con cui ho lavorato”.
Le manca recitare?
“Amo recitare e lo faccio ancora, anche se in quest’ultimo periodo sono concentrato sul far decollare i miei progetti più che sulla recitazione”.