Cenerentola Amazon: una “girlboss” troppo perfetta

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Cenerentola di Amazon

La Cenerentola di Amazon, interpretata da Camila Cabello, vuole essere una ragazza moderna che si impegna per liberarsi dalla sua condizione di asservimento. Ma una protagonista poco carismatica e dalla voce ridotta sono l’ultimo dei problemi del film.

Cenerentola di Amazon: funziona?

Una Cenerentola moderna, che si attiva come donna d’affari desiderosa di mettersi in proprio anziché attendere passivamente che arrivi il principe a salvarla. Un modello per le bambine di oggi, ma anche per le donne. O almeno a parole: perché alla fin fine, la Cenerentola di Amazon Prime è un prodotto per adolescenti, dal creatore di Pitch Perfect. Si vede, e soprattutto si sente. Abbiamo a che fare con un regno pseudo-medievale in cui i personaggi hanno accenti americani o inglesi in maniera del tutto aleatoria, la valuta corrente è il dollaro, i suonatori della banda portano orecchini in stile hip-hop e per qualche motivo tutti i presenti considerano l’idea che una donna decida di dedicarsi alla sartoria – attività tradizionalmente femminile dalla notte dei tempi – qualcosa di scandaloso e progressista. 

Ella contro il patriarcato

Attorno a questo argomento gira tutto il dialogo, senza lasciare spazio per qualunque altra cosa. Cenerentola è un prodotto “Amazon” anche nell’atteggiamento: un prodotto impeccabile, che non si rompe, che non si allontana dalle sue convinzioni e non ha mai dubbi su cosa intenda fare. Persino la distruzione del vestito, momento di grande angoscia per le Cenerentole passate, viene accompagnata da una ripresa della power ballad Million To One. E se una Cenerentola sarta self-made per scappare dalla sua famiglia abusiva avrebbe potuto rappresentare da vicino molte persone – quanti giovani oggi si servono di piattaforme come Patreon e Ko-Fi per sbarcare il lunario con i loro talenti artigianali? Tra di loro certo non mancano i sarti – la natura abusiva della matrigna Vivian (solo lei poi, le sorellastre sono innocue) si concentra unicamente sul sessismo e non sembra privilegiare le figlie di sangue rispetto a quella acquisita. Alla fine l’unica differenza tra Cenerentola e le sorellastre è che quest’ultima vive in un sotterraneo e a volte serve da bere: dove trovi le stoffe per il suo lavoro non si sa. Almeno Idina Menzel canta bene. 

Tra ballate e originali

Ah, già: le canzoni. Dal punto di vista vocale, il cast si regge su talenti di tutto rispetto. La Menzel è una garanzia di per sé, ma anche Charlotte Spencer e Maddie Baillo, le sorellastre Narissa e Malvolia, sono attrici teatrali di talento e si sente quando fanno da contrappunto alla loro madre. Anche Nicholas Galiztine, il Principe Robert, sfodera un’ottima voce – non si può dire lo stesso per Camila Cabello, la cui sottile voce pop non regge le possenti melodie da musical che le vengono richieste, e la cui power ballad Million To One (ripetuta ad oltranza per tutto il film) non conquista nemmeno la prima volta. Sì, è ambiziosa e vuole farsi conoscere come sarta: lo sappiamo già e non impareremo altro di lei per tutto il film. Persino Billy Porter, interprete del “fato madrino” Fab G (palese gimmick per far parlare del film, come se già Rossini e gli antichi Egizi non avessero inserito figure maschili in tale ruolo), la supera in potenza vocale e carisma – e non è un cantante. Anche la regina Minnie Driver, che non canta quasi mai, offre di più – quanto al marito Pierce Brosnan, le cui carenze vocali in Mamma Mia! erano state oggetto di lazzi tra gli spettatori, almeno la prende con ironia. 

Il problema delle cover

Le canzoni originali sono coinvolgenti – menzione speciale a Dream Girl, la melanconica confessione della matrigna Idina – ma le cover, non diegetiche come in Pitch Perfect (dello stesso regista) risultano spesso confuse e lontane dall’ambiente. Alla cover di Seven Nation Army al violoncello (con tanto di violoncellista che fracassa lo strumento a mo’ di rockstar) combinata con Whatta Man si può almeno sorridere. Let’s Get Loud di Jennifer Lopez verrà ricordata più per lo sfortunato flash mob pubblicitario che come numero finale del film. Am I Wrong di Nico & Vinz non aggiunge nulla, Perfect di Ed Sheeran è praticamente identica all’originale, Material Girl non fa nulla che Dream Girl non faccia meglio. Ma la scelta forse più triste è Somebody To Love dei Queen, usata per lo meno con buona ironia in una scena in cui il principe si lamenta del suo “duro lavoro” mentre i servitori provvedono a vestirlo. Tutto quello a cui porta la scelta di tale canzone è però riaccendere ricordi ben più rosei verso l’Ella Enchanted con Anne Hathaway, una Cenerentola moderna molto più fedele allo spirito della fiaba e con una protagonista molto più simpatetica. Ma la Cenerentola di Amazon non offre nulla più dei suoi colori e qualche coreografia, e il suo tentativo di #girlpower non si alza da terra di un palmo. Sarà per la prossima volta. 

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