Baron Cohen, uno dei maggiori attori dell’attuale stagione cinematografica, vanta molto primati per il suo ruolo di mente creativa, cosceneggiatore, coproduttore e mattatore in Borat. Cohen ora punta a una nuova corsa per la candidatura all’Oscar. E in un’intervista per American Cinemateque con Eric Idle, l’attore dichiara: “Attacco i bulli con la mia comicità”.
Cosa ha detto Baron Cohen?
L’attore Sacha Baron Cohen, una delle maggiori personalità della corrente stagione cinematografica, è apparso in un incontro online organizzato dall’American Cinemateque. “Un uomo che ha realmente cambiato le tante facce della commedia”. Sono queste le parole con cui Eric Idle descrive Cohen, che sta ora puntando a una candidatura Oscar., dopo la doppia nomination fra gli attori protagonisti e non ai Golden Globes. Il suo successo di deve in particolare per i suoi ruoli di mente creativa, cosceneggiatore, coproduttore e mattatore in Borat. L’attore è anche noto per il suo ruolo di Abbie Hoffmann nel corale Il Processo ai Chicago 7.
L’attore racconta dell’esperieza con Donald Trump
Nel discorso con Idle, Sacha spiega: “Fin dall’inizio, fina da Ali G, ho pensato alla comicità come strumento per ‘umiliare i potenti’. Io me la prendo con i bulli, con chi fa cose sbagliate, e provo una certa soddisfazione personaggi come Dick Cheney”. Cohen allude anche a Donald Trump, che aveva intervistato nei panni di Ali G. E proprio riguardo a The Donald, l’attore dice scherzando: “Era molto deluso dal non avere come intervistatrice una bionda in tailleur. Ha resistito sette-otto minuti, ha interrotto solo quando ho iniziato a chiedergli soldi”.
L’esperienza di Borat
Sacha Baron Cohen ha poi risposto ad alcune domande di Idle sulla produzione di Borat. Afferma: “Per la prima volta durante le riprese ho dovuto indossare un giubbetto antiproiettile. È successo per la scena al raduno dei pro-armi. Ci hanno detto che sarebbe potuto diventare semi-violento se i manifestanti avessero capito che qualcuno tentava di infiltrarsi…lì c’erano tante persone con armi semiautomatiche. Poi mentre cantavo la canzone contro i vaccini e Obama, alcuni hanno capito che era una gag e sono saltati sul palco. Noi siamo scappati e ci siamo rifugiati in un’ambulanza, ma non ci lasciavano andare via. Il poliziotto che era lì, sosteneva i manifestanti, e non ci ha aiutato”.
L’attore racconta anche della sfida rappresentata dal dover interpretare per cinque giorni consecutivi il personaggio di Borat, specie per girare la parte del mockumentary a casa dei due cospirazionisti. Di questa esperienza Cohen racconta: “È stato un po’ terrificante, anche perché loro erano molto sospettosi, ma al terzo giorno mi sono reso conto che anche quando ero solo in bagno a lavarmi i denti, ormai mi comportavo come Borat. Comunque loro pur essendo appassionati di cospirazioni politiche, erano persone molto educate. Hanno anche cercato di educare Borat a essere meno misogino”.
Per Cohen è stato un grande onore interpretare Hoffmann
L’attore racconta anche del suo entusiasmo nell’interpretare Abbie Hoffmann, personalità che ammira molto. È proprio a Hoffmann che Cohen dedicò parte di una sua dissertazione quando era studente di Storia a Cambridge. Dice: “Ero ossessionato da lui sin da quando avevo 20 anni e quando 13 anni fa, ho saputo che Spielberg stava lavorando a un film sul processo ai Chicago 7 mi sono subito proposto per il ruolo. Ho lavorato settimane per avere il giusto accento. Essere sul quel set con giganti del teatro e del cinema come Frank Langella, Eddie Redmayne, Mark Rylance, è stato incredibile. Le comparse che facevano da spettatori al processo, applaudivano tra una scena e l’altra”.
Leggi anche: Borat e l’ironia che sbugiarda gli Stati Uniti