Il Direttore Artistico dell’Istituto Musicale di Rivoli spiega le sinergie vincenti del progetto SCENE
Andrea Maggiora si dedica da molti anni ad un aspetto fondamentale del mondo della musica: la formazione e la progettazione di attività musicali.
Questa scelta l’ha condotto a seguire diverse istituzioni tra cui l’Istituto Musicale “Giorgio Balmas” di Rivoli (Torino) di cui è direttore dal 1999.
Nel suo curriculum prevale l’aspetto didattico – musicale rispetto a quello concertistico in qualità di pianista.
E’ vero. Infatti ho fatto, con più assiduità, il pianista sino a qualche anno fa.
Poi ho deciso di dedicarmi alla progettazione della didattica musicale sia a Rivoli che in altri contesti, come, ad esempio, il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino, dove tengo il corso di “Organizzazione, Diritto e Legislazione dello spettacolo”.
Dal 2018, inoltre, sono coordinatore del Centro di Formazione musicale della città di Torino.
Mi occupo dell’attività di progettazione della didattica musicale per diversi enti pubblici ed associazioni.
Spesso il fare arte è considerato più una passione che una vera e propria professione. Infatti sui social si è diffuso, da alcuni mesi come controtendenza, lo slogan #artiswork.
Qual è la sua opinione?
Soprattutto in Italia permane il cliché che il musicista sia mosso principalmente dalla passione.
Questa passione diventa, quindi, una moneta di scambio, per cui molti musicisti lavorano gratis o sottopagati, senza che venga riconosciuta a loro la giusta professionalità.
Bisogna ovviamente distinguere tra chi si diletta per passione e chi fa il musicista come un vero e proprio lavoro.
Adesso sta emergendo questa criticità per cui la figura del musicista non corrisponde più a quella del professionista.
Devo però aggiungere che i principali responsabili di questa condizione sono i musicisti stessi, che non riescono, spesso, a considerarsi loro stessi dei professionisti.
Il primo esempio, che mi viene in mente, è che in questi ultimi mesi molti hanno iniziato a fare i concerti da casa in streaming, senza pensare che questo è un danno notevole per l’immagine del professionista. Infatti, se lo fai da casa gratuitamente per un certo periodo, perché non puoi continuare ad esibirti gratis?
Ci sono delle persone o degli episodi fondamentali per il suo percorso musicale?
Per quanto riguarda il percorso di pianista sicuramente sono stati gli incontri fatti durante il periodo di studio compiuto alla Musikakkademie di Lucerna in Svizzera.
Sono stati fondamentali i docenti con cui ho studiato nel periodo di perfezionamento, i quali mi hanno fatto conoscere degli aspetti della musica che in Italia non avevo mai colto.
Inoltre, in quegli anni iniziai a collaborare con dei musicisti, che sono stati fondamentali per gli indirizzi che ho preso successivamente, per i tipi di musica, l’atteggiamento concertistico e molto altro ancora.
Tutti i musicisti con cui ho suonato e che ,ancora adesso continuano a fare i musicisti, per me sono stati importanti. Tra questi Ezio Bosso, che purtroppo ci ha lasciati, che per me è stato, non solo un grande artista, ma anche un grande amico.
Lei è il Direttore Artistico dell’ Istituto Musicale “Giorgio Balmas” di Rivoli dal 1999. Un periodo di tempo molto lungo durante il quale, sicuramente, avrà apportato dei cambiamenti organizzativi e avrà avviato dei nuovi progetti musicali.
Sono entrato a far parte dell’Istituto Musicale inizialmente come insegnante. Successivamente sono diventato coordinatore e, in quegli stessi anni, stavo vivendo un’esperienza parallela a Torino con le “Proposte di ascolto” alla Chiesa di San Filippo.
Si trattava di un laboratorio, che è iniziato nel 1989 ed è proseguito per alcuni anni, durante il quale si offriva uno spazio aperto a giovani musicisti. Tutti i venerdì sera, per otto mesi all’anno, i musicisti potevano esibirsi in concerti organizzati in modo autogestito. Le spese erano tutte coperte, ma i musicisti non ricevevano un caché.
Il progetto era rivolto, soprattutto, ai giovani musicisti.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere molto su quanto si potesse formare un pubblico.
All’inizio del 2000 a Rivoli non erano organizzati concerti in modo regolare. Infatti l’Istituto era soltanto una scuola di musica.
Quando sono stato nominato Direttore, ho voluto sin da subito formare un pubblico, che è una finalità che va oltre l’evento concertistico.
Ho voluto dare una continuità, creando una stagione di concerti con cadenza regolare, coinvolgendo un certo tipo di pubblico che, inizialmente, era quello dell’UNITRE (ndr Università della Terza Età). All’inizio con molta fatica.
Poi, all’improvviso, in occasione di un concerto di un ensamble di tango, c’è stata la svolta. Inaspettatamente il pubblico è stato così numeroso che non avevamo spazio sufficiente in sala per accoglierlo tutto.
Da quel momento la stagione ha cambiato corso, diventando una stagione frequentatissima.
Ho approfittato del grande interesse del pubblico, cercando di inserire nel cartellone musiche di generi diversi per scardinare il perimetro della musica da camera.
Poi è accaduto che le fondazioni che ci finanziano, prime fra tutte la Compagnia di San Paolo di Torino, hanno dato dei forti input alla progettazione. Inoltre hanno iniziato a chiederci qualcosa di nuovo. Abbiamo così iniziato a specializzarci in progetti collaterali, cercando di coinvolgere in prima persona gli spettatori.
Così la stagione si è trasformata in una stagione multidisciplinare. Negli ultimi tre anni è diventata un partenariato, coinvolgendo anche una stagione di teatro e di arte contemporanea, diventando una cosa che, attualmente, sta cambiando.
Immagino che Lei si stia riferendo al progetto SCENE, un cartellone multiculturale che riguarda musica, danza, prosa e teatro. Può spiegarci di cosa si tratta esattamente?
La stagione SCENE è il punto di arrivo di un programma di tre anni, che prevedeva la costruzione di un partenariato, nato da un’idea di unione geografica e disciplinare.
Già da tempo l’Istituto Musicale di Rivoli collabora con il Balletto Teatro di Torino per delle coproduzioni e anche con il Teatro Fassino di Avigliana.
Si è deciso di mettere a sistema queste collaborazioni.
Si è così creato un unico cartellone che prevede l’unione delle stagioni dal Teatro Fassino di Avigliana con le sedi di Rivolimusica, come il Teatro del Castello di Rivoli, l’Auditorium dell’Istituto Musicale, la Casa del Conte Verde e la Lavanderia a Vapore di Collegno, che è il centro di eccellenza per la danza contemporanea, sede della stagione del BTT.
Il partenariato è qualcosa di formale di cui Rivolimusica è il capofila, vale a dire che l’Istituto Musicale rappresenta gli altri partner presso i finanziatori, presentando un unico progetto con spettacoli multidisciplinari.
Le discipline si fondono. Ovvero c’è lo spettacolo di danza con musiche pensate appositamente per quello spettacolo o lo spettacolo di prosa con l’accompagnamento musicale composto per quell’evento o spettacoli, commissionati ex novo da noi, con musiche, testo e danza.
L’idea, che va oltre la semplice stagione multidisciplinare, è creare le condizioni affinché gli spettacoli abbiano un impatto, non solo sul pubblico che ci segue, ma anche su quello che non ci frequenta.
Abbiamo quindi attivato delle collaborazioni con il Centro Famiglie di Rivoli per coinvolgere, attraverso la musica, i ragazzi con difficoltà o con un alto rischio di abbandono scolastico.
Abbiamo anche creato il progetto “Officine musicali”, che coinvolge gli studenti del Liceo Darwin di Rivoli nell’ambito del progetto di alternanza scuola – lavoro. I ragazzi lavorano con noi nell’organizzazione e nella comunicazione degli spettacoli, rompendo così quella barriera che li allontana dalla musica concertistica.
Cerchiamo così di fare crescere un pubblico nuovo, che è il pubblico di domani, che, speriamo, continuerà a venire ai concerti.
Ci sono dei nuovi progetti per quest’anno?
La novità di quest’anno è il progetto “Salute in scena”.
Molti stanno approfondendo l’aspetto, a cui io credo molto, che la partecipazione alle attività culturali migliori la propria condizione mentale, fisica e psicologica. C’è uno studio che dimostra come la condivisione della cultura possa essere di prevenzione per alcuni tipi di malattie.
Inoltre questo aspetto del rapporto tra salute e cultura è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile.
Con questa finalità abbiamo contatto l’associazione RE – MENS di Torino, che organizza dei servizi di telemedicina per quelle patologie che si possono curare a distanza.
L’Istituto Musicale ha firmato una convenzione con questa associazione. Ovvero gli spettatori, che acquistano un carnet di tre biglietti per spettacoli diversi, hanno diritto all’utilizzo gratuito del servizio di telemedicina.
Ci saranno, inoltre, tre incontri in presenza, con dei medici su alcune patologie legate all’ascolto della musica, come il disturbo dell’udito, i disturbi cognitivi, l’ipertensione e altro.
Questo è un progetto a cui crediamo molto.
Un’altra novità è la realizzazione di playlist per persone malate e costrette a restare a casa, in alcuni casi, da sole. L’ascolto della musica può migliorare la loro condizione da diversi punti di vista. Abbiamo, quindi, chiesto ai musicisti, che si esibiranno in questa stagione di SCENE, di comporre delle brevi playlist che serviranno a tutti i malati che ne faranno richiesta.
Come inizierà la nuova stagione SCENE 2020/’21?
Per il nuovo cartellone SCENE sono stati organizzati ben 55 spettacoli.
Però, vista l’attuale situazione, non tutti potranno svolgersi in presenza.
Alcuni appuntamenti si trasformeranno in un film.
Tra questi i primi tre, ovvero lo spettacolo del 21 dicembre 2020 e quelli del 9 e del 24 gennaio 2021.
E per concludere l’intervista … un suo sogno nel cassetto.
Il mio ideale sarebbe che la cultura non fosse più circoscritta in un enclave.
Sarebbe un vero cambiamento se le attività culturali permeassero tutti gli aspetti della società e della vita quotidiana: dalla scuola al lavoro, dall’economia alla sanità.
Questa sarebbe una vera rivoluzione per tutti.
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