Un locale a tema k-pop di Ekaterinburg si scontra con l’omofobia imperante della Russia. I BTS e gli altri gruppi k-pop vengono bollati come propaganda gay.
I BTS sono propaganda gay?
Le correnti omo e transfobiche della Russia erano già note anche prima di oggi. Nonostante le attività sessuali tra adulti consenzienti siano state decriminalizzate nel 1993, buona parte della popolazione russa è tuttora ostile alla comunità queer, e mancano cure e sussidi statali per coloro che volessero formare una famiglia. Attivisti e media di tutto il mondo criticano apertamente le politiche retrograde del paese: soprattutto in Cecenia, dove sono passibili anche di torture legalizzate. E gli outlet mediatici del paese sono sempre pronti a scagliarsi contro qualunque bersaglio possibile, vero o immaginato, che agevoli la “diffusione dell’omosessualità” all’interno del paese. Ultimo bersaglio i BTS, definiti “propaganda gay” che farebbe dei ragazzini che li ammirano dei “pervertiti”.
Il Pinkypop Cafè
E no, non si sta esagerando. In Russia quello che può sembrare un innocente progetto creato con lo scopo di far riunire e divertire assieme le giovani Army si è trasformato in un’eccessiva controversia. Nella città di Ekaterinburg esiste infatti un caffè a tema k-pop, denominato Pinkypop Cafè, un luogo di ritrovo per i fan del popolare genere. Un tentativo dello stabilimento di vendere prodotti, come biglietti e banner, dedicati ai gruppi più amati della clientela si è però trasformato in una situazione quanto meno fastidiosa, come raccontano i proprietari su Instagram. La protesta che accusa i BTS – nonché gli Stray Kids e altri gruppi del genere – di “propaganda gay” è scaturita dalla sala stampa, che ha definito i ragazzi come possessori di un “orientamento non tradizionale”.
Accuse inaccettabili
“È stupido sostenere qualcosa che potrebbe lasciarvi senza nipotini. Abbiamo abbastanza clienti normali da scegliere con chi lavorare e con chi non lavorare.” Tutto in accordo con una legge rilasciata nel 2013, in cui si vieta di mettere i giovani in contatto con le “relazioni sessuali nontradizionali”. La legge si espande anche alla privacy dei cittadini, vietando le opere d’arte che raffigurino famiglie queer felici e persino introducendosi nei profili social dei giovani. Nessuno dei BTS è apertamente queer, ma i ragazzi sono aperti sostenitori dei diritti e dell’avanzamento della comunità: che questo sia sufficiente ad accusarli di “propaganda gay” e perversione è una posizione aberrante, semplicemente inaccettabile in un paese moderno.
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