Verrà presentato il 23 ottobre alle 14.00 presso il Cinema Savoy di Roma il documentario War Is Over di Stefano Obino, in concorso nella sezione Panorama Italia di Alice nella Città.
Cosa dobbiamo aspettarci da War Is Over?
Un vero e proprio viaggio alla scoperta del Kurdistan iracheno, un’area profondamente colpita dal durissimo conflitto contro l’Isis – che ha lasciato più di 40 campi profughi, 1,6 milioni di persone in stato di necessità, di cui la metà con meno di 18 anni – in cui, nonostante tutto, si possono scorgere degli squarci di “vita normale”.
Il diario di una madre
Il diario di una madre accompagna gli spettatori all’interno di questo viaggio di “ricostruzione”, fatto di cose semplici. Con uno sguardo discreto ma mai distante, Stefano Obino restituisce quell’euforia esplosiva e inaspettata tipica di una vita che non vuole arrendersi, che vuole andare avanti nonostante le enormi difficoltà.
I giovani in piscina
Così, una città bombardata si lascia “colorare” da una piscina e dalle risate di giovani che nuotano. Un campo profughi anela a trasformarsi in una città normale, dove si ordina una pizza a domicilio dalla propria tenda, o ci si riunisce per guardare una partita di calcio assieme agli amici.
La vecchia fabbrrica di tabacco
E poi la forza dell’Arte, quella che riesce a rendere una vecchia fabbrica di tabacco una fucina di giovani creativi che trasformano la violenza in bellezza. War Is Over non è un documentario sulla guerra, è un inno alla vita, alla speranza e a un modo diverso di vedere le cose.
War Is Over: Produzione
Il film è stato prodotto dallo stesso Stefano Obino, e ancora, da Tania Masi con la collaborazione della ONG Aispo (Associazione Italiana per la Solidarietà tra i popoli).
Stefano Obino
“La SOFFERENZA è infatti, diventata ormai un ingrediente imprescindibile nella cronaca del quotidiano, sui media, attraverso immagini e parole che raccontano la realtà in una maniera quasi univoca. Inoltre, i campi profughi che abbiamo visitato nell’immediato dopoguerra con l’Isis, somigliavano ad una specie di tristi ‘supermercati di tragedie’, dove per pochi dollari potevi trovare persone in stato di estrema necessità, disponibili a raccontarti le loro tragedie”.
La realtà
“Ma c’era un netto divario tra questo tipo di racconto, costruito ad uso e consumo del mondo occidentale, e ancora, la realtà che emergeva attorno a noi, nei mille gesti semplici delle persone attorno a noi. Tutti alla ricerca di una vita finalmente normale”.
L’energia
“Si percepiva, infatti, un’energia, un’euforia quasi irrazionale, che a dispetto della situazione difficile, festeggiava ogni giorno il ritorno a poter pensare un futuro, a poter sognare una vita migliore”.
Il racconto
“Noi abbiamo deciso di raccontare questa energia, questa spasmodica voglia di normalità, Abbiamo infatti, cercato di capire cosa succede se ci si pone l’intento di andare, con stile e contenuti, nella direzione opposta a tutte le ‘breaking news”.