Sulla mia pelle: un anno fa esordiva al Festival di Venezia
Il lungometraggio sulla vita di Stefano Cucchi aprì la scorsa edizione del Festival di Venezia per la sezione Orizzonti. Il cast vedeva la partecipazione di Alessandro Borghi, Max Tortora, Milvia Marigliano e Jasmine Trinca. Il film di Alessio Cremonini ha voluto ripercorrere gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi arrestato con l’accusa di possesso e spaccio di droga.
La vicenda Cucchi è stata una delle più controversie degli ultimi anni. Il ragazzo infatti venne ritrovato morto una settimana dopo l’arresto, dopo essere stato pestato a sangue dai carabinieri che lo presero in custodia. Il tutto avvenne il 22 ottobre 2009.
Alla presentazione al Lido di Venezia l’anno scorso, il film ha portato lacrime e sette minuti di applausi. Dopodiché, Borghi, tra la commozione, si è lasciato andare ad un lungo abbraccio con la sorella di Cucchi, Ilaria, presente alla proiezione e interpretata nel film da Jasmine Trinca.
Sulla mia pelle è stato definito un film vero perché basato su testimonianze oggettive, su quando a conoscenza fino a quel momento. Un film sincero che, come qualsiasi film che tratta temi così delicati, ha trovato sul suo percorso un gruppo di sostenitori e un gruppo di oppositori.
Stefano Cucchi: sulla mia pelle
Le reazioni dei carabinieri subito dopo la presentazione
Subito dopo la presentazione della pellicola, l’Huffington Post segnalò le reazioni scatenate all’interno dei sindacati di Polizia e Carabinieri. Riportando alcune citazioni. A generare scalpore tra gli organi dello Stato fu la sensazione di “criminalizzazione di chi veste una divisa”, come sottolineò il presidente nazionale di Fsp Polizia di Stato, Franco Maccari. Al tempo infatti, il caso era ancora aperto, “ancora in corso per appurare la verità” secondo il Cocer, l’organo di rappresentanza dei Carabinieri. Eppure, tra le note di regia ve ne è una che giustifica la produzione della pellicola. Si legge infatti: “Sulla mia pelle nasce dal desiderio di strappare Stefano alla drammatica fissità delle terribili foto che tutti noi conosciamo, quelle che lo ritraggono morto sul lettino autoptico, e ridargli vita.” E ancora: “Tutti possono parlare di lui, tranne lui.”
La pellicola di Alessio Cremonini nasce quindi dalla necessità di ridare voce ad un ragazzo che nemmeno durante i suoi ultimi giorni di vita ha avuto la possibilità, o meglio le forze, per farlo. Un film che non dovrebbe essere letto come un’aperta accusa nei confronti di un organo dello Stato, perché non è possibile generalizzare un campo così vasto. Bensì come la possibilità di sentire entrambe le parti in causa. Sulla mia pelle è la voce di Cucchi.
È un cinema capace di restituire allo spettatore uno sguardo nuovo su una realtà a cui hanno preso parte per tanto tempo. Un cinema in grado di dare luce nuove ad una storia sentita e già assimilata.
Un paio di mesi dopo la presentazione del film, la sorella di Cucchi, Ilaria, chiarì la posizione presa dalla sua famiglia e dal regista. “Qui nessuno ha messo sotto accusa l’Arma ma singole persone.” Dichiara in un’intervista a Domenica In. “So perfettamente che la maggioranza di chi indossa la divisa sono persone perbene che compiono il loro dovere e lo fanno per noi.”
Borghi non ha interpretato Cucchi. E’ diventato Cucchi
Il film è uno di quelli che fa arrabbiare, che fa urlare. Uno di quei film che bisogna vedere con la mente ferma, con il cuore in mano e con la consapevolezza che non si sta assistendo ad un romanzo o ad una storia inventata ma alla realtà. Realtà sottolineata ancora di più dall’uso di audio estrapolati dall’udienza e usati sul finale della pellicola per sottolineare che ciò che stiamo vedendo è accaduto davvero.
Senza contare la capacità e la professionalità di un attore come Alessandro Borghi, che è stato in grado di fare sua l’essenza della pellicola trasmettendola anche solo con uno sguardo.
“Alla famiglia Cucchi per essersi fidati di me” – ringrazia Alessandro Borghi nel suo discorso ai David di Donatello, e poi aggiunge: “Questo premio è di Stefano Cucchi, ed è un premio che voglio dedicare agli essere umani e all’importanza di essere considerati tali a prescindere da tutto.”
Insomma, Borghi è riuscito a spiegare con lo sguardo ciò che non veniva detto a parole. Ha saputo esprimere le paure, l’irrazionalità e le sensazioni di un ragazzo tormentato e turbato, che sapeva di non essere nel giusto, ma nemmeno di meritarsi un tale trattamento. E tutto ciò non solo perché è dovuto dimagrire 18 chili. Borghi è stato impassibile, una perfetta rappresentazione, nonostante dentro non volesse fare altro se non urlare.
Era diventato lui stesso Cucchi.
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Ilaria Cucchi: l’insistente lotta della sorella Ilaria
Ma un ruolo principale in tutti questi anni lo ha avuto la sorella di Cucchi, Ilaria. Decisa a lottare perché venisse fatta giustizia per la morte del fratello, non si è mai arresa cercando di riportare voce a quel ragazzo che non ne aveva più.
Durante la proiezione del film in piazza del Pigneto, a Roma, Ilaria aveva commentato a Radio 32: “Questo film è duro ed estremamente vero. E’ un film basato esclusivamente sugli atti giudiziari e non c’è nulla di inventato. Non è un film fatto per Stefano, ne è stato fatto per me. E’ una denuncia.” E continua: “In questi nove anni di battaglia siamo riusciti a ricostruire tutto quello che ha dovuto subire mio fratello.”
Ad ottobre dello scorso anno, Francesco Tedesco, uno dei cinque imputati per la morte di Cucchi, confessò quando accaduto durante e dopo l’arresto. L’imputato accusò i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. I tre erano accusati di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità. A seguito, si venne a scoprire che a giugno dello stesso anno Tedesco aveva presentato una denuncia in procura sulla vicenda.
Nel processo Tedesco ha poi accusato di pestaggi i due colleghi. “Cercavo di trovare un contatto con qualcuno in tutti i modi – ha dichiarato – Per questo in udienza guardavo Ilaria che può aver visto il gesto come una provocazione. Ma in realtà mi sentivo solo contro il mondo.”
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“Sapevo che Stefano era stato pestato, lo sapevo fin dal principio, avendolo visto sul tavolo dell’obitorio. – Commenta la sorella Ilaria – Devo dire che leggere la descrizione dettagliata di quello che Stefano ha dovuto subire quella notte è stato davvero devastante, non solo come sorella di Stefano, ma anche come cittadina, credo che sia intollerabile e non possiamo far finta di niente.”
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Stefano Cucchi: gli ultimi risvolti del caso
“Ora sappiamo che quel pestaggio vi fu perché Stefano rifiutò il fotosegnalamento. Nove anni fa ci dicevano altro: che il fotosegnalamento a Stefano non era stato fatto perché non voleva sporcarsi le mani.” Dichiara Ilaria Cucchi.
A marzo del 2019 si è avuta poi un’ulteriore svolta nel processo Cucchi. Il pm Giovanni Musarò infatti, ha sostenuto che esiste una primissima relazione medica che è stata tenuta segreta e che sarebbe stata eseguita lo stesso giorno del decesso. Ovvero, la sera del 30 ottobre di dieci anni fa.
Tale relazione conterrebbe analisi diverse da quelle che vennero scritte nell’autopsia. In questi accertamenti preliminari si indicava un’insufficienza cardio-circolatoria acuta e due fratture. Eppure, in quei giorni, i carabinieri nel verbale escludevano un nesso di causalità delle ferite con la morte.
Era l’8 aprile quando Ilaria Cucchi scriveva sul suo profilo Facebook:
Infine, a giugno, il Gup – il giudice dell’udienza preliminare – ha disposto il rinvio a giudizio per otto militari dell’Arma, dando così inizio a un quarto processo. Questi sono accusati di depistaggio nella vicenda Cucchi.
La prima udienza è fissata per il 12 novembre. Poi, il Gup ha accettato la richiesta e ha ammesso come parti civili l’Arma dei carabinieri, la presidenza del Consiglio dei ministri e i ministeri della Difesa e dell’Interno nel procedimento. Tra di loro saranno ammessi come parte civile anche i familiari di Stefano, i tre agenti della polizia penitenziaria (assolti in ogni grado di giudizio), il carabiniere Casamassima e Cittadinanzattiva onlus.