The Rising e la voglia di rialzarsi degli Stati Uniti dopo l’11 settembre 2001.

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Alle 8:46 dell’11 settembre 2001 il mondo cambiò per sempre: il volo American Airlines 11, partito dal Logan Airport di Boston e diretto a Los Angeles, si schiantò contro la Torre Nord del World Trade Center di New York, dando ufficialmente vita a una nuova era della storia contemporanea dove siamo tuttora stabilmente incanalati. Le immagini terribili di quella mattina (pomeriggio per noi italiani) sono ancora negli occhi di tutti coloro che hanno avuto la sventura o di vivere quell’evento in diretta nella Grande Mela oppure di assistervi mediante l’inquietante diretta TV, un orrore così efferato che nemmeno nella più fervida fantasia di uno sceneggiatore hollywoodiano avrebbe mai potuto vedere la luce. Le risposte alla tragedia da parte del mondo politico e della cultura non tardarono ad arrivare, coinvolgendo anche i musicisti, i quali vollero esprimere il proprio personale cordoglio grazie al consolante ausilio delle sette note. Diversi furono i brani scritti nell’onda dell’11 settembre, qui di seguito ne citiamo alcuni:

Neil Young – Let’s Roll;

Paul McCartney – Freedom;

Chris Cornell feat. Timbaland – Ground Zero;

Cat Power – Manhattan;

R.E.M. – Leaving New York;

Dream Theater – Sacrificed Sons;

Epica – Facade Of Reality;

My Chemical Romance – Skylines & Turnstiles,

John Hiatt – When New York Had Her Heart Broken;

Eagles – Hole In The World.

Il secondo aereo che si schiantò contro la Torre Sud del WTC.

Ma il brano che, a nostro avviso, riflette maggiormente lo stato d’animo di nazione ferita e inerme che gli Stati Uniti provarono in quel martedì di settembre, ma che allo stesso tempo racchiude un profondo messaggio di speranza e riscossa per tutto il territorio a stelle e strisce, è The Rising di Bruce Springsteen, noto da moltissimi anni come il poeta rock americano degli ultimi, i cosiddetti losers. Di questi losers Springsteen ha cantato per tutto l’arco della sua carriera, e la canzone pubblicata nel 2002 che ci accingiamo a raccontare mette nuovamente in evidenza questo strato sociale americano, per la prima volta racchiudendovi ogni singolo cittadino: assopita nel tepore causato dalla consapevolezza di essere il motore del mondo, la nazione statunitense era stata colta di sorpresa e, forse per la prima volta nella sua ancora giovane età, si vedeva costretta a una reazione orgogliosa e onorevole contro questo infame attacco (reazione che portò due anni dopo alla discutibile guerra irachena, ma questa è un’altra tematica e un’altra storia); ogni singolo cittadino americano era diventato un loser. Springsteen, nel suo profondo e sincero testo poetico, mette perfettamente in evidenza il mood statunitense durante le ore più buie del paese, governato allora da George W. Bush (contro il quale Springsteen non ha mai lesinato pesanti critiche):

Can’t see nothin’ in front of me
Can’t see nothin’ coming up behind
Make my way through this darkness
I can’t feel nothing but this chain that binds me
Lost track of how far I’ve gone
How far I’ve gone, how high I’ve climbed
On my back’s a sixty pound stone
On my shoulder a half mile of line.

L’individuo medio americano, in quelle drammatiche ore, non vede nulla di fronte a sé, non si accorge di nulla che possa colpirlo alle spalle (infatti subirà inerme l’azione di Mohamed Atta e gli altri dirottatori) ma, nonostante le catene che lo costringono, prova a farsi strada nell’oscurità che lo circonda (oscurità metaforica, raffigurante non soltanto il vile attacco appena subito ma anche l’inconsapevolezza, tipicamente statunitense, di essere vulnerabili di fronte a possibili azioni eversive nei propri confronti); non ha più memoria di quanta strada abbia percorso, di quanto in alto sia riuscito ad arrivare con la propria scalata sociale (conditio sine qua non per vivere negli Stati Uniti) e sente un profondo peso sulla schiena mentre dietro a sé scorge la compagnia di altri individui come lui, raccolti in una lunga fila di un miglio e mezzo, in attesa di avere una qualche motivazione che spieghi quantomeno ciò che stanno vivendo.

Bruce Springsteen in concerto.

Left the house this morning
Bells ringing filled the air
I was wearin’ the cross of my calling
On wheels of fire I come rollin’ down here.

There’s spirits above and behind me
Faces gone black, eyes burnin’ bright
May their precious blood bind me
Lord, as I stand before your fiery light.

I see you Mary in the garden
In the garden of a thousand sighs
There’s holy pictures of our children
Dancin’ in a sky filled with light
May I feel your arms around me
May I feel your blood mix with mine
A dream of life comes to me
Like a catfish dancin’ on the end of my line.

I pensieri dell’individuo americano colpito dagli avvenimenti della mattina continuano, ripercorrendo tutto l’arco temporale della giornata (Left the house this morning…) fino alla visione che lo porta a un’improvvisa positività: la «Mary» citata nel testo rappresenta una nuova speranza per il proprio popolo, una luce flebile ma visibile in fondo a questo orrendo tunnel fatto di aerei che si schiantano contro grattacieli e persone innocenti costrette a «liberarsi» saltando dalle torri, una luce sorta anche grazie a una nuova fratellanza tra i popoli che Springsteen auspica nella propria canzone (May I feel your arms around me / May I feel your blood mix with mine), fratellanza che si presenta al nuovamente rinvigorito individuo americano come il più spettacolare dei sogni (A dream of life comes to m/ Like a catfish dancin’ on the end of my line). I popoli, alla fine del tunnel, sono nuovamente uniti, e abbracciati si lanciano in un coro (la la la la…) che mostri a tutto il mondo che non hanno più paura di niente e di nessuno.

Sky of blackness and sorrow (a dream of life)
Sky of love, sky of tears (a dream of life)
Sky of glory and sadness (a dream of life)
Sky of mercy, sky of fear (a dream of life)
Sky of memory and shadow (a dream of life)
Your burnin’ wind fills my arms tonight
Sky of longing and emptiness (a dream of life)
Sky of fullness, sky of blessed life

Come on up for the rising
Come on up, lay your hands in mine
Come on up for the rising
Come on up for the rising tonight.

Con questa struggente ma incisiva canzone, Springsteen si schiera ancora una volta dalla parte del popolo americano, questa volta in toto, incitandolo ad alzarsi e riprendere le redini della propria gloriosa parabola. Avranno gli Stati Uniti imparato da questa terribile ora buia della propria storia per diventare quel crogiolo di democrazia, possibilità e fratellanza come tutti noi li identifichiamo? Non ci è data possibilità di formulare una risposta, possiamo solo sperare per un futuro di pace tra i popoli e seguire le orme di mastodontici cantastorie come Bruce Springsteen, artisti di cui si teme una drastica e drammatica scomparsa nel prossimo futuro quando ne avremmo invece ancora tanto bisogno.

Immagine di Ground Zero.

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