The Playground: intervista alla band torinese

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Vi chiamate The Playground, il vostro nome ha un significato particolare e in che modo rappresenta il vostro stile?

In inglese “The Playground” significa parco giochi. Il nome ci ha ispirato perché il progetto è partito davvero con uno spirito molto ludico ed esplosivo. Hai presente i bambini quando arrivano al parco giochi e possono sfogarsi e giocare liberamente? Il nostro approccio è esattamente questo!

Gli anni ’70, e in particolare il punk rock, sono la vostra ispirazione. Da dove nasce questa passione?

Penso che nasca un po’ dalla sintesi dei nostri ascolti a livello individuale. Insomma, chi non è stato ispirato dagli Stooges o dai Ramones? E poi l’energia di quelle band si sposa perfettamente con il nostro spirito.

Pensate che il punk rock sia un genere ancora attuale nonostante siano cambiati i presupposti sociali e culturali?

Beh se consideriamo il punk rock come attitudine, come uno stile di vita e come fenomeno di rottura…penso che non morirà mai. La storia è un po’ sempre la stessa: oggi come allora, fortunatamente, ci sono persone, dentro e fuori la musica, che denunciano le ingiustizie e che cercano di lanciare messaggi nel rispetto dei diritti umani. La musica ha un grosso potere comunicativo. Poi, onestamente, non ci siamo mai posti il problema dell’attualità o meno del punk rock. E’ quello che amiamo, è quello che ci piace fare, non importa se sia attuale o no, importa se uno ci crede o meno.

Oltre a Ramones, Deadboys, Talking Headds, Stooges Clash a quali altri gruppi vi ispirate?

A prescindere dall’epoca e dalla collocazione geografica, possiamo dire che ci ispiriamo a tutte quelle band che hanno come caratteristica dei sound nuovi e originali. Ascoltiamo cose diverse e non siamo settoriali. Spesso ci confrontiamo su alcune band, anche molto diverse da quello che facciamo noi.

Escludendo il punk rock, quali sono le vostre preferenze musicali?

Ascoltiamo un po’ di tutto, limitarsi solo a quello che già si conosce è riduttivo, così come fare un elenco. Inoltre, abbiamo preferenze abbastanza diverse, dal grunge, al metal, al glam anni 70-80….

Il vostro album uscirà a Natale. Com’è nata l’idea? Quale saranno le tematiche trattate?

Si spera che possa uscire a Natale. Stiamo lavorando a pezzi nuovi e in autunno faremo le registrazioni. L’idea è ancora in fase di definizione ma sarà più o meno l’estensione del concetto di partenza, solo più definito. Le tematiche sono diverse: i nostri pezzi trattano dei diritti delle donne, di ingiustizie, di pezzi di società vulnerabili…ma anche di situazioni più leggere. Un filo conduttore però rimarrà sempre una certa ironia che fa si che non ci si prenda mai troppo sul serio.

Chi si occupa della stesura dei testi? Lavorate prima sulla melodia o sulle parole?

Non abbiamo una regola e non ci abbiamo mai pensato. Fino ad ora le cose si sono verificate in maniera abbastanza spontanea. A volte partiamo da una melodia, altre volte da una sezione ritmica, basso e batteria, altre volte da una cantilena appena accennata. Per i testi chiaramente è Ambra (voce) la persona che se ne occupa, però a volte anche gli altri elementi del gruppo danno il loro contributo.

Come giudicate la scena attuale della musica underground in Italia?

Noi possiamo parlare della scena torinese. Parlando di underground bisogna per forza toccare con mano altre realtà per poter dare un giudizio obiettivo. A Torino ci sono pochi locali che ospitano questo tipo di esperienze, ma ci sono diverse band che stanno proponendo un sound davvero molto interessante. La scena è comunque viva ed intensa, basta andare a cercarsi i pochi locali che resistono e che ci credono ancora.

Quali sono le difficoltà che ha una band emergente nel nostro Paese, in particolare a Torino?

Forse le difficoltà di sempre? Al primo concerto dei Nirvana erano presenti 6 persone… Prima di pensare alle opportunità che offre un luogo bisogna pensare a ciò che è disposta a fare una band per coglierle. Che da parecchi anni la scena musicale sia in declino è un dato di fatto, soprattutto ciò che più manca rispetto al passato forse è una community coesa (artisti, produttori, etichette) che lavora insieme per raggiungere qualcosa che assomigli alla dignità. Noi suoniamo a prescindere, senza preoccuparci di profitti o di visibilità. E’ una passione allo stato puro e continueremo a pensarla così e a fare quello che sentiamo e quello che ci piace. Verremo apprezzati? Bene, diversamente… andrà bene lo stesso! Il punk è anche questo!

Quali sono i vostri progetti per il futuro?

Sicuramente il disco e poi la promozione. Ci piacerebbe fare dei live in luoghi interessanti, che hanno una bella storia, dove poter incontrare gente che la pensa come noi. Ci piacerebbe poter suonare con band che hanno un seguito nella scena punk italiana. Insomma, continuare come stiamo facendo e magari raccogliere ciò che stiamo seminando, nel bene e nel male!

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