Suzanne Vega, ‘An Evening of New York Songs and Stories’ – Recensione

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Con una carriera così lunga e leggendaria a partire dalle sue prime uscite nel 1985, Suzanne Vega attinge dalla sua lunga discografia per creare An Evening of New York Songs and Stories, un album dal vivo composto da alcune delle sue canzoni più importanti. Non è un segreto che la città di New York sia importante per l’artista, e questo traspare davvero in questo album. Ma ciò che spicca ancora di più è l’attitudine di Suzanne Vega a tessere storie, usando il suo stile di ispirazione folk per rendere ogni canzone una storia completa in sé e per sé.

Pubblicare un album dal vivo in questo momento è una mossa intelligente. Con molti concerti cancellati o per lo meno limitati, album come questo sono un modo per ottenere una parte dell’esperienza dal vivo. E mentre molti probabilmente diranno che non c’è un sostituto per guardare uno spettacolo dal vivo, An Evening of New York Songs and Stories fa un lavoro encomiabile nel colpire alcune delle note alte. Ci sono diversi intermezzi di Suzanne Vega in cui introduce la canzone successiva e fornisce un po’ del suo background. Di solito sono molto brevi e casuali, non invadenti, e aiutano l’album a scorrere meglio. Tuttavia, ci sono sicuramente alcuni aspetti di un’esibizione dal vivo che non si traducono. Non c’è mistero sul fatto che l’artista farà il bis quando dice “il prossimo brano sarà l’ultimo” e ci sono ancora quattro canzoni dopo.

Le canzoni stesse sono tra le migliori del lavoro di Suzanne, essendo state estratte da un lungo periodo di tempo. Da “Marlene on the Wall” del 1985, che apre la performance, a “Ludlow Street” del 2012 e “New York is My Destination” del 2016, qui è rappresentata quasi l’intera carriera dell’artista. La storia di ogni canzone attira l’ascoltatore, creando un’atmosfera personale e intima che è potenziata dall’audio ben prodotto e dagli applausi del pubblico non invadenti. I pezzi forti includono “Frank and Eva”, “Freeze Tag” e “New York is My Destination”. 

Ma come New York City, questo album è incredibilmente sfaccettato. Mostra i lati della città mentre mostra la moltitudine di approcci talentuosi dell’artista alle canzoni. “Ludlow Street” in particolare si distingue per l’apertura con un suono più cupo e accattivante che si fonde con la voce dinamica di Vega. Durante il ritornello, la canzone assume un tono più speranzoso quando la posizione del titolo viene citata come una sorta di rifugio. L’artista usa non solo la sua voce e le sue parole, ma anche i suoi strumenti per dipingere questo quadro, per tirare fuori le emozioni che intende trasmettere.

Un tono più scuro simile traspare in “Some Journey”, anche se questa traccia è nel complesso più triste e riflessiva rispetto al momento come “Ludlow Street”. Tuttavia, “Some Journey” si basa bene sulla sua apertura, aggiungendo svolazzi musicali e strumenti per mantenere il flusso. Questo aspetto si combina con il testo per ritrarre l’artista che si perde nelle fantasie di ciò che avrebbe potuto essere, andando alla deriva nei suoi pensieri e lontano dalla realtà della situazione.

In conclusione questo album incapsula con successo gli aspetti che hanno portato alla longevità di Suzanne Vega nel settore musicale e calcolando che i concerti in questo momento sono contingentati, basta solo chiudere gli occhi e pensare di essere seduti a teatro. Voto 5/5

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