NIKI, Moonchild | la recensione

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Copertina di Moonchild, album di debutto di NIKI

Nicole Zefanya, in arte NIKI e classe 1999, è un’artista piccola ma con tanto da dire. La sua carriera inizia finalmente con un album di debutto, Moonchild, che ne mette in evidenza tutti i punti di forza.

NIKI: conosciamola

Un’artista di piccola scala, ma con molte cose belle da dare a chi sa scoprirla. È il primo talento di NIKI, che ha accompagnato il proprio debutto discografico sui social network con un ricco countdown assieme ai fan. La giovanissima artista indonesiana, nata a Giacarta e con le Destiny’s Child e Aaliyah tra le principali influenze, sa sicuramente come farsi sentire e seguire. È molto attiva su Twitter, dove spesso coinvolge i fan in attività musicali e conversazioni. Quello che riceve in cambio sono dei seguaci fedeli, quelli che ogni popstar merita quando sta per debuttare.

Moonchild era un progetto molto atteso, preceduto dagli apprezzati EP Zephyr e Wanna Take This Downtown. In un anno florido per l’R&B alternativo potrebbe risultare un progetto ridondante, ma non lo è. Si tratta invece di un debutto eccellente, al quale la Zefanya ha lavorato da anni – e lo dimostra davvero.

Moonchild: la recensione

L’album di NIKI, consistente in dieci tracce, è diviso a sua volta in tre sezioni, che si possono ascoltare comodamente in maniera singola. Rimane un progetto coeso, atmosferico – unito soprattutto dalla voce della sua esecutrice, giovane ed energica dall’inizio alla fine. L’influenza che pende su Moonchild è una su tutte, facilissima da riconoscere anche per chi conosce la musica pop solo di sfuggita. Il fenomeno Billie Eilish, come Lorde sette anni fa, inizia a creare delle emule. Ma non bisogna tuttavia limitarlo a una scopiazzatura, perché le influenze che esso contiene vengono da tutti i campi. Si coglie persino un po’ della Taylor Swift synthpop di 1989; artista per la quale NIKI aprì anche alcune tappe del Red Tour. Il senso estetico è invece quello di Hannah Diamond: scelta oltremodo azzeccata, un’altra cantante molto sottovalutata.

Per quello che vale, inoltre, Moonchild ha molta più energia di When We All Fall Asleep, Where Do We Go. Non si troverà in esso una Xanny o una When The Party Is Over in nessuna delle tre parti del disco, che non perdono mai la piccola carica di energia necessaria per tenerle accese. Un bagliore sottile, come quello della luna che all’album dà il titolo, ma che si fa sentire facilmente. 

E poi c’è il messaggio, che di Moonchild è il punto più alto e creerà con le liriche di NIKI un legame istantaneo. C’è una sicurezza, un’ambizione fuori controllo nelle parole che la ragazza canta. La trama più Eilish-iana di tutte, Tide, scatena quel fattore a tutta forza. Un altro paragone, anche se lontano musicalmente, è il singolo di poco successo Talk About Me della sottovalutata debuttante Skott. La canzone in cui giura che il mondo parlerà di lei, volente o nolente. E di NIKI, a conti fatti, vale la pena parlare.

Per un album di debutto, Moonchild non ha nulla da invidiare agli album dai quali si ispira, i cui sound rielabora in un’atmosfera speciale che solo NIKI poteva creare. Un’atmosfera anche caotica, squisitamente “notturna”, in cui una cantante giovane ed espressiva ha piena libertà di mettere a nudo la propria fragilità e le sue ambizioni. Nonché il suo talento – che c’è, ed è rimasto invariato dagli EP. Il difetto principale, a conti fatti, è ricordare che “Moonchildren” è anche il nome che identifica i fan di Kerli Koiv, eppure della cantante estone non c’è traccia. Sarebbe stata un’ottima collaborazione. Ma la giovane cantante ha ancora tempo, chissà che un giorno non le venga l’idea.

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