My Name: la recensione della serie polizieca di Netflix

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My Name è una serie coreana distribuita da Netflix. È un dramma poliziesco, che prende il via dalla sete di vendetta della protagonista. È una serie piena di combattimenti corpo a corpo violenti ed intrisi di sangue, che conferma ancora una volta la validità dei prodotti sudcoreani. Descrivendo un contesto crudo e brutale, la serie spicca in particolare per la sua protagonista che risulta un personaggio carismatico e stratificato.

Il contesto

In My name non c’è solo vendetta, ma un contesto complesso diviso tra gruppi criminali in conflitto e la legge che dà loro la caccia. Jiwoo (la protagonista) si colloca tra due poli, vivendo un contrasto tra due mondi. Con un piede nel mondo criminale e con l’altro legato alle forze di polizia, la giovane donna si barcamena in una realtà di violenza e brutalità, alla ricerca dell’assassino del padre. Il dolore per la sua perdita e il desiderio di vendetta sembrano il fulcro attorno a cui ruota l’intreccio. Tuttavia My Name non si struttura come un revenge movie alla Kill bill. Dopo un prima tragica puntata e una bella sequenza ad episodi che sintetizza 5 anni di duro addestramento, la serie si configura come un poliziesco che può richiamare alla mente The Wire. Per buona parte dello svolgimento il fulcro diventano Jiwoo e il suo rapporto con un contesto difficile. La storia, ben scritta e coinvolgente, non si riduce quindi ad un semplice racconto di vendetta, ma delinea un contesto stratificato e intrigante. Un mondo estremamente violento e brutale, che può ricordare il film The Departed di Scorsese.

Jiwoo: la protagonista di My Name

Jiwoo è il centro focale dell’intera serie. É il motore di My Name , che garantisce una marcia in più. Lei è un personaggio stratificato e complesso, che vive di conflitti e contrasti. Inizialmente viene mostrata come una ragazzina bullizzata e reietta, emarginata a causa del padre ritenuto un criminale drogato. Jiwoo è una ragazzina dal corpo minuto, ma che possiede un fuoco interiore che brucia ardentemente. Dimostra già all’inizio della storia di saper incassare i colpi e saper rispondere a tono. Sarà la morte del padre che le farà fare un passo in avanti. Con la volontà di scoprire chi ha ucciso il genitore, viene arruolata da uno dei boss più grandi nel giro della droga (amico del padre) per allenarla e garantirle vendetta. Nei primi due episodi di My Name, Jiwoo da sfoggio di tutta la sua grinta e volontà di spirito, spingendo il suo corpo mingherlino al limite. Isolata anche nel nuovo contesto e vessata da violenze brutali, darà dimostrazione di possedere un grande carattere e la freddezza necessaria per vivere in un mondo criminale come quello. Da vittima, reietta ed emarginata, diventerà una donna carismatica e capace di difendersi e rispondere alla violenza.

Conclusioni

My Name è una serie che dimostra l’elevata qualità dei prodotti provenienti dalla corea, l’ennesima di una lunga lista (tra cui Squid Game, Non Siamo più Vivi o Sweet Home). Intrisa di violenza e di combattimenti frenetici, è un prodotto che deve la propria incisività soprattutto alla protagonista Jiwoo. Lei è un personaggio complesso e pieno di conflitti interni, che rappresenta un ottimo esempio di eroina “girl power”. My Name è un poliziesco che può ricordare strutturalmente film come The Departed o serie come The Wire, risultando un prodotto che fa l’occhiolino alla tradizione del poliziesco statunitense e alle storie di gangster . Con un atmosfera grave ed un contesto violento è un prodotto che riesce a far colpo. Quindi se amate i polizieschi cupi e violenti, a volete vedere dei personaggi femminili carismatici e complessi, My Name è la serie che fa per voi.

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