Mariella Nava, nuovo singolo. In TV? “Forse creerò un mio talent” Intervista

Mariella Nava torna in scena con nuova musica, con tante idee per il futuro e ben conscia del suo passato. Ecco la nostra intervista.

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Mariella Nava é sicuramente una dele più grandi cantautrici italiane. In un universo musicale in cui l’appellativo di cantautore riguarda spesso bravissimi autori che sono tuttavia carenti sul piano canoro, Mariella Nava ha dimostrato che non solo si può essere eccellenti su entrambi gli aspetti, cantando e scrivendo nel migliore dei modi, ma si può anche riuscire a plasmare la propria musica attraverso mille stili diversi, conservando pur sempre la propria anima artistica.

Nata prima come autrice e poi come interprete, Mariella Nava viene ormai da una carriera che dura da più di 30 anni e che é riuscita a donarle davvero molte soddisfazioni. Il suo percorso l’ha portata a pubblicare poche settimane fa in nuovo singolo intitolato “Povero Dio”, ed a questo brano potrebbero presto seguire altri interessanti progetti. Di questo e di tanto altro abbiamo parlato direttamente con Mariella Nava.

Intervista a Mariella Nava

“Povero Dio” è il titolo del suo nuovo singolo. Cosa rappresenta per lei questo brano e come mai ha deciso di inserire un concetto forte come quello di “Dio” in una canzone?

Benché il concetto di Dio sia molto popolare, forse è molto poco pop cantarlo. Dio appartiene un po’ a tutti, fin da quando nasciamo, in culture e paesi molto distanti c’è sempre la necessità, l’urgenza di avere un riferimento che vada al di là di noi, della pochezza e delle limitazioni della nostra vita. Però, nonostante questo, o si scelgono religioni molto differenti fra di loro oppure la si considera una condizione di second’ordine. Non si dà molto spazio alla preghiera, si lascia al massimo spazio per la meditazione lì dove non ci conviene e senza tanto impegno. A nostro uso e consumo insomma. Sembra così stonato parlarne, ma a me piacciono le stonature, le dissonanze, le cose di cui è scomodo parlare; forse queste cose sono scomode proprio perché sono le più importanti, e nel momento in cui siamo stati rinchiusi per difenderci da un virus, nel “tempo dilatato” forse lo abbiamo capito.

Ci sono cose che proviamo a mettere in secondo piano ma che prima o poi si ripresentano in maniera impetuosa nella nostra esistenza. Si rivelano quindi la nostra pochezza e la nostra fragilità, crollano le certezze. Il nostro futuro che sembrava non poter essere messo in discussione in alcun modo è sembrato improvvisamente molto vacillante, e questo può aver tirato nuovamente fuori qualcosa come il concetto di Dio, di qualsiasi credo si abbia. Poi ci sono arrivate un sacco di immagini suggestive: il Papa che dice messa da solo in una Piazza San Pietro vuota, fra l’altro in una serata piovosa. Cose che hanno suggerito emozioni e suggestioni forti, insieme chiaramente alle notizie che arrivavano. Quindi mi sono detta: “forse è arrivato il tempo di proporre questa tematica”, di proporre il tema di fede, di fiducia ecco, perché “fede” vuol dire fiducia.

Quindi la canzone era già pronta o è stata scritta in virtù di quanto accaduto recentemente?

In realtà il brano girava dentro di me da diverso tempo ma non avevo il coraggio di tirarla fuori. Mi dicevo: “mah, chissà se c’è modo di farla ascoltare e capire, di far provare alle altre persone quell’emozione che provavo io”. Mi chiedevo: “ma l’attenzione di chi potrebbe attirare?”. E invece, in questo periodo in cui siamo stati tutti più uniti anche se distanziati fisicamente, ho pensato che questa attenzione poteva esserci, che con questa canzone potevo arrivare a sanare il momento difficile di qualcuno, a riparare lo stordimento di qualcuno.

So che prossimamente ha intenzione di tornare in studio. Ci sarà un nuovo album?

Si, devo ultimare il mio album di inediti. “Povero Dio” sarà incluso in un album. In condizioni normali magari sarebbe stato fra le cose più nascoste dell’album, fra quelle più difficili da esporre, invece ora è diventato il primo singolo, una sorta di aperitivo (ride).

Nel corso della sua carriera lei è stata sempre autrice dei brani che ha cantato e spesso anche autrice di canzoni per altri. Cosa cambia per lei fra scrivere musica per sé e per altri?

Chiaramente tutto quello che scrivo parte da me, io ci sono dentro al 100%. Bene o male non devo scoprire niente, so già tutto fin dalla prima nota che metto sul pianoforte, dalla prima parola che scrivo su carta, dall’ultima nota che emetto con la voce. Quando scrivo per altri, però, può esserci la bellissima sorpresa di scoprire l’interpretazione e l’emozione di altri artisti. La persona nuova può regalarti qualcosa di nuovo, è come al teatro, quando una parte che già esisteva viene interpretata da un nuovo attore; è come il remake di un film. In quei casi c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, il processo non è più qualcosa che parte e finisce con me.

Parlando di questo: ci sono artisti per i quali non ha ancora scritto sebbene desideri di farlo?

Si, ce ne sono tantissimi, anche perché io sono una persona molto attenta alle cose nuove che accadono nel mondo della musica. Vorrei scrivere sicuramente per qualcuno che conosco da tempo, di cui magari sono stata addirittura fan, come De Gregori, Fossati o la stessa Mina, magari! Ma vorrei collaborare anche con tanti nuovi artisti che arrivano attualmente: penso ad Anastasio, Salmo, Arisa! Ci sono tante voci e tanti stili che mi potrebbero ispirare. Non mi precludo nulla perché la musica è sempre una materia in movimento, in evoluzione. Quindi si arricchisce sempre di novità, di possibili esperimenti.

Mariella Nava a Sanremo 1999

Parlando del suo lavoro d’interprete, lei è stata più volte al Festival di Sanremo. Cosa rappresenta per lei quel palco?

Per me come per tutti gli spettatori che lo seguono con passione dall’Italia e dall’estero e proprio per la storia della musica italiana, Sanremo è un palco di un’importanza fondamentale. Sanremo è una tappa di passaggio quasi obbligata per qualsiasi artista che sia poi diventato grande, sono veramente pochi quelli che sono diventati importanti senza passare da lì, e anche quando lo hanno fatto sono comunque saliti su quel palco una volta diventati famosi, magari come ospiti. Questo vuol dire che Sanremo è un palco che dà connotazione, ci sono vari personaggi che si muovono nel mondo della musica anche con successo ma poi, se vogliono conclamarsi, se vogliono la “conferma totale”, dire “ci sono, esisto” devono per forza passare da lì.

Pensiamo a Diodato: è sempre stato bravo, ma l’opportunità che gli è stata data quest’anno gli ha conferito un’ulteriore sottolineatura. Penso dunque a molti grandi che sono diventati tali proprio per essere stati su quel palco, inclusi dei personaggi insospettabili come Vasco Rossi, Zucchero o Lucio Dalla che potrebbero sembrare anche avulsi da questa storia, non necessariamente connessi, eppure ci sono stati ed hanno lasciato lì alcune loro pagine importanti: “4 Marzo 1943”, “Donne”, “Vita Spericolata”. Non riesco a pensare a grandi nomi della musica leggera italiana senza quella centratura che riesce a dare Sanremo.

Quali sono i suoi ricordi circa quel palco?

Ci sono in particolare due momenti. Uno in particolare è quello di “Spalle Al Muro”, canzone scritta per Renato Zero che nel 1991 mandò il pubblico proprio in visibilio totale. Renato mandò in delirio il pubblico già dalla sua prima apparizione, e così capimmo che sarebbe stata una pagina importante, anche grazie alla sua fantastica interpretazione. Poi l’altro momento è quello in cui io, da sola, sono andata su quel palco con “Così E’ La Vita” nel 1999 arrivando terza nella classifica finale, quella che includeva sia il parere della critica che del pubblico. Questo significava che quello che avevo fatto e scritto fino a quel momento era stato seguito e amato dai più.

Parlando di momenti importanti della sua carriera, mi viene in mente qualcosa accaduto ai suoi esordi, ossia il brano “Dentro Di Me”. Ai tempi quella canzone ricevette censure che oggi, magari, non avrebbero motivo di esistere, e attirò in sua difesa un personaggio già allora estremamente influente quale Maurizio Costanzo. Cosa ricorda di quel periodo?

Diciamo che già ai tempi io ero già io. Il coraggio che ho poi mostrato parlando di temi sociali o di Dio c’era già anche quando parlavo d’amore. Il coraggio di donna che scriveva era un coraggio a piene mani, anche nella mia timidezza come persona perché io esorcizzavo da sempre questa timidezza con la musica. Lì ho presentato questo modo d’essere ed è stato anche motivo di grande apprezzamento, mi ha aperto molte porte e considerazioni, è stato importante per non essere confusa con altre persone che facevano già parte della musica italiana. Vorrei quindi dire: grazie a quelli che se non sono accorti, non solo Maurizio Costanzo ma anche Gianni Morandi, Renato Zero e tanti altri che poi si sono approcciati a me dicendomi: “mi piace il tuo stile, mi scrivi qualcosa?”. Questo ha anche rinforzato il mio coraggio che, comunque, ho sempre avuto.

Per lei c’è stata un’evoluzione dello stile musicale o ritiene che i brani che nascono dalla sua penna oggi potrebbero esserne venuti fuori già in passato?

Chiaramente il vissuto aggiunge esperienza, non rimani mai allo stesso punto. Significherebbe non vivere, o quantomeno non aprire i contenitori giusti in cui inserire le esperienze. Diciamo che magari dal punto di vista stilistico si, ci sono cose che avevo già dentro, la mia fisionomia artistica era già abbastanza precisa. Crescere ha aggiunto tuttavia ancora più voglia di raccontare, anche perché oggi ho maggiore libertà. All’inizio, quando ho mosso i primi passi, ero in una casa discografica che ha i suoi tempi, i suoi contratti, le sue linee editoriali, i suoi binari in cui non dico voglia costringerti ma con cui comunque ti indica cosa è meglio fare. Forse ad un certo punto della vita artistica, un artista che ha una certa misura è chiaro voglia una certa indipendenza, che voglia gestirsi da sè, e questo è un po’ quello che ho fatto io da quando ho aperto la mia etichetta e ho la gestione totale di quel che faccio. Oggi se voglio posso stare comunque nel mercato, ma alla mia maniera.

A proposito di etichette e contratti: non tutti i brani che lei ha pubblicato in passato sono attualmente su Spotify e gli altri servizi streaming. C’è per caso un piano per “restituire” questi brani al pubblico di queste piattaforme?

In realtà bisognerebbe appropriarsene. Prima chiaramente Spotify non esisteva, e anzi io sono stata uno dei primi cantanti italiani che hanno reso disponibile la propria materia musicale online quando nel 1995 internet nacque. Purtroppo tante cose non sono di mia proprietà e dovrebbero essere quelli che le posseggono, che ai tempi mi hanno dato la possibilità di registrarle, a decidere di fornirle. Quindi sarà una scelta loro se farlo o meno, dal momento in cui ho iniziato a pubblicare musica autonomamente posso rielaborarla, riutilizzarla come voglio dunque per quella si, non ci sono problemi da questo punto di vista.

Negli anni 2000 lei ha partecipato a Music Farm, uno dei primi programmi televisivi interamente dedicati alla musica sotto forma di reality o talent. Negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom di questi programmi: ha per caso pensato di partecipare nuovamente a qualcosa del genere?

Si, mi piacerebbe, però mi piacerebbe varare un nuovo programma che non c’è, scriverlo o quantomeno partecipare alla scrittura del format. Ho in mente qualcosa che più che valorizzare gli interpreti vada ad avvalorare le nuove leve di autori, perché secondo me sono la parte che manca di più, quella più dolorante della musica. Quindi studierei una formula di talent nuovo dedicato interamente agli autori.

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