Il Festival di Venezia 2019 è ormai alle porte: l’evento si terrà a partire dal prossimo 28 agosto e continuerà fino al 7 settembre, il tutto nel segno del grande cinema internazionale; in questo periodo porteremo avanti una rubrica incentrata sulla giuria che si occuperà di valutare le varie opere cinematografiche che saranno presentate durante il festival. Oggi ci soffermiamo su Lucrecia Martel, regista argentina che ha conquistato la critica mondiale da moltissimi anni. CLICCA QUI PER IL PRECEDENTE CAPITOLO DELLA RUBRICA.
Classe 1966, Lucrecia Martel ha sviluppato fin da piccola un amore per la cultura e l’arte: appassionata dell’arte di raccontare e delle lingue antiche fin da piccola, inizia a girare video amatoriali già durante l’adolescenza con una videocamera che suo padre le regalò. Dopo aver studiato presso l’unica università di cinema allora presente in Argentina, Lucrecia dà il via alla sua carriera già a fine anni ’80, girando svariati cortometraggi. Ci vorranno però più di 10 anni affinché Lucrecia abbia la possibilità di girare il suo primo vero film “La Ciénaga”, tuttavia l’attesa fu ripagata da un ottimo responso di pubblico e (soprattutto) critica.
Il film, che mostra la vita non molto fortunata di una donna argentina degli anni ’50, permette a Lucrecia di creare del terreno fertile su cui costruire una buona carriera futura e di vincere numerosi premi; il grande balzo in avanti avviene però con l’opera successiva “The Holy Girl”, un film prodotto addirittura da Pedro Almodovar che riuscirà ad ottenere un successo ancora più ampio a livello mondiale. Seguiranno altri due lungometraggi, entrambi oggetto di responsi ancora una volta ottimi da parte della critica: il thriller psicologico “The Headless Woman” del 2008 ed infine un ulteriore dramma, Zama, del 2017. Nel lunghissimo periodo intercorso fra le ultime due opere, Lucrecia Martel è tornata alla sua prima passione: i cortometraggi.