Nell’arco della nostra permanenza su questo pianeta abbiamo la fortuna di vivere esperienze di ogni tipo, ma nessuna di queste può essere minimamente paragonabile a quella di diventare genitori. Quella di avere figli è una gioia che tocca anche ai musicisti, influenzandone indubbiamente la produzione immediatamente successiva al lieto evento. Moltissimi esponenti della pop music hanno scritto brani dedicati ai propri nascituri o alle proprie nasciture, come John Lennon con la canzone Beautiful Boy dedicata al secondogenito Sean, come Bono Vox degli U2 con la canzone Kite dedicata ai suoi figli oppure, per rimanere a casa nostra, Luciano Ligabue con Da adesso in poi ed Eros Ramazzotti con L’aurora; tutte queste canzoni mostrano all’interno del proprio testo e nelle scelte musicali tinte forti di infinita dolcezza, felicità all’ennesima potenza e languido affetto per la creatura che è appena venuta al mondo, e dover scegliere tra una di queste per esemplificare il connubio tra paternità e musica è un torto purtroppo non voluto ma necessario per ragioni di sintesi. Si è dunque optato per Isn’t She Lovely di Stevie Wonder, meravigliosa ballata dedicata all’allora neonata figlia Aisha (il cui nome viene citato nel testo del brano) che, e per soluzioni musicali e significato testuale, è sembrata la più adatta a rappresentare questa meravigliosa categoria di componimenti musicali.
La canzone apre il lato 3 del vinile dell’album Songs in The Key of Life uscito nel 1976 e, come buona parte della produzione di Wonder, mette in luce le elevate doti musicali dl’artista afroamericano: tutti gli strumenti presenti nella registrazione, a parte una traccia di tastiera eseguita da Greg Phillinganes, sono stati suonati da Wonder stesso, con particolare evidenza sull’assolo di armonica a bocca che si protrae per tutto l’arco del brano fino a perdersi nell’interminabile ma ipnotico outro. Il giro armonico orbitante attorno a Mi maggiore si ripete incessante su un ritmo shuffle che sembra quasi ricordare il gesto del cullare l’infante quando non riesce a prendere sonno; il tutto viene introdotto da un incipit di batteria e basso accompagnati dal dolce vagito di un bambino appena venuto alla luce, registrazione effettuata per davvero in una sala parto. La melodia, ormai nelle orecchie di tutti, strizza l’occhio (o forse è il caso di dire l’orecchio) alle ninna nanne più sentite, con un papà che si sente su un altro pianeta ora che ha la sua piccola in braccio e non si pone freni nel cantare tutto il suo amore e la volontà di proteggerla. Sicuramente la condizione di non vedente di Stevie Wonder ha accentuato il senso di meraviglia e gioia interminabile che si prova in un momento del genere: non che un neo papà con diedi decimi pieni di capacità visiva sia meno in grado di provare determinate sensazioni, ma la mancanza della vista innalza la capacità degli altri sensi, quasi a porre maggior importanza ad altri aspetti stupefacenti del nascituro che non siano per forza il mero aspetto fisico. Questo concetto lo ha spiegato bene Ray Charles, altro esponente della black music non vedente, il quale ha spiegato, quando ancora in vita, come il non vedere il proprio bambino o bambina quando lo o la si tiene in braccio aiuti a percepire il peso solo come un «meraviglioso carico d’amore», scevro dall’essere rovinato dalla concentrazione sull’aspetto esteriore.
Che dire poi del testo di Isn’t She Lovely? Il brano di Wonder è un trattato di dolcezza e volontà di essere il miglior papà possibile per la propria figlia:
Isn’t
she lovely
Isn’t
she wonderful
Isn’t
she precious
Less
than one minute old
I
never thought through love we’d be
Making
one as lovely as she
But
isn’t she lovely made from love
Isn’t
she pretty
Truly
the angel’s best
Boy,
I’m so happy
We
have been heaven blessed
I
can’t believe what God has done
Through
us he’s given life to one
But
isn’t she lovely made from love
Isn’t
she lovely
Life
and love are the same
Life
is Aisha
The
meaning of her name
Londie,
it could have not been done
Without
you who conceived the one
That’s
so very lovely made from love.
Molto toccanti sono gli ultimi versi del testo, dove Wonder spiega il significato del nome della propria figlia accostandolo alla vita, e dove il cantante ringrazia la moglie per aver contribuito insieme alla nascita del loro regalo più bello. Il testo non è particolarmente lungo per una canzone di quasi 7 minuti e mezzo, ma molto probabilmente perché tutto quello che c’era da dire è stato detto con estrema semplicità e spontaneità. Quella della paternità è una gioia che non conosce limiti, e che non può essere spiegata a dovere usando le parole, ecco perché Wonder si affida maggiormente all’ausilio della stupenda musica che ha composto per Aisha, e noi siamo d’accordo con lui.