Intervista al poeta contemporaneo Gastone Cappelloni, scrittore per la beneficenza…

da S.Angelo in Vado (PU) alla scoperta del mondo intero

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Gastone Capelloni, Poeta contemporaneo, classe ’57, nasce e vive a Sant’Angelo in Vado, in provincia di Pesaro e Urbino, paese di quattromila anime, ai piedi dell’Appennino Marchigiano, quinto di sei figli. Inizia a lavorare all’età di quattordici anni, in fabbrica, tipografia e proseguendo in un magazzino tessile fino al conseguimento della pensione, anche se raggiunta in, diciamo, giovane età, per motivi di salute.

 

Come nasce il poeta Gastone Cappelloni e perchè hai scelto questa strada?

Credo che sia stata la poesia ad aver scelto me ad indirizzarmi in chiave poetica… Tutto nasce dalla voglia e le sensazioni di continuare a esprimersi, di continuare il racconto di vita passata, di vita appartenuta… che appartiene all’indole di eterno viaggiatore dell’anima. Ecco allora senti il bisogno non solamente di esternare ma di continuare a raccontarti e raccontare il percorso fino a qua intrapreso.

Hai mai pensato ad un nome d’arte che rappresentasse la tua vena poetica?

Devo dire che Gastone è già un nome particolare e calza a pennello con l’artista che sono… Anche perchè mi è stato detto da un’amica tanto tempo fa: “Gastone, il tuo nome non è stato messo a casao…”. Non rientra nella casistica dei nomi scontati e io ci credo.

Da bambino cosa sognavi di fare? Hai realizzato il suo sogno o i tuoi sogni nel cassetto?

Io credo che ho intrapreso il percorso insieme ai sogni proprio perchè sono perenni, non puoi aver realizzato i tuoi sogni altrimenti credo che la propria strada volge quasi al termine… preferisco sempre sognare proprio perchè rimanendo come amo definirmi quel eterno Peter Pan mi permette ogni giorno di ricoprire in qualche cosa che mi appartiene e mi incuriosisce ancora di pù ad approfondire le stesse metafore di vita.

Parliamo della tua ‘ultima’ opera: Perchè hai scelto il titolo “6.0”?

6.0 perchè non a caso sono i miei primi 60 anni di vita, ecco la causa di questo titolo. All’interno di esso troviamo il doppio significato: non solamente i 60 anni ma il 6.0 sta a significare un punto di partenza verso altri sessanta…

Come risponde la tua città S.Angelo in Vado riguardo questo aspetto artistico?

Raccontaci brevemente il recente viaggio in Argentina:

Posso dire che è stata un’esperienza impossibile da raccontare proprio perchè vissuta e come tu ben sai le emozioni le puoi vivere ma raccontarle rimane un po’ problematico. Ho toccato nove città per un totale di 2.700 km. E grazie ai contatti che ormai ho sono riuscito a creare un rapporto di amicizia che mi ha permesso di organizzare 15 eventi in scuole, radio e televisioni. Devo ringraziare la Regione Marche per avermi dato la possibilità di averla al mio fianco essendo anche testimonial della Regione stessa ed avendo il supporto del patrocinio. Anche le associazioni marchigiane mi hanno fatto sentire il loro sostegno e devo dire che non sono mai stato lasciato solo e rappresentare la propria regione è sempre un grande vanto.

Quando prepari un libro, hai già in mente quello che sarà il titolo oppure hai da scegliere fra diverse idee che più rappresentino il libro stesso?

Trovare i i titoli giusti non è mai semplice, anche perchè non mi piace la ripetitività e poi il titolo da assegnare per me è sempre sacro… a volte veramente ci impiego mesi e mesi con titoli che nascono però puntualmente poi vengono abortiti per questo motivo, non soddisfano tutti i requisiti.

Perché un libro sull’Argentina e sui migranti italiani che si trasferirono dagli inizi del ‘900?

Forse perché coinvolto emotivamente, non posso dimenticarmi, che la mia famiglia ha toccato non solo simbolicamente la migrazione, infatti, non solo zio Lino, fratello di mio padre ha lasciato il proprio paese per l’Argentina, ma anche Domenico, altro zio, emigrato in quel di Nizza, Francia, quindi, il tema legato a quella terra è vivo e attuale, moralmente mi sento parte integrante di quella stessa realtà, poi “Un seme oltre oceano” è il coronamento di quello che il cuore ha sempre toccato con il pensiero fattivo della presenza.

Com’è nata l’idea di un tuo viaggio per promuovere il libro proprio oltre oceano?

Un rapporto carnale che vive anche e non solo nella realtà, ma nell’inconscio è sempre attuale per chi conosce la storia della famiglia, in questo caso, la storia della mia stessa famiglia. Promuovere il libro oltre oceano è stato forse il sogno nascosto che avevo, ma mai avevo preso in considerazione, proprio perché il legame affettivo che ho sempre avuto non solo con lo zio, ma anche son mio cugino e suo figlio è sempre stato reale e concreto, e non curiosità di conoscere parenti perché appartengono alla famiglia di mio padre. Il viaggio in Argentina è stato la sublimazione del cuore per mio padre, meritava questa soddisfazione, anche se purtroppo non più presente.

Com’è stato questo viaggio? Com’è per un poeta arrivare fisicamente nei luoghi che fino allora aveva soltanto raccontato con le sue poesie?

Ho scritto in modo dettagliato i ventotto giorni che mi hanno permesso di trascorrerli non solo a Mar del Plata dove vive lo zio ma anche in altre due città dove il libro ha preso forma, presentandolo. Il libro racconta con dovizia di particolari il viaggio, non senza esilaranti momenti, veramente mio padre mi ha assistito dal cielo, io confusionario nato, ancora ricordo le battute degli amici, ora mi rendo conto che cosa ho affrontato, anche se rifarei il tutto. Indescrivibile, raccontare luoghi dove lo zio Lino vive, fascino e mistero che permeano l’immaginazione, facendomi rivivere gli anni della mia stessa infanzia, un viaggio a ritroso, proprio perché il loro stile di vita riportava agli anni sessanta. Calore, solarità, abbraccio di vita, genuinità, e non solo, valori che riportano a chi si era.

Quanto di Italiano e di vadese hai trovato in Argentina? Ci sono persone, cose, luoghi che ricordano la nostra città?

D’italianità tanto, anche se oramai sono arrivati alla quarta generazione e vivono, respirano con il sangue della propria terra, e dell’appartenenza, anche se nati lontano dall’Italia, si sentono Italiani a tutti gli effetti, anche se la lingua è lo spagnolo, appena conoscono le storie dei loro antenati, e avere origini paterne o materne, anche se conosciute o immaginate, li riempie d’orgoglio e di soddisfazione. Invece di VADESE il dialetto, le storie, la vita vissuta, i loro cari, le sofferenze per il distacco, mi sono sentito e trovato a casa nel loro modo di porsi facendosi conoscere per quello che effettivamente riconosco, e non solo per l’amicizia che ancora li lega ai miei genitori. Sì, non solo ho respirato il paese, ma soprattutto il tempo che mai passerà nei loro cuori, perché parte coinvolgente delle loro stesse radici.

Dalla Spagna sei passato all’Argentina. Dove sta il collegamento?

Essendo un libro dedicato non solo allo zio Lino, ma a tutti gli italiani sparsi nel mondo, il passo è stato assai breve, e dopo l’Argentina ecco la Spagna, Madrid. Il libro è stato presentato al COMITES (Comitato degli italiani residenti all’estero), proprio perché filo conduttore è la migrazione, e grazie a un’amica cara Elisabetta Bagli, è sbocciata la possibilità di presentarlo anche in quella terra, progetto iniziato da subito, dopo aver fatto ritorno in Italia.

Tutto questo girovagare è merito del tuo ultimo libro, raccontaci di cosa parla, come lo hai scritto e che caratteristiche ha?

Inconsciamente è merito dell’ultimo libro, il diciannovesimo in ordine d’uscita, se ho realizzato un sogno che durava da quando ho iniziato a crederci, anche perché i sogni non possono avverarsi se non vissuti appieno, ed io da “folle” ci sono riuscito, ancora mi domando com’è stato possibile non conoscendo la lingua o vivendo in realtà opposte. Raccontarlo rimane difficile, lascio al lettore il gusto e la curiosità mentale di far sì che diventi metafora compiuta, il significato, emozioni legate a stati d’animo non solo immaginati nella mente, ma vissuti appieno grazie a sessant’anni di racconti famigliari, dove noi eravamo coinvolti non solo emotivamente nel racconto reale di questa lontananza. Leggendolo ognuno di noi si ritrova emigrante, ma con la differenza di vivere nella propria terra, immaginandosi di riflesso in quello che non gli appartiene, ma che potrebbe coinvolgerlo. Potrebbe accadergli. Poesia è storia, e questo libro appartiene a tutti noi, nessuno escluso, è il racconto di quel viaggio mai terminato, ma sempre con le valige in mano!

Gastone ormai è un poeta di fama nazionale che gira tutta la penisola. Quanto conta per un poeta partecipare ai vari premi e tenere contatti con l’ambiente e con i colleghi?

Fama nazionale? Non proprio, credimi penso più alla sostanza che alla forma cioè, prima del Poeta o di Gastone viene il Paese. Il MIO Paese. E girando l’Italia, la sola cosa che conta, anche se, racconterei bugie se non fossi onorato dei complimenti, di poterlo far conoscere. I premi, gli encomi, sono cibo per il cuore e per la mente, inutile nasconderlo, ma quello che conta veramente è il rapporto che s’instaura con la gente con le persone che conosci o frequenti, nessun premio speciale, potrà mai farti sentire realizzato e poi i rapporti umani sono prevaricati dalla smania di essere, di apparire, come si vuol dire, come semini, raccogli, e il lato umano ha sempre il sopravvento sul lato prettamente simbolico. Siamo Poeti non del corpo, ma dell’anima, dove il significato dell’esistenza è in quello che scrivi e non solo in quello che vivi.

Nel tuo ultimo libro c’è molto di autobiografico. Quanto conta nella tua produzione letteraria il tuo paese, le tue origini e la tua storia?

E’ un rendiconto di vita attraversata, vissuta con il finale che mai finirà, come d’altronde potrebbe esserlo, come raccontare quello che vorremmo ma che non possiamo, se non in senso lato, noi siamo storia di noi stessi, figuranti consenzienti di una non appartenenza, destino inconscio della stessa vita vissuta, complici indifesi di un’impalpabilità che ci rende partecipi ma irreali. Poesia è storia quotidiana, il resoconto della consuetudine che abbiamo vissuto, un cammino introspettivo del passato, del presente, ma soprattutto del futuro che appartiene all’oggi ma che non vuole radici o etichette. Il Paese è vita, è racconto tramandato, ombra protettiva delle stesse nostre illusioni. Le nostre origini sono scritte nella stessa storia del destino, noi vittime sacrificali, senza la perplessità nella stessa esistenza. La storia sono gli altri, noi spettatori di noi stessi, senza diritto di replica.

Gas lasciaci con un messaggio finale:

Il mio viaggio in Argentina passa anche da qua… Grazie e ringrazio te e tutti i lettori, vi invito a leggermi e se volete sapete che il ricavato del mio libro andrà in beneficenza. Io ci tengo tantissimo poi sta a voi decidere se ne vale la pena leggermi oppure no…

 

CONTATTI: www.gastonecappelloni.com

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