Intervista ad Alessia Iuliano,l’artista che non nega nessuno.

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“…tu/un abisso/per non negare nessuno”, quando lo scrissi, semplicemente, lo intesi come un invito ad amare sempre, a non avere paura.

Sono tanti i termini da utilizzare per descrivere la poesia e l’arte di Alessia Iuliano. La sua poesia è ermetica, sicura,travolgente:il lettore sente un tocco profondo , sconvolge  sconquassa e culla all’anima. Sarebbe riduttivo indicarla solo come poetessa. E’ infatti un’artista eclettica,variopinta,che abbraccia la scrittura,l’arte,e la musica.

Foto di Francesco Pascucci

 

Alessia nasce a Termoli nel 1995,studia Illustrazione all’ Accademia internazionale di Comics di Pescara e Musicoterapia presso il Conservatorio di Pescara. Nel 2015 il testo Thanks to WFMT,interamente scritto da Alessia,viene scelto dalla Word Federation Music Therapy come sigla ufficiale.Nel  2016 viene pubblicata la sua prima traduzione dall’argentino: Il ladro di ombre, Edizioni di pagina; lo stesso sarà,qualche mese più tardi, super vincitore del Premio Elsa Morante Ragazzi. Non negare nessuno è la sua prima raccolta poetica e vince il primo premio al concorso nazionale di poesia SerrapetronaLe Stanze del Tempo 2016, promosso dalla Fondazione Claudi.Si è occupata dell’illustrazione del quaderno per bambini Cantami una filastrocca edito per la RPlibri, per cui ha anche pubblicato,nel 2018,la sua plaquette Ottobre nei viavai.Fra i premi i riconoscimenti vi sono: premio Giovani Autori alla XIV edizione del concorso nazionale di poesia Città di Sant’Anastasia, dicembre 2016, Primo Premio assoluto al concorso biennale di Poesia A.Venanzio Reali 2017. È presente in numerose antologie e nell’ Almanacco V dei Poeti e della Poesia edito per Raffaelli Editore.

 

 

Conosciamo meglio  Alessia..

Ho notato fin da subito l’innegabile ermetismo dei tuoi versi,i quali son riusciti a darmi un letterario effetto di vedo/non-vedo,richiamando la capacità ungarettiana.E’ un effetto voluto?


Premessa importante, io devo molto all’incontro con Ungaretti poeta. È stata una delle  mie prime letture consapevoli; c’è da dire che un poeta, un autore non lo si finisce mai di conoscere e ogni volta che lo si riscopre emergono sue peculiarità prima segrete. Detto questo, parlare di ‘effetto voluto’  nel richiamare la capacità ungarettiana sarebbe da parte mia una presunzione, invece credo, qualora sia vera una certa sua eco nelle mie poesie, che si tratti di una inevitabile conseguenza. Come quando si conosce una persona nuova e si sta bene con lei, si inizia a vivere delle esperienze in comune, ci si evolve e si aumenta la propria Vita, si acquistano anche dei modi di fare di quest’ultima; così il mio scrivere, magari, si è teso verso quella maniera di dire l’indicibile propria delle poesie di Ungaretti. 

 

E’ innegabile,nelle tue poesie, una semplicità disarmante che riesce a rappresentare svariati temi. Scrivi:
”Volevo spiegarmi l’amore\ma la ragione è una cosa piccola” .Ti chiedo,quindi,qual è il rapporto controverso fra la tua ragione e il tuo amore? Sono nemici giurati o amanti proibiti?

Che domanda da ‘Senso della vita’! Nelle mie poesie ci sono io, ma non soltanto io. Ci sono gli incontri, le esperienze, c’è lo sguardo, la sensibilità con cui ho messo a fuoco queste occasioni e,  la messa a fuoco, è una operazione che, per me, avviene con la pancia, se vuoi, col cuore quando il dato reale, l’oggetto-soggetto della poesia acquista altri nomi, altre valenze. Dopo, indubbiamente, subentra il labor limae, quindi la ragione, la consapevolezza di ciò che è avvenuto. Perciò ti direi, No. Non sono nemici giurati la mia ragione è il mio amore, sono compagni di viaggio, sono entrambi necessari a quel processo di presa di coscienza del dato reale, che sia esso rappresentato da una persona, da un evento, un tavolo, una sedia o anche il mio gatto!


Quando scrivi,per chi scrivi e perché scrivi?

Ti direi che scrivo perché sono viva. Non che chi non scrive poesie sia un morto, eh! Semplicemente io scrivo perché sento la Vita e ho bisogno di raccontarla in un modo, per me, più intenso, che ecceda come la Vita stessa fa, eccede, abbonda, straripa da tutte le innumerevoli occasioni che offre.  Ti direi anche che scrivo per me stessa, ma nel senso più amorevole del termine. Scrivo perché la vita mi sorprende e non posso fare altro che aderire a questa sorpresa, a questo continuo stupore e manifestarlo così: parlandone in versi. Ovviamente c’è, ma perché se non ci fosse sarebbe anche inutile pubblicare una raccolta, mi basterebbe riempire un bel diario da riporre nel cassetto del comodino in camera mia, il desiderio, la speranza che il mio scrivere in qualche modo possa essere un’ offerta per chi si trovasse tra le mani anche solo un mio verso. Che un mio verso sia per qualcuno una lente di ingrandimento per guardare con amore e coscienza la sua di Vita, dentro se stesso. 

 

Come dimostra la bellissima poesia dedicata ad Ischia e alle tue vacanze,nonchè fonte di ispirazione,ami viaggiare. Qual è l’importanza del viaggio,secondo il tuo pensiero?In che modo un viaggio aiuta un poeta e detta versi preziosi? Quanto credi sia importante per un poeta essere strettamente connesso al mondo?


Il viaggio ci deve essere! Se non c’è viaggio vuol dire che non c’è meta e se non c’è meta non c’è passione, non c’è trasporto nel vivere tutto. Non si deve trattare necessariamente  di un viaggio reale, non si deve per forza prendere un treno e partire. Itaca, la meta, sta lì dove sei tu, il viaggio è una sorta di pretesto, stiamo parlando di poesia e quindi possiamo dire una sorta di metafora del cammino umano e personale di ciascuno di noi. La mia idea di fondo è che si possa esplorare se stessi tramite il dato reale, il tangibile, e questo fa dei luoghi e degli incontri una sorta di materia prima da cui partire per guardare a sé, al nostro singolare viaggio, ma il poeta è un uomo, e non è importante per il poeta essere connesso al mondo quanto lo è  invece per l’uomo! Questa connessione può esserci tranquillamente trascorrendo una vita intera nel paese dove si è cresciuti, si tratta di uno stare svegli, come sentinelle, davanti lo spettacolo violento e travolgente della vita, farsi assorbire; dopotutto la vocazione poetica della Dickinson è innegabile, eppure visse la maggior parte della propria esistenza nella casa dove era nata!

 

DIO. Raro trovarlo oggi protagonista di una poesia,specialmente da parte di una ragazza così giovane. E’ decisamente straordinario e inusuale.Descrivi un rapporto forte e necessario. Scrivi :
”Dio/mio la confusione /è poco,confusione/è mondo ma ti sento/anche nelle lontananze.” ”Fra le labbra ho solo Dio”
Come definisci il tuo rapporto,sia personale che poetico, con Dio? Lo associ in qualche modo,alla poesia?
Scrivi poi : ”Nemmeno Dio/a lettera maiuscola rispose”
Credi dunque che la fede possa vacillare e ,talvolta e in determinati momenti,indebolirsi?

Non si tratta di fede che vacilla.  È l’uomo, in quanto essere finito e determinato, a vacillare spesso e inconsapevolmente.Le mie poesie hanno un leitmotiv molto semplice: per parlare di esperienze, di emozioni grandi, difficili da spiegare con il linguaggio che comunemente si adopererebbe per quella data circostanza mi servo di immagini, di presenze altrettanto grandi, e cosa c’è -che uno abbia fede o meno - nel nostro patrimonio personale o collettivo di più grande di Dio? Più inspiegabile e non per questo incredibile di Dio? Quando ho scritto i versi di cui parli mi sono posta questa domanda. “Cosa c’è di più grande?” Non si tratta di associare Dio alla poesia, ma alla Vita, in quanto presenza con cui gli uomini, credenti o meno, si siano confrontati almeno una volta, almeno al momento in cui avranno scelto da che parte stare! Quanto al mio rapporto, non ho definizioni, e credo sia giusto così; meglio, credo che nel momento stesso in cui uno sia riuscito a dare una definizione bella e inquadrata di quella data cosa - Dio, amore, morte, il mio bestfriend e chicchessia -  ecco che quella Cosa diventa una cosetta, una cosetta che inizia da 1 e termina a 10, e non credo che sia una proprietà che pertiene all’uomo, quella di discriminare in maniera definitiva un qualcosa. Cioè potrà avvicinarsi, ma non ne è capace, non può farcela, forse non ne ha nemmeno il diritto, oltre che gli strumenti  ...

 

Non sei solo una poetessa, sei anche bravissima nel disegno e laureanda in musico terapia. Trovi un collegamento fra tutte le arti a cui hai dedicato la tua vita?

Illustrazione,Tecnica mista inchiostro e digitale
 Il collegamento è la bellezza, anzi meglio la costante scoperta delle bellezza; ma alla fin fine è sempre una questione di conti che non tornano, di eccessi che ti fanno innamorare. Allora, non c’è molto da fare, tenti qualsiasi via esplorativa per cercare di compensare il vuoto, o scrutare l’abisso, che c’è tra te e ciò che ti sorprende. Io mi affido semplicemente all’arte tutta, alle sue declinazioni.


Tema spesso ricorrente è anche il mare,rappresentato come attor muto delle tue poesie. Qual è il suo ruolo,nella tua composizione?

 
Ecco, il mare! Il mare è come Dio, o Dio è come il mare! La grandezza, la dismisura hanno, assumono una forma, un nome. Quando scrivo mare cardinale, non a caso, questo intendo: C’è un ordine, in questo ordine ci sono anche io, e grazie a delle esperienze, degli incontri, dei rapporti - penso ora al rapporto con il mare - io mi connoto per chi sono. Ma l’io di cui parlo non sono io Alessia Iuliano, quell’io è ciascuno di noi, che scopre chi è, a cosa aspira la sua vita soltanto grazie a questo tipo di confronto. Come a dire: Se non ci fosse il mare non sarei capace di definire ciò che provo!


Alcuni brani sono incentrari sulla morte,umanamente resa in una descrizione quasi concreta. Scrivi:
”Ho sognato la morte una donna in tallieur/poi alcuni avverbi volare a stormi/imperfetti sul bianco/e c’era l’arcobaleno/le mezze lune dei colli italiani”

Sembra di essere entrati nel pieno di una seduta dallo psicoterapeuta! Dunque, il mio discorso è questo: la morte è parte della vita, una fase del vivere che tocca a tutti e, come tutte le cose grandi più di noi, fa un attimo paura intorno a sé. Crea dei tabù e degli stereotipi. Ma - quando parlavo di sentinelle poco fa, ricordi? - uno davanti all’ esperienza della morte si dovrà pur fare delle domande, no? Si dovrà pur chiedere perché esercita questo potere su di me, oppure questo fascino, come dicono alcuni.La risposta, allora, risulterebbe sempre la medesima. Davanti alle cose grandi più di lui il nostro giovane ‘io’ ha bisogno di essere rassicurato, di capire che è tutto normale, è tutto giusto così, come viene. E la morte può essere una donna in tallieur, perché così diviene una presenza normale, naturale, perché così assumendo una forma fa meno paura, la si può guardare quasi con ammirazione; a questo penso quando scrivo di lei.



Infine volevo soffermarmi proprio sul titolo della tua raccolta : ” Non negare nessuno” . Puoi spiegarci il significato vero e proprio di questo interessante titolo?

 

Il significato è di chi lo interpreta. Chi assume su di sé le mie parole e dà valore e senso alle poesie della raccolta, quindi anche al titolo. Poi, si tratta di un verso estrapolato da una poesia, il significato vero e proprio risiede in quella poesia lì: “...tu/un abisso/per non negare nessuno”, quando lo scrissi, semplicemente, lo intesi come un invito ad amare sempre, a non avere paura.

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