Con la morte di Franco Battiato, avvenuta lo scorso 18 maggio 2021, si sono aperte molte porte che ci trasportano nel viaggio interiore di Battiato. Il suo essere così controcorrente, il suo esotismo pop ci fa riflettere e danzare. Ma cosa è l’esotismo?
Cosa è l’esotismo?
L’esotismo viene sin dal settecento affiancato all’arte, ai pittori surrealisti, ai viaggi in Oriente. Come il viaggio interiore di Battiato che con la meditazione viaggiava in mondi paralleli. L’esotismo viene definito come una fuga dell’europeo bianco verso un altrove misterioso e carico di promesse estetizzanti ed elettrizzanti. Si vedevano oggetti e arredi tipici dell’Oriente e della Turchia fino ad arrivare ai serragli di Mozart. Inoltre tucani, pappagalli e scimmie che venivano dipinti ovunque, su ventagli, su paraventi e su tazzine, chicchere, tabacchiere e scatoline. Un esotismo grazioso e libertino, quello del settecento.
Mentre nell’Ottocento ritroviamo l’esotismo più crudele e apertamente erotico. Un romanticismo che troviamo nella “Morte di Sardanapalo”. Il pittore Eugène Delacroix immortala un harem in cui le schiave nude sono trucidate mentre Sardanapalo aspetta la sua morte. Lo vediamo brutalmente nella Spagna moresca, tutta sangue e arena, della “Carmen” di Bizet, fino all’oriente sempre più rarefatto e quasi liberty delle opere di Camille Saint-Saëns e Léo Delibes. L’Oriente del secondo ottocento francese è un viaggio in mondi diversi, in cui profumi e colori promettono un mondo selvaggio e sensuale lontano dal caos e dal grigiore dei boulevard di Parigi. È comunque una fuga estrema da un dentro soffocante verso un fuori carico di bellezze che sono lì per essere afferrate e godute dall’uomo.
È con il surrealismo e con le avanguardie storiche che esotismo e orientalismo smettono di essere legati all’altrove e al viaggio. Diventano qualcosa di più introspettivo, una sorta di orientalismo dell’inconscio. André Breton, il principale teorico del surrealismo, nel libro “L’arte magica” parla di Paul Gauguin e della sua pittura: “La sua opera, specialmente la sua opera polinesiana, dà prova di una perpetua trascendenza dei fini plastici, semplici mezzi per lui, interamente informati dal fine vero di ogni attività artistica, la poesia. Gauguin è, prima delle promesse immediate del surrealismo, il solo pittore che si sia accorto di portare dentro di sé un mago”. È per questo che viene attribuito a Battiato l’esotismo pop. Il suo meditare, il suo viaggio interiore con cui riusciva ad arrivare dove nessuno vedeva, dove nessuno poteva arrivare se non con le sue canzoni.
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Il viaggio interiore di Battiato
Franco Battiato della fine degli anni settanta deve essersi accorto di portare dentro di sé un mago che lo porta in un viaggio interiore. Sempre ritornando nell’arte lo paragoniamo a Gauguin, che pur vedendo davanti a sé la Polinesia vera ha scelto di guardare quella che era dentro di lui, fatta di mari gialli e di giardini blu. Infatti anche Battiato ha scelto di usare l’esotismo per viaggiare non fuori di sé ma sempre più dentro al proprio essere. Erano gli anni in cui si avvicinava alla meditazione e tornava dopo anni alla musica pop. Ma il suo ritorno non era come cantautore ma come mago, proprio come Gauguin. Da qui nascono tre suoi grandi successi, “L’era del cinghiale bianco”, “Patriots” e “La voce del padrone”. La musica pop diventava per lui una forma personalissima di esplorazione interiore e di continua sperimentazione esoterica.
Franco Battiato e Google Maps verso un viaggio interiore
Sapete che su Google Maps esiste Mappiato? Si tratta di una mappa del mondo creata da Alessio Arnese con quasi tutti i luoghi, lontani o vicini, citati da Franco Battiato nelle sue canzoni. Basta cliccare sul puntatore rosso per scoprire un luogo e la canzone in cui è evocato. Si viaggia da Tozeur a Tripoli, da Cartagine a Baghdad e si arriva fino alla Siberia e al Giappone. Ogni luogo è un nome e ogni nome è una chiave per aprire una serratura dell’inconscio.
Un’esotismo non di immagini, di colori, ma bensì di parole. Parole che Battiato usa nelle sue canzoni, esotismo che lo fa e ci fa viaggiare. Il viaggio interiore di Battiato che lo porta nel suo essere interiore. Nomi di città, di persone e di oggetti pieni di fascino. Un fascino dell’esotismo come un luogo esotico. Battiato ci nasce in un luogo esotico, la Sicilia. Battiato prende così le sue valigie e parte per un lungo viaggio. Ma non è per andare nelle città da lui nominate. Battiato è partito per un viaggio dentro di sé, e la meta è la sua anima.
Battiato e Marcel Proust
Tra gli artisti riconosciamo in Marcel Proust il potere evocativo delle parole, in particolare quello dei nomi dei luoghi. Scrive infatti nella “Recherche”: “A Firenze pensavo come a una città miracolosamente profumata e simile a una corolla, perché la chiamavano città dei gigli, e la sua cattedrale Santa Maria del Fiore”. Poi c’è Parma che sente come “compatta, liscia, mauve e dolce” e naturalmente Balbec, luogo per eccellenza del sogno proustiano: “Uno di quei nomi sui quali, come una vecchia terracotta normanna che conserva il colore della terra da cui deriva, si vede ancora profilarsi l’immagine di qualche usanza abolita, di qualche diritto feudale, d’un antico stato dei luoghi, d’una pronuncia desueta”.
Il viaggio interiore di Battiato riconosce alle parole la stessa carica d’incanto e di magia con Tozeur, Tripoli, Baku e Baghdad. Non sono città, ma sono porte che ci trasportano in un sogno senza fondo. Proprio per questo si può pensare che non sia morto, ma che si è solo addormentato. Che stia viaggiando verso un mondo parallelo, verso la sua esistenza. In questo modo soffriamo meno per la sua perdita, e possiamo dire che Franco Battiato non morirà mai.