“IL PRIMO RE” – Alessandro Borghi nel mito di Romolo e Remo

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E’ uscito al cinema il 31 gennaio il nuovo film di Matteo Rovere “IL PRIMO RE“, riportandoci indietro nel lontano 753 a.C. quando tutto ebbe inizio; quando Roma venne fondata.

Attraverso la rivisitazione del mito di Romolo e Remo, il regista ha voluto rielaborare il racconto sotto una luce nuova, riproducendo una serie di livelli di senso che superano gli aspetti più freddi del mito che noi tutti conosciamo.

Siamo infatti di fronte ad una storia d’amore – come la definisce Alessandro Borghi, Remo nel film – che ci racconta il legame indissolubile che lega due fratelli, attraverso le quali scelte si svilupperà tutto il film. Un legame che va oltre ogni intemperia, ogni volere e ogni tentativo di separazione che si presenterà lungo tutta la pellicola.
E’ il racconto di un amore puro.

Una storia epica in un insieme di affetto e lotte, pioggia e fango, buio e fuoco, in una continua ricorrenza dell’elemento acqua. A fare da fulcro della storia è infatti il Tevere, il fiume che avrebbe portato la salvezza e oltre il quale sarebbe stato possibile ricominciare con la costruzione di Roma.
Una storia di violenza, la stessa che caratterizzava quei tempi animaleschi in una profonda relazione con la Terra, vissuta in prima persona dai protagonisti.
L’ambientazione – curata da Tonino Zera – non poteva infatti non essere cruda, girata quasi completamente nel Bosco del Foglino (tra le città di Nettuno e Latina) durante tre mesi che hanno riportato gli attori vicino a quello che probabilmente avevano vissuto le loro controfigure. Grazie anche ad una ricostruzione di costumi (di Valentina Taviani) e trucco veritieri, con preparazioni che duravano non meno di due ore.
Il film è stato girato usando la luce naturale e in formato anamorfico (cattura dell’immagine in formato widescreen) sotto la direzione della fotografia di Daniele Ciprì che ha definito il film come appagante in quanto un vero e proprio lavoro con la forma del cinema.

“Ai miei occhi doveva apparire completamente vera afferma il regista in un’intervista a “Effetto Notte”, dalla ricostruzione di un posto il più reale possibile, grazie anche al lavoro degli archeologi, ai combattimenti vissuti in prima persona senza l’uso di controfigure, all’uso di una lingua nuova: il proto latino.
Non sono tanti i dialoghi che si susseguono lungo tutta la pellicola, ma per quelle poche volte sarebbe stato strano sentire parlare Romolo e Remo in una lingua che nel 753 a.C. ancora non esisteva. Ed è qua che Rovere ha pensato di creare – grazie all’aiuto di filologi e semiologi delle Università della Sapienza e Roma Tre – una lingua che anticipasse il latino arcaico ricostruito parzialmente usando ceppi di indo-europeo nei punti mancanti, puntando ad avere una lingua con una sonorità dolce che permettesse comunque agli spettatori di seguire senza troppi problemi la pellicola.

E’ dunque la storia di Romolo (Alessio Lapice) e Remo (Alessandro Borghi – Sulla mia pelle) ad essere raccontata attraverso una riflessione sul concetto di potere che non si può ottenere senza sacrificare qualcosa o qualcuno. Sono le avventure di due fratelli che, in fuga da Alba Longa, si ritrovano in una continua lotta, a volte più fisica e cruenta altre più mentale e sfinente, per la sopravvivenza, attraverso il riconoscimento, l’accettazione e addirittura la sfida di un Dio e del suo destino. Due visioni che si scontreranno tra di loro e dalla cui unione potrà avvenire la fondazione.

IL PRIMO RE può dunque essere considerato un kolossal, un film d’autore, articolare, probabilmente non adatto a coloro che non ne sanno vedere oltre la semplice storia. Cruento in alcuni punti, profondo in molti altri. Un film da “tutto o niente” che, probabilmente, come ha affermato Alessandro Borghi, non si rifarà per troppo tempo.

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