Vi avevamo già parlato di Hend Sabry, giurata presso il Festival del Cinema di Venezia 2019, qualche settimana fa all’interno rubrica dedicata ai giudici della prestigiosa manifestazione (QUI PER APPROFONDIRE). Fra i volti più importanti per quanto riguarda cinema e televisioni arabe, Hend Sabry è sicuramente una figura molto importante per un mondo in cui le donne devono ancora acquisire molti diritti che qui in occidente diamo quasi per scontati: per questo la sua presenza in un contesto come quello di Venezia è molto importante.
Intervistata da Variety, Hend Sabry ha parlato proprio di questa tematica, ossia di quello che è il ruolo delle donne arabe nel cinema e di cosa può significare in un contesto più generico. Vi riportiamo di seguito la traduzione, mentre QUI trovate l’originale.
Cosa sta cambiando nell’industria del cinema araba? La scelta di Netflix di inserirsi in questo contesto sta avendo un impatto in tal senso?
Queste nuove piattaforme sono una grande opportunità per noi. Abbiamo modo di confrontarci con storie universali, che spesso hanno anche a che vedere con quelle locali. I registi mediorientali ci tengono a risultare originali, ma anche a produrre storie che possano essere fruiti a livello internazionale. In quanto attrice ciò risulta molto eccitante per me: è bello vedere che finalmente le donne hanno finalmente dei ruoli forti nel nostro cinema.
Qual è il peggior punto dolente nell’industria cinematografica araba attualmente?
Siamo molto indietro nel creare opere di qualità che siano pubblicate in tutti i paesi arabi, anche se il pubblico potenziale è molto vasto. Se iniziassimo a spendere di più ed a produrre davvero film di qualità in lingua araba, questo mercato diventerebbe molto più grande e forte. Ma non sta accadendo per qualche motivo e, onestamente, non capisco quale. Davvero non capisco poi quale sia il problema che ci impedisce di creare opere che vengano pubblicate contemporaneamente in tutte le nazioni arabe, nei casi in cui appunto un lavoro riesca ad essere edito in tutto il mercato: il mio ultimo film, “The Blue Elephant 2”, è il primo ad essere stato pubblicato con questa logica.
Di recente tu ti sei impegnata sia in lavori più commerciali che in lavori più di nicchia, come mai?
La mia carriera si è basata sempre su questo dualismo. Ho iniziato in Tunisia con film più di nicchia, poi ho continuato in Egitto con “The Yacobian Builing”, un’opera molto diversa dal resto dei film che andavano al tempo in quel mercato. Marwan ed altri artisti hanno portato avanti questo cambiamento, ed il mio ultimo film “The Blue Elephant 2” fa parte di questo filone ed è stato un incredibile successo al nostro botteghino. Allo stesso tempo, comunque, sto girando un film indipendente in Tunisia intitolato “Noura Dreams”, che fra l’altro è un’opera prima. Questo progetto mi ha resa soddisfatta, è stato divertente ed un piacere lavorarci su. Si, sono una di quelle attrici arabe che possono tranquillamente saltare da opere di massa ad opere di nicchia senza problemi.
E questo “Noura Dreams” ti ha attirata perché ha un forte messaggio di women empowerment?
Beh,: la regista è donna, ma non ha mai avuto un approccio molto femminista nel discutere i problemi delle donne arabe. Personalmente sono stanca di film tematicamente orientati esclusivamente su questa tematica, fatti tutti con lo stampino.
Qui a Venezia la maggior parte dei film arabi sono diretti da donne, ed in particolari due sono stati diretti da donne dell’Arabia Saudita. Credi che questa sia una novità?
Non del tutto, infatti “The Perfect Candidat” (uno dei film approdati a Venezia, ndr) è il terzo lavoro di Haifaa. Non è molto una questione di genere e nazionalità. A proposito dell’Arabia Saudita, “The Blue Elephant 2” è il secondo film egiziano ad essere pubblicato lì. E che piaccia o no, questo è un momento storico. Così come il fatto che le donne saudite possano finalmente guidare o andare al cinema. Ciò non può che rendermi felice. Sono anche felice che quando l’Arabia ha iniziato a produrre film siano state coinvolte da subito anche le donne. Inoltre sto finalmente leggendo dei copioni scritti in Persia, l’80% dei quali sono stati scritti da donne. Dunque non è un fatto nuovo per me: tutte le persone saudite che conosco che fanno film sono donne.